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Confindustria lancia l’allarme crescita zero nel 2023

L’ipoteca sul Pil sta soprattutto nella dinamica dei prezzi al consumo in Italia, che in poco tempo nel 2022 è arrivata al +8,9% annuo a settembre, su valori che non si registravano dal 1985. Tutte le previsioni del Centro studi di Confindustria

La crescita si fermerà nel 2023. Sono le previsioni del Centro studi di Confindustria, secondo il quale il Pil italiano, che ha registrato una dinamica positiva nella prima metà del 2022, tra la fine di quest’anno e l’inizio del prossimo, subirà un aggiustamento al ribasso per poi recuperare piano. Nel rapporto Economia italiana ancora resiliente tra incertezza e shock?, presentato oggi, la crescita nel 2022 (+3,4%) è già tutta acquisita ed è molto superiore a quella che si prevedeva sei mesi fa.

Per il 2023 le cose si metteranno male, visto che c’è una forte revisione al ribasso rispetto allo scenario di aprile (-1,6 punti), che porta alla stagnazione in media d’anno. A pesare soprattutto la dinamica dei prezzi al consumo in Italia che in poco tempo nel 2022 è arrivata al +8,9% annuo a settembre, su valori che non si registravano dal 1985. L’impennata dei prezzi energetici al consumo (+44,5% annuo) è responsabile di circa metà di questo aumento. Nella media del 2022 l’inflazione si attesterà al +7,5%, per poi ridursi parzialmente il prossimo anno, ma su valori ancora doppi rispetto all’obiettivo indicato dalla Banca centrale europea.

Il principale fattore critico è il rincaro del gas naturale in Europa, che ad agosto ha raggiunto picchi mai toccati prima (236 euro/mwh in media, picco giornaliero a 330) e il cui prezzo sembra destinato a rimanereelevato a lungo. L’aumento del prezzo del gas sta avendo diversi effetti, tutti negativi. In primo luogo ha spinto verso l’alto l’inflazione: +8,9% annuo in Italia a settembre. L’impennata dei prezzi energetici al consumo è responsabile di gran parte di questa inflazione (+44,5% annuo, +4,2% il contributo).

Come spiega Viale dell’Astronomia delle imprese con i salari nominali bloccati e quelli in termini reali che stanno diminuendo si registra una crescente contrazione della domanda. L’extra-risparmio accumulato dalle famiglie (circa 126 miliardi di euro in più di risorse messe da parte tra il 2020 e la metà del 2022) ha avuto un importante ruolo stabilizzatore, ma non potrà durare per molto tempo ancora, sottolineano gli industriali.

Non verrà speso tutto ma è certo che l’inflazione ne stia erodendo una parte via via sempre più consistente. Dell’extra-risparmio per altro stanno beneficiando solo le famiglie con redditi più alti (che rappresentano la quota di consumi maggiori), le altre si sono prima spostate su beni di consumo meno costosi e poi hanno cominciato a ridurre gli acquisti.

Non è tutto. Nella prima metà del 2022 l’occupazione è cresciuta a un ritmo superiore al Pil, spinta da una risalita sia delle ore per occupato che del numero di occupati. La dinamica dell’input di lavoro è attesa, però, diventare negativa tra l`autunno e l`inverno sulla scia del Pil, anche se meno intensamente e con un po’ di ritardo. Nella seconda parte del 2023, invece, è prevista una ripresa nel mercato del lavoro, scontando la lenta risalita dell`economia, con l`input di lavoro che tornerà a crescere.

 

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