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Arruolamento obbligatorio per la sicurezza ai Mondiali. Il Qatar non vuole errori

Doha arruola, con coscrizione obbligatoria, una serie di addetti alla sicurezza per controllare gli stadi dei Mondiali 2022. Il Qatar è in ascesa internazionale e non vuole commettere errori

La Reuters ha una notizia che descrive come il Qatar sia impegnato a superare i propri limiti: si tratta dell’organizzazione della sicurezza dei Mondiali di calcio, ma la vicenda racconta parte delle sfide che il piccolo emirato del Golfo si trova ad affrontare, mentre cerca di accrescere il proprio peso internazionale.

Il Qatar ha richiamato centinaia di civili – tra cui anche funzionari delle sedi diplomatiche di Usa, Cina e Russia – per un servizio militare obbligatorio che gestisce i punti di controllo della sicurezza negli stadi della Coppa del Mondo, secondo una fonte e documenti visti dall’agenzia stampa britannica.

Il dispiegamento di questi nuovi militari di leva, alcuni dei quali normalmente rinvierebbero il servizio nazionale per ragioni di lavoro, evidenzia quella sfida logistica che il piccolo Stato arabo del Golfo deve affrontare per ospitare uno dei più grandi tornei sportivi del mondo.

Il Qatar ha una popolazione di 2,8 milioni di abitanti – di cui appena 380.000 sono cittadini qatarini – e si aspetta un afflusso senza precedenti di 1,2 milioni di visitatori per il torneo. Ha già un accordo con la Turchia, che sta fornendo 3.000 poliziotti antisommossa, ma non basta evidentemente.

Reuters ha avuto modo di vedere anche gli obiettivi previsti dall’addestramento rapido che queste nuove forze di sicurezza dovrebbero avere, e riguarda la gestione delle folle negli stadi, la perquisizione di tifosi, il controllo del contrabbando di alcol e droghe, fino a operazioni anti-terrorismo base (come la ricerca di materiale esplosivo ed eventuali armi nascoste).

La coscrizione, che sarebbe iniziata i primi di settembre per un training camp intensivo di 29 giorni, si basa su una richiesta chiara del governo qatarino: “doveri patriottici”. Ed è questo l’esatto senso: Doha chiama i propri cittadini a uno sforzo per portare avanti uno dei passaggi simbolici – i Mondiali 2022 – del processo di accrescimento di status internazionale che l’emirato della famiglia al Thani sta perseguendo tra soft, hard e sharp power.

Dal 2014, la leva obbligatoria di quattro mesi è stato introdotta con l’obiettivo di aumentare la coesione nazionale e il senso di appartenenza patriottico. Coesione interna che è necessaria per sostenere le ambizioni del Paese.

Ora il richiamo per i Mondiali di calcio serve perché Doha non può permettersi errori, con i riflettori del mondo puntati su un torneo che ha già creato polemiche per le violazioni dei diritti dei lavoratori durante la costruzione degli impianti; sull’organizzazione delle gare (critiche per il contesto climatico); perché è sembrata la vittoria del denaro sullo sport, sintetizzando all’estremo.

L’emiro Tamin bin Hamad al Thani, che cerca di muoversi tra dossier internazionali come un leader di primo livello, vuole evitare che a quelle contestazioni se ne aggiungano altre che riguardano la sicurezza negli stadi. Un qualsiasi incidente restituirebbe una pessima immagine del Paese – figurarsi dovesse trattarsi di un attentato. La stabilità (di qualsiasi genere) è una delle prerogative per la crescite del Qatar – e degli altri cugini del Golfo.



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