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Spalle strette. Le banche italiane rischiano l’arrembaggio

Negli ambienti del credito sta circolando un documento confidenziale che mette in guardia dalle possibili nuove scorribande nella finanza italiana da parte di stranieri, magari francesi. Gli istituti italiani sono troppo piccoli per fare a meno di un consolidamento. Il quale però espone il Paese al rischio di veri e propri scippi. Meloni avvisata

A qualcuno verranno in mente i pirati saraceni, che secoli fa diedero vita a una lunga stagione di scorribande sulle coste del Mediterraneo. E se per un momento ci si sposta sul terreno della finanza, sponda banche, la sostanza cambia poco. In questi giorni negli ambienti del credito italiano sta circolando un documento riservato ma dal contenuto non banale: gli istituti italiani sono vulnerabili e per questo potrebbero finire preda di rivali stranieri, magari francese.

Negli anni scorsi l’Italia ha spesso assistito alla calata di grandi banche straniere, tra tutte la transalpina Crédit Agricole, che attraverso il braccio italiano Crédit Agricole Italia, ha fatto acquisti su Cariparma, Creval e diverse altre realtà minori. Ora però, nei giorni in cui prende corpo il governo Meloni e il Monte dei Paschi si appresta a lanciare la ricapitalizzazione da 2,5 miliardi, sembra essere di nuovo tempo di guardarsi le spalle, dopo mesi di relativa calma (l’operazione Creval è del 2021). Il documento, di cui Formiche.net è in grado di anticipare i contenuti, starebbe facendo un certo effetto negli ambienti bancari italiani.

OCCHIO AL PREDONE

“Le banche italiane per dimensioni potrebbero essere aggredite dalle banche estere?”, è l’incipit del report. “La risposta, numeri alla mano, non solo è affermativa, ma anzi sembrerebbe preludere a uno scenario quanto mai prossimo: se le fusioni sono auspicabili e sovente necessarie, diventano oggi auspicate in chiave continentale. E questo perché la presenza di campioni bancari sovranazionali promuoverebbe una reale competitività sul mercato mondiale e, soprattutto, garantirebbe protezione sostanziale del sistema europeo da eventuali attacchi di competitors e fondi internazionali”.

SPALLE (POCO) LARGHE

Dunque, se consolidamento ci sarà, è quasi certo che qualche istituto italiano finirà nella rete. “Interessante spunto per ulteriori riflessioni sull’argomento è offerto dalla classifica dei primi 20 istituti bancari nel mondo, per importi di Tier 1 capital, pubblicata dal sito finanziario americano Thebankerdatabase: la sommatoria di tali importi registra al 2021, su mille banche monitorate, un livello di miglior patrimonialità mai raggiunto fino a ora, per una cifra record di 10mila miliardi di dollari. La notizia è da ritenersi oggettivamente positiva, poiché mostra come il sistema nel suo complesso sia uscito dalla fase pandemica e abbia, inoltre, migliorato i propri standard di sicurezza, a fronte di attivi e profitti in aumento. Guerra, inflazione, perdite di borsa, paventabili stagflazione e recessione, seppur di natura tecnica, non sarebbero quindi in grado di scalfire i fondamentali almeno delle grandi e medie banche, da considerarsi del tutto come resilienti”.

E qui c’è il rovescio della medaglia. “Dall’osservazione, nello specifico, ci si accorge dell’assenza di banche nostrane tra le prime 20 in graduatoria: si nota che la prima delle europee è la Hsbc al nono posto e che solamente al quattordicesimo e quindicesimo posto compaiono i primi due istituti dell’unione, ovvero Credit Agricole e Bnp Paribas, cugini d’oltralpe pienamente operativi e protagonisti all’interno del nostro panorama nazionale. Chiude la top 20 la spagnola Banco Santander. Il resto è appannaggio di Cina (che occupa i primi 4 posti a distanze incolmabili) e Usa, con l’eccezione della nipponica Mitsubishi dodicesima”. E l’Italia?

 

 

TRA FRANCIA E CINA

“Per trovare finalmente il tricolore bisogna scivolare al trentatreesimo posto, con i 65,66 milioni di dollari di capitale di classe 1 di Unicredit, la quale precede per poco Deutsche Bank e Intesa, quest’ultima, trentacinquesima, di gran lunga la nostra maggiore banca per dimensioni ricavi profitti e capitalizzazione. Tra i primi 50 posti, più nulla”, sentenzia il report. “Ci precedono un’altra entità Uk che conosciamo bene, la Barclays, poi le tre francesi Bpce, Credit Mutuel e Société Generale, per ordini di grandezza tra gli 80 e i 60 milioni di dollari. Al di là delle posizioni, si può agevolmente apprezzare la differenza nei numeri, estremamente larga nei confronti dell’Italia, ma in linea generale anche del panorama europeo, con importi monstre tra i primi 10 che identificano esattamente quei giganti americani e asiatici, soprattutto cinesi”.

GIOIELLI DI FAMIGLIA

Conclusione: “è ragionevole, dunque, pensare a un futuro di aggregazioni transfrontaliere. Davanti ai colossi internazionali le dimensioni dei capitali rassegnati convincerebbero ad assecondare tale percorso. La linea della Bce è nettamente favorevole a un sistema bancario europeo consolidato, che può assicurare integrazione dei mercati, diversificazione delle fonti di reddito, frazionamento dei rischi, e maggiore stabilità per una politica di tassi e prezzi gestibile pure in contesti emergenziali come quello attuale. Ma mentre da un lato si può esprimere un giudizio ottimistico su tali ipotesi in un contesto di fusioni e acquisizioni, dall’altro si potrebbe generare il timore di vederci sfilare qualche nostro gioiello nazionale in caso di aggressioni, di opa ostili, con le immaginabili ricadute economiche e sociali”. Giorgia Meloni è avvisata.

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