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Cosa farà il nuovo governo con l’Europa a 44 di Macron? Risponde Senaldi

“Siamo ancora in presenza di un colosso burocratico che è anche un nano politico: questa è l’Europa oggi. Meloni al consiglio Ue del 20 ottobre? Senza un mandato no. Ma perché quando si muove Bergoglio, ha lì a fianco Ratzinger o viceversa?”. Conversazione con Pietro Senaldi, condirettore di Libero

Più presenze e più massa, o meglio più soluzioni maggiormente rapide per le emergenze che, in questa fase geopolitica, si stanno moltiplicando? Il governo Meloni I è atteso anche da una serie di cambiamenti tattici, come dimostra la mossa macroniana di ieri, con i 44 convocati per una nuova assise allargata. Dopo Praga ci si interroga sulla riunione molto allargata, dove l’Inghilterra nonostante la Brexit ha avuto accesso garantito. È utile questo questo numero così elevato? Oppure sarebbe meglio avere soluzioni più pronte, come sul gas, come sull’Ucraina, in attesa delle mosse del centrodestra? Per il centrodestra e i conservatori italiani si pone subito la questione relativa al tipo di approccio da avere in un momento in cui, se già l’Ue fatica a tenere testa ai dossier più complessi, i singoli stati nazionali faticherebbero ancora di più. Formiche.net lo ha chiesto a Pietro Senaldi, condirettore di Libero.

Guardando all’Europa macroniana dei 44 di ieri, come crede che il sovranismo e il conservatorismo italiano interpreteranno questo consesso?

La mia analisi è la seguente: essendo l’accelerazione deficitaria, si prova a fare massa. Però se il moltiplicatore dell’accelerazione è lo 0,7, il risultato è sconfortante. Siamo ancora in presenza di un colosso burocratico che è anche un nano politico: questa è l’Europa oggi.

Quale il ruolo dell’Italia? Al Consiglio del 20 ottobre il premier in pectore dovrebbe essere presente o deve andarci Draghi?

Esteticamente tutti dicono che ci deve andare perché sennò sarebbe uno sgarbo, come se volesse dire che non le importa poi tanto dell’Europa. Però, secondo me, avrebbe senso andare con un incarico in tasca, altrimenti non so con quale ruolo ci andrebbe. Non ci sono dei precedenti di premier che vengono accompagnati, ovvero che si presentano in una circostanza del genere con il tutore. Cosa farebbe, andrebbe lì a fare il praticante? No, non credo proprio senza mandato. Ma perché quando si muove Bergoglio, ha lì a fianco Ratzinger o viceversa?

Dovrebbe, invece, il premier in pectore progettare già il primo viaggio all’estero? Taiwan o Kiev?

Non credo Taiwan, mi sembrerebbe troppo. A lei serve più Kiev. Ma anche qui è una questione di autorevolezza, di prestigio. Non è che noi possiamo risolvere le guerre di Kiev. A lei serve che a livello personale si presenti come interlocutore e come un caposaldo politico dell’Alleanza. Però è chiaro che, invece, la cosa importante per noi è Berlino, perché noi siamo una potenza locale e quindi i confini sono più importanti in un’ottica geograficamente più a noi prossima.

Quale approccio dovrà avere il nuovo ministro degli esteri italiano? Non un totonomi, ma come profilo e postura.

L’ultimo governo ha dimostrato che il ministro degli Esteri non serve tantissimo: così come Di Maio è stato oscurato dall’azione di Draghi, qualsiasi ministro degli Esteri secondo me sarebbe oscurato dall’azione della Meloni, perché il gioco sul fronte ucraino è talmente forte e talmente duro che non riguarda alcun ministro di adesso. Lo direi anche per il ministro degli Esteri francese, visto che è una partita che gioca Macron e a Londra la Trust. Quando lo scenario si complica diventa anche Blinken il perno, più che Biden.

La lettera di tre membri del Ppe a Berlusconi tradisce ancora l’euroincertezza sul centrodestra italiano?

Credo sia piuttosto l’iniziativa di tre persone, di una corrente del Ppe che è un partito chiaramente in crisi in tutta Europa, altrimenti non avrebbe fatto l’alleanza con i socialisti e per finire con i grillini, per governare l’attuale Commissione. La maggioranza Ursula è come il Pd, una fusione a freddo. Insomma, alla fine della fiera, in Europa tale alleanza a freddo dimostra giorno dopo giorno la mancanza di propulsione politica e il proprio arroccarsi su posizioni di potere fini a se stesse.

La mossa fiscale di Liz Truss è più coraggiosa o più rischiosa, visto come i mercati stanno reagendo?

È una mossa identitaria e di bandiera, coraggiosa e rischiosa allo stesso tempo. Il risultato finale è una cosa che si vedrà più in là, però qui bisognerebbe essere dei profondi conoscitori della politica inglese. In passato la Thatcher fece delle mosse coraggiose e rischiose che rispondevano a un’idea di Paese, ovvero a un’idea di dove l’Inghilterra doveva andare nel mondo e di dove doveva andare la società inglese al suo interno. Questo è il punto vero. D’altronde devo dire che Boris Johnson, che secondo me aveva tratti di genialità, poi temo che non avesse un progetto-Paese e alla fine, oltre che per gli scandaletti vari, è caduto proprio per questo.

@FDepalo

(Foto: twitter profile of Macron)

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