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Consigli non richiesti a Meloni sulla lotta al clientelismo. Scrive Mayer

La leader di Fratelli d’Italia dovrebbe avviare una rivoluzione copernicana a partire dalle nomine e dalla trasparenza delle forniture pubbliche. Altrimenti la logica sarà sempre la stessa: tutto cambia perché nulla cambi

Giorgia Meloni, pur avendo meno esperienza, parte con un grande vantaggio rispetto a Mario Draghi. Quest’ultimo a Palazzo Chigi era nella posizione di un eccellente amministratore delegato che deve rispondere ai suoi azionisti, ovvero ai partiti di una coalizione parlamentare molto vasta quanto disomogenea e divisa.

Una miccia accesa da Giuseppe Conte (allo scopo di non dare più aiuti militari all’Ucraina) è stata sufficiente per innescare una reazione a catena: in pochi giorni Silvio Berlusconi, Matteo Salvini e il Movimento 5 stelle hanno mandato a casa il governo Draghi. Dopo la sua vittoria elettorale Giorgia Meloni, viceversa, è in grado di dare lei le carte.

Come azionista di maggioranza di una coalizione di centrodestra più compatta. A livello europeo Forza Italia è nel Partito popolare europeo, Fratelli d’Italia nei Conservatori e riformisti, la Lega con Identità e Democrazia in compagnia di Marine Le Pen. Ma dalla sua posizione centrale e forte Meloni non dovrebbe avere difficoltà nel tenere a bada Berlusconi alla sua sinistra e Salvini a alla sua destra.

La sfida più difficile per la Meloni è governare l’Italia senza perdere la fiducia degli italiani. In quattro anni ininterrotti di governo il Movimento 5 Stelle ha bruciato più della metà dei voti ricevuti nel 2013 e che nel 2018 avevano sfiorato quota 11 milioni.

Dal suo primo giorno a Palazzo Chigi, Meloni dovrà scegliere se ispirare le sue decisioni al realismo proattivo e lungimirante di Niccolò Machiavelli oppure proseguire con lo scetticismo disincantato di Francesco Guicciardini che ha guidato la maggioranza dei suoi predecessori. Uno dei motivi che per cui gli italiani hanno votato Fratelli d’Italia (e anche una delle ragioni di quelli che sono rimasti a casa) è la stanchezza per la distanza siderale tra la retorica dei discorsi e la mediocrità di comportamenti improntati alla cura del particulare. A Firenze si dice chiacchierare bene e razzolare male. Pur con alcuni errori di ingenuità (sui quali per ragioni di spazio non mi posso soffermare) Draghi ha tentato di ostacolare l’Italia del Gattopardo ma quando ha iniziato a usare il bisturi alcuni partiti e alcune lobby a essi collegati lo hanno fermato.

Per sua fortuna Meloni, espressione della volontà popolare, non ha questo problema anche se le differenze tra i tre partiti non sono trascurabili. Guida una maggioranza solida e, se decidesse di farlo, potrebbe in teoria recidere i legami della macchina dello Stato con molteplici cerchi magici, con relazioni industriali e bancarie poco trasparenti nonché legami internazionali (talora trasversali) che condizionano negativamente il futuro della nazione e dei nostri giovani. L’aumento delle importazioni di gas dalla Russia in Italia nonché la capillare penetrazione delle tecnologie digitali cinesi sono gli aspetti più eclatanti di complicità trasversali.

Non parlo di comportamenti illegali e tantomeno di ipotetiche notizie di reato, ma di una “corruzione dei costumi” diffusa e capillare in cui i partiti non rappresentano la società italiana, ma grandi (e piccole) rendite economiche e di potere che ben simboleggiano il particulare di cui parla Guicciardini.

Giuseppe Prezzolini ha accostato l’antropologia laica di Machiavelli con quella cristiana di sant’Agostino in una lettura del vivere umano intrisa di pessimismo totale difficilmente attribuibile all’autore de Il Principe che attribuisce al destino (“fortuna”) solo la metà delle vicende umane. Ma sempre Prezzolini scrive che per Machiavelli la politica è morale quando é diretta al bene comune, immorale quando è diretta al “vantaggio personale”.

Oggi governare per il bene comune significa innanzitutto combattere in tutte le sue forme il clientelismo e il familismo. Solo così si può premiare non solo il merito e il talento, ma più semplicemente l’impegno, la serietà e la coerenza.

Per far questo Meloni, a partire dalle nomine e dalla trasparenza delle forniture pubbliche (si pensi all’inchiesta Mafia-appalti in Sicilia), dovrebbe avviare una rivoluzione copernicana.  Altrimenti, come è accaduto in altre esperienze del centrodestra e del centrosinistra, la logica sarà sempre la stessa: tutto cambia perché nulla cambi.

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