L’Europa si è rivelata ancora una volta divisa e litigiosa, finendo con il dare il colpo di grazia al tetto al costo del metano russo. E la revisione al ribasso della domanda di oro nero, con il conseguente taglio da parte del cartello di Paesi produttori, ne manterrà il prezzo sostenuto, rendendo poco funzionale un cap
Il price cap è condannato alla morte prima ancora di nascere? L’Europa non è riuscita a trovare quella compattezza più volte sognata, ma che alla fine, almeno sul fronte energetico, è evaporata proprio a Praga. Certo, al termine del vertice informale dei ministri dell’Energia nella città sul Danubio, è emersa qualche dichiarazione positiva sul fare fronte comune per affrontare i rincari di elettricità e gas. Ma nulla più.
LE PAURE TEDESCHE E IL SOGNO (SVANITO) DEL CAP
I passi concreti sono, infatti, ancora rinviati ai prossimi giorni, mentre sul tavolo dell’Ue è arrivata una proposta firmata da Germania e Olanda che insiste sugli acquisti comuni ma chiude, nei fatti al tetto al prezzo del gas, se non per quello russo importato via tubo. Berlino, al momento incredibilmente molto indietro all’Italia in termini di crescita, è rimasta prigioniera delle sue paure. Tra tutte, quella di rimanere senza più metano russo una volta fissato un prezzo massimo ai flussi che arrivano dall’ex Urss. Troppo da rischiare per un Paese la cui principale industria, l’auto, vive quasi esclusivamente grazie al gas. E poi, questo l’altro dato emerso, non c’è assoluta certezza del fatto che un tetto al metano possa abbassare in modo soddisfacente il prezzo (qui l’intervista in merito all’esperto Luca Bergamaschi).
E così, meglio negoziare con i singoli fornitori, a cominciare da Mosca, piuttosto che fissare in modo coatto una soglia oltre la quale smettere di pagare il gas e magari immaginare acquisti di metano predefiniti, a stock, e condivisi. Meno male che, proprio sugli acquisti comuni è emerso che tra i ministri dell’Energia “c’è accordo generale sulla necessità di muovere verso acquisti comuni di gas entro il 2023”, ha spiegato il ministro ceco dell’Energia, Jozef Sikela, in qualità di presidente del consiglio Ue. Non ci sono però dettagli, specie in relazione alla obbligatorietà o meno di procedere ad acquisti collettivi di gas. “La riunione ha contribuito a colmare le distanze tra gli Stati membri e ci stiamo muovendo verso una soluzione comune” per abbassare i prezzi, rimarca Sikela.
L’UNO-DUE DELL’OPEC+ (AL PRICE CAP)
Eppure, c’è un altro price cap che rischia di fare una brutta fine. Tutto è partito dal nuovo pacchetto di sanzioni europee alla Russia, il numero 8 da quando è iniziato il conflitto in Ucraina, e che include le basi legali per fissare un tetto al prezzo del petrolio russo, in linea con la decisione presa nelle settimane precedenti dai ministri delle Finanze del G7, allo scopo di ridurre i ricavi ottenuti dal Cremlino dalle esportazioni di oro nero.
Peccato che nel frattempo, l’Opec+ abbia tagliato gli obiettivi di produzione, e rivisto al ribasso la crescita della domanda mondiale di petrolio nel 2022 di 0,5 milioni di barili al giorno (mb/g), per riflettere le recenti tendenze macroeconomiche e gli sviluppi della domanda di petrolio in varie regioni. Con questa revisione, la domanda globale di petrolio per il 2022 dovrebbe ora crescere di circa 2,6 mb/g (si tratta di un calo di 460.000 barili al giorno rispetto alla previsione precedente). Una decisione che, secondo molti esperti dovrebbe contribuire a mantenere per i prossimi mesi un prezzo abbastanza elevato. Perché se da una parte ci sarà meno domanda di oro nero, quasi certamente l’offerta di greggio si allineerà, impedendo un calo del prezzo. E poi, mettere un tetto a un bene destinato ad essere richiesto meno, ha senso?
Per gli analisti di Commerzbank, per esempio la decisione dell’Opec+ di tagliare la produzione ha evidenziato la rigidità dei mercati fisici e dovrebbe contribuire a mantenere i prezzi del greggio sostenuti. “Detto questo, le preoccupazioni sulla domanda in vista del forte aumento dei tassi d’interesse negli Stati Uniti, l’escalation della crisi energetica in Europa e la politica di zero-Covid in Cina dovrebbero precludere qualsiasi rialzo più marcato”. Commerzbank ha aggiornato le sue previsioni di fine anno per il petrolio europeo a 95 dollari al barile da 90 dollari, mentre nel 2023 è visto a 100 dollari (95 dollari la stima precedente). Tutto questo farà venire meno le ragioni industriali, ancor prima che politiche, di un tetto al petrolio. Se il costo dell’oro nero è destinato a rimanere alto, un cap al greggio russo può funzionare?