Nell’accettare la proposta d’incontro con Putin, Biden deve essere chiaro: i destini dell’Ucraina vanno decisi dagli ucraini. Gli Usa possono facilitare e stabilizzare un accordo fra Mosca e Kiev. È inutile che Putin giochi con le minacce nucleari nella speranza di spaventare l’Occidente. Gli Usa, però, potrebbero dichiarare di essere disponibili ad accelerare ed estendere i negoziati sul rinnovo del New Start, in particolare per quanto riguarda le armi tattiche… L’analisi del generale Carlo Jean
Durante un’intervista alla TV di Stato russa, il ministro degli esteri Sergej Lavrov ha dichiarato che Putin non rifiuterebbe di parlare con Biden della situazione in Ucraina, a margine dell’incontro del G-20 a Bali, del 15-16 novembre. L’evento avverrebbe dopo le elezioni americane di midterm. Probabilmente Biden le perderà. Sarà quindi un presidente “azzoppato”. Forse su questo punta Putin. Ha disperato bisogno di tempo per addestrare i riservisti mobilitati, evitando che gli ucraini approfittino della finestra di opportunità a loro favore, per travolgere le esauste forze russe già in Ucraina. Ancora una volta, Putin si sbaglia. Biden sarà politicamente indebolito all’interno, non nella politica estera. Quella nei confronti dell’Ucraina è stata finora bipartisan. I repubblicani hanno votato a favore dei provvedimenti proposti da Biden. Il Congresso si è subito opposto all’incontro, per i motivi che avevano indotto Roosevelt e Churchill a non negoziare con Hitler durante la II Guerra Mondiale (non suscitare i sospetti di Stalin che “giocassero alle sue spalle). In ogni caso, gli Usa subordinerebbero, come nel passato, l’inizio di negoziati al ritiro delle forze russe dall’Ucraina e alla partecipazione di Kiev, che il Cremlino ha sempre rifiutato e che ritiene umiliante per la “grande Russia.
Le criminali rappresaglie di Putin con la pioggia di missili lanciati sulle città ucraine per vendicarsi dell’attentato al ponte di Kerch, e le commuoventi immagini delle donne e bambini ucraini, rifugiatisi nella metropolitana di Kiev che, per rincuorarsi, cantavano l’inno nazionale, rafforzeranno certamente l’opposizione del Congresso a ogni incontro. I media italiani sono in gran parte portati ad attribuirne la responsabilità all’intransigenza di Zelensky, a dar rilievo ai suoi presunti dissapori con gli Usa e ad attribuire a Putin una forte volontà di pace, evitando peraltro di ricordare che è derivata dalle “batoste” subite in Ucraina. Siamo anche portati a credere che siano gli Usa a poter scegliere fra pace e guerra e che possano imporlo a Zelensky. Di qui i tributi per la pace ormai all’orizzonte e l’ingenua persuasione che ad essa seguirebbe immediatamente la riduzione delle “bollette”. Un’analisi di cosa potrebbe produrre l’eventuale incontro fra Biden e Putin richiede un approfondimento delle rispettive posizioni e libertà d’azione.
Partiamo da Putin. Per quanto possa essere disperato per il successo della controffensiva ucraina, egli non può ancora accettare un ritiro alla situazione pre-24 febbraio 2022 né, tanto meno, a quella del 2014. Significherebbero per lui la perdita del potere. Lavrov, con la solita faccia tosta, ha negato che siano pervenute in passato alla Russia da parte Usa “serie” proposte di negoziato. Per lui “serio” significa che un negoziato presupporrebbe la resa dell’Ucraina, il mutamento del governo a Kiev e la “de-nazificazione”, cioè la rieducazione, degli ucraini per riportarli ai valori della “Grande Madre Russia”. Essa comporterebbe l’occupazione militare del Paese per una generazione. Nessuno potrebbe mai accettare tali condizioni da un avversario nettamente superiore, tanto meno le potrebbe accettare da uno in difficoltà, che agita la minaccia all’uso di armi di distruzione di massa, in particolare di armi nucleari tattiche. Gli ucraini non se ne lasciano impressionare. Neppure l’Occidente, abituato alla “pace nucleare” durante la guerra fredda.
Per quanto riguarda l’Occidente, è chiaro a tutti – penso anche all’ex-avvocato del popolo – che la resistenza ucraina dipenda dagli aiuti militari, economici e politici degli Usa e, in lontano subordine, dell’Ue. In un certo senso, Kiev è vassalla di Washington e la guerra contro l’aggressione russa è anche una guerra per procura. Contrariamente a quanto affermato da molti media, alla ricerca di emozioni “forti” – affermando che gli Usa abbiano “bacchettato” l’Ucraina per la Dugina e per il ponte – gli Usa non dispongono di una completa libertà d’azione nei confronti dell’Ucraina. Non ce l’hanno per i loro principi e valori e anche per il loro sistema istituzionale. Non possono agire come una potenza imperiale tradizionale. Il loro dominio mondiale dipende dalle loro alleanze europee e asiatiche, basate sull’economia, sul dollaro e sul soft power. Non possono abbandonare l’Ucraina. Sarebbe considerato da tutti un tradimento. Distruggerebbe le loro alleanze. Non possono neppure cedere al ricatto nucleare a cui, per disperazione, sembra ricorrere la Russia. Provocherebbero la proliferazione dei ricatti. Ritarderebbero per qualche tempo il “momento della verità”, cioè del confronto con la Russia. Gli Usa possono benissimo, senza ripercussioni interne ed estere, rifiutare un negoziato, oggi che la controffensiva ucraina ha successo. Più difficile è che possano rifiutare senza danni un incontro fra leader. Lo impone l’esigenza della propaganda.
A parer mio, nell’accettare la proposta d’incontro con Putin, Biden deve essere chiaro: i destini dell’Ucraina vanno decisi dagli ucraini. Gli Usa possono facilitare e stabilizzare un accordo fra Mosca e Kiev. È inutile che Putin giochi con le minacce nucleari nella speranza di spaventare l’Occidente. Gli Usa, però, potrebbero dichiarare di essere disponibili ad accelerare ed estendere i negoziati sul rinnovo del NEW START, in particolare per quanto riguarda le armi tattiche.
Altri risultati non potranno essere raggiunti nell’incontro, ammesso, ma non concesso, che possa essere organizzato. Biden non deve permettere critiche a Zelensky per la sua intransigenza nel pretendere il rispetto dell’integrità territoriale del proprio Paese. Putin ha disastrosamente errato nei suoi calcoli strategici. Non si vede perché debba essere risarcito per i suoi errori, a cui si è aggiunta un’inaccettabile brutalità nei confronti della popolazione ucraina. Quello che gli Usa e l’Europa dovrebbero invece fare è proporre o, almeno studiare, come offrire al popolo russo un dopoguerra generoso. Esso potrà prevedere tutto, ma non che la Russia ridiventi una grande potenza, specie ora che sta trasformandosi in una colonia cinese. Al riguardo, l’accordo Solana-Primakov sul “Founding Act” del 1997 potrebbe costituire una buona base di partenza.