Marzio Breda si è aggiudicato la 58esima edizione del riconoscimento con il libro “Capi senza Stato“. Cinque presidenti. Tutti diversi. Con i quali, dice l’autore, “sono riuscito a stabilire un rapporto che andava oltre a quello che c’è tra il giornalista e la sua principale fonte. Il presidente, appunto”
L’Aquila d’oro plana sul Quirinale. O meglio, sul quirinalista per eccellenza. Marzio Breda è il vincitore del Premio Estense 2022 – giunto alla 58esima edizione – sbaragliando la concorrente più “insidiosa” Dacia Maraini. Il suo Capi senza Stato ha accolto il favore non solo della giuria tecnica – condotta da Guido Gentili e composta, tra gli altri, da Jas Gawronski, Tiziana Ferrario, il vicedirettore del Corriere della Sera Venanzio Postiglione e dalla direttrice di Qn- il Resto del Carlino, Agnese Pini – ma anche di quella popolare. All’inizio si pensava a un duello al femminile.
È piaciuto molto il libro di Mirella Serri dedicato a Claretta Petacci, nel quale si sfata – con dovizia di documentazione storica – il mito della donna martire per amore del Duce. Maraini ha invece da subito fatto breccia tra il pubblico: il tema della scuola è sempre attuale. Ma il suo La scuola ci salverà non è riuscito ad aggiudicarsi il gradino più alto del podio. La quinta votazione della mattinata è stata decisiva e ha sancito il verdetto dopo una mattinata giocata sul filo della preferenza.
Quando i sondaggi davano gli altri due concorrenti (quasi) per spacciati – Maurizio Molinari e Mirella Serri, appunto – dalla giuria tecnica e da quella popolare sono iniziati gli appelli al “voto utile”. E non c’è stato nulla da fare. Il pomeriggio è stato intervallato da diversi interventi, in particolare del presidente di Confindustria Emilia, Valter Caiumi che ha tracciato le coordinate degli scenari futuri per imprese e giovani. La regina del palco è Cesara Buonamici, da 18 anni sul palco del teatro Abbado di Ferrara. E proprio lei consegna nelle mani di Giovanna Botteri la colubrina d’argento: il premio Granzotto, giunto alla 38esima edizione. Ma torniamo agli autori.
Per sua stessa ammissione, Breda non ci credeva di aver vinto. È stata un po’ una sorpresa anche per lui. In qualche modo però, il premio Estense rappresenta il coronamento di “trentadue anni” passati al Corriere, seguendo le vicende e gli avvicendamenti al Quirinale. Cinque presidenti. Tutti diversi. Con i quali, dice l’autore, “sono riuscito a stabilire un rapporto che andava oltre a quello che c’è tra il giornalista e la sua principale fonte. Il presidente, appunto”.
Il capitolo più affascinante è quello che racconta le gesta di Francesco Cossiga. Il picconatore. Un presidente con “che riusciva sempre a stupirmi – dice Breda – e che ebbe la capacità di prevedere il tracollo dopo lo spartiacque di Mani pulite”. Sì, perché anche per i presidenti della Repubblica l’inchiesta milanese fu un giro di boa. Quantomeno, ammette Breda, per la declinazione che i presidenti diedero del loro ruolo. Infine si arriva all’oggi, con Sergio Mattarella. “I padri avevano previsto la rielezione, sconsigliando che diventasse una prassi – chiude Breda – ora siamo già al secondo presidente. Ma Mattarella è stato in qualche modo costretto a rimanere al suo posto. Di fronte alla pochezza della politica e a un Parlamento disgregato”. Una rielezione di un uomo per il quale, leggendo il libro, Breda nutre una stima pressoché incondizionata.