Ci restano tre motivi d’interesse assoluto, tali da rendere le prossime ore assai gustose. Memorandum per la nottata e per la mattina del lunedì
Cosa ci interessa davvero del risultato elettorale in arrivo tra qualche ora?
Non certo qualcosa che riguarda Giorgia Meloni o Enrico Letta, ovviamente per ragioni opposte.
Meloni esce vincitrice dal voto di settembre 2022, raggiungendo lo storico risultato di portare la destra italiana in cima alla classifica con conseguente premio/fardello di succedere a Mario Draghi a Palazzo Chigi.
L’impresa sarà complessa ed il cammino irto di ostacoli, ma questo sarà argomento delle prossime settimane.
Letta ha mancato l’obiettivo delle alleanze (M5S da un lato e Azione dall’altro) e quindi si è trovato a condurre una campagna elettorale persa in partenza: l’ha fatto dignitosamente ma senza poter incidere sul risultato finale, che sarà quello di riportare la sinistra all’opposizione.
Cosa ci resta allora da scoprire, cosa può portarci a restare svegli fino a ora tarda per capire come hanno votato gli italiani?
In realtà ci restano tre motivi d’interesse assoluto, tali da rendere le prossime ore assai gustose.
Il primo è tutto legato a Matteo Salvini ed al risultato della Lega, con liste composte a sua immagine e somiglianza.
Quanto più vicino sarà quel risultato al 10 % e quanto più si farà complessa per lui la fase futura, quanto più ne starà lontano tanto più riuscirà davvero ad essere anche lui vincitore di questa tornata elettorale.
Certo, senza i voti in Parlamento della Lega non ci sarà maggioranza.
Ma qui è in gioco la forza di un leader che ha dato le carte in molti passaggi recenti della politica nazionale, ma che ora deve dimostrare di saper giocare anche di rimessa.
Il governo Meloni infatti sarà buona cosa per lui (e quindi anche con lui in posizione influente) se e solo se il risultato della Lega non sarà troppo deludente (fu il 17,3 alle politiche del 2018 e il 34,3 alle Europee del 2019).
Il secondo motivo d’interesse è per il risultato di Giuseppe Conte, protagonista assoluto della nuova versione del movimento che fu di Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio (e di Luigi Di Maio). L’ex premier ha ridato speranza ad un elettorato sfiduciato e diviso da feroci litigi interni, fronteggiando con abilità una scissione che doveva distruggerlo ed invece l’ha rafforzato. Nella prossima legislatura sarà chiamato a reinventare dalle fondamenta l’ex partito della “Vaffa”, ma per partire con il piede giusto ha bisogno di un buon risultato. Quindi è bene (per lui) tutto ciò che sta sopra il 15 %, sotto sarà un po’ meno luccicante la nuova fase.
Infine è Carlo Calenda con il suo Terzo Polo ad essere sotto i riflettori. Da molto tempo nelle schede manca una forza genuinamente liberale e riformista, capace di andare a caccia di un elettorato borghese orfano di offerta politica dedicata ed omogenea.
Il tentativo è ambizioso ma non privo di rischi, anche perché bicefalo (Matteo Renzi non è esattamente un peso leggero).
Quindi per funzionare come abbrivio benaugurante il voto del 2022 deve allontanarsi il più possibile dal 5 %, perché altrimenti prevarranno forze centrifughe, probabilmente capaci di soffocare nella culla l’esperimento.
Dunque il memorandum per la nottata e per la mattina del lunedì è semplice: Salvini, Conte e Calenda sono i “sorvegliati speciali”.