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Russia, la crisi dei propagandisti dopo la controffensiva ucraina

Margarita Simonyan

Si allargano le crepe nella narrazione del Cremlino, in difficoltà dopo la fuga dell’esercito dalla regione di Kharkiv. Persino i talk show allineati danno spazio a dubbi e critiche, oltre a incitamenti a commettere (ancora più) crimini di guerra

Capita di essere travolti dagli eventi. È successo agli occupanti russi nel nord-est dell’Ucraina, costretti alla fuga disordinata dalla controffensiva delle forze armate ucraine, secondo quanto si apprende. Anche la notizia della loro ritirata ha letteralmente travolto il Cremlino, che per la prima volta sembra avere serie difficoltà a controllare la narrativa attorno all’invasione. E le crepe stanno apparendo anche nei programmi dei propagandisti del regime che riflettono e modellano l’opinione pubblica.

È noto che l’informazione pubblica sotto l’autoritario Vladimir Putin non sia che un’altra propaggine dello Stato. Leggendo i media russi e guardando la TV nazionale negli ultimi mesi si ricavava l’impressione che le forze armate russe stessero continuando, pur con qualche difficoltà, la loro “operazione militare speciale” di “denazificazione” e “liberazione” del popolo ucraino. Ai servizi sulla guerra e ai dati sulle perdite di Kiev si affiancano i programmi di attualità, in cui una nutrita schiera di propagandisti sono soliti discutere delle ragioni e dei progressi sul campo di Mosca.

Il problema è che l’evidenza incontrovertibile dell’avanzata ucraina – dei soldati ucraini si sono filmati quando hanno raggiunto il confine con la Russia – sta circolando anche tra i russi, sorpresi e confusi dopo mesi di sostanziale stallo. Al punto che lo stesso Cremlino, via l’agenzia di stampa Tass, ha dovuto concedere l’avvenuta “riorganizzazione” (leggi: ritirata) dei soldati russi nella regione nordorientale di Kharkiv e assicurare che la popolazione russa continua a sostenere l’invasione.

Apparentemente la notizia ha sconcertato i cantori del regime, che nelle ultime sere hanno dato segnali di nervosismo intervenendo nei talk show serali. Tra gli interventi diffusi da Julia Davis, la giornalista dietro al Russian Media Monitor, ne abbiamo trovati due diametralmente opposti, utili per mappare gli estremi delle posizioni che vengono espresse nella televisione di Stato russa.

Nel primo video si può osservare la linea più “pacifista”, rassegnata e addirittura critica dell’ex deputato della Duma Boris Nadezhdin. Secondo lui, Putin è stato ingannato dai suoi consiglieri sul fatto che l’Ucraina sarebbe stata facile da conquistare e che le truppe russe sarebbero state accolte come liberatrici. “Dobbiamo capire che è assolutamente impossibile sconfiggere l’Ucraina utilizzando le risorse e i metodi di guerra coloniale con cui la Russia sta cercando di fare la guerra”, ha aggiunto, lanciando un messaggio che difficilmente sarebbe passato prima di settimana scorsa.

Nel secondo video, un volto più noto: Margarita Simonyan, editrice capo di Russia Today (RT). Che ha essenzialmente invitato le forze russe a distruggere gli impianti civili ucraini – un crimine di guerra – e privare l’intera popolazione di acqua, luce, riscaldamento. I filorussi possono essere nutriti e riscaldati più tardi, ha aggiunto, a differenza degli altri, che sarebbero asserviti agli Usa per distruggere la Russia. “Ci sono centrali nucleari, molte infrastrutture che possono essere disattivate molto rapidamente e facilmente, e per molto tempo”, ha detto domenica sera. “La gente mi chiede: perché non lo facciamo? Non ho una risposta. Forse è il momento di farlo?”.

Effettivamente l’esercito russo sembra aver scelto quest’ultimo approccio, reagendo alla ritirata con una salva di missili sulle centrali elettriche e idriche e precipitando diverse regioni nell’oscurità. Una mossa che diversi analisti leggono come un segnale di debolezza, così come altre notizie dal Cremlino. Per esempio, Putin non avrebbe alcuna intenzione di mobilitare l’intero Paese, come suggerito da un membro della Duma, contro l’Ucraina. Questo romperebbe la narrativa dell’“operazione militare speciale” contrapposta all’invasione, come spiegava Nona Mikhelidze (Iai) su queste colonne. Ma si allinea anche col fatto che l’esercito russo sia in difficoltà sul versante del reclutamento.


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