Dopo la “benedizione” di Daniele Franco a Giancarlo Giorgetti, abbiamo contattato l’ex ministro dell’Economia e attuale consigliere economico del Mise. La priorità è la lotta ai rincari dell’energia e la salvaguardia di famiglie e imprese, “prima di pensare a fare deficit proviamo a mettere mano alla spesa pubblica”. Il governo Meloni dovrà portare avanti le battaglie di Draghi su gas e debito comune. I mercati? L’Italia è solida e credibile, ma la fiducia dipenderà dalle scelte di questi mesi
Giancarlo Giorgetti ha ricevuto da Daniele Franco un “via libera” alla guida del dicastero più importante, quello dell’Economia. Nell’intervista a Federico Fubini del Corriere, lo ha definito “adattissimo”. Ma il tempo per festeggiare non sarà molto. Giusto quello necessario per traslocare dallo Sviluppo economico alla alla scrivania donata oltre 150 anni fa a Quintino Sella, alla fine del suo terzo mandato di Ministro delle Finanze, dai maestri d’ascia biellesi.
Giovanni Tria, economista, docente a Tor Vergata, è stato nelle stanze di Via XX Settembre prima di Giorgetti, quando fu nominato ministro nel governo Conte I. Ma, soprattutto, dal marzo del 2021 è consigliere economico proprio del Mise guidato finora dal politico leghista. Che Tria conosce bene.
Professore, teniamoci lontani dal gioco delle poltrone. Il prossimo ministro dell’Economia, sia che lo vogliamo chiamare Giorgetti o no, avrà sul tavolo parecchie sfide. Proviamo a dirne qualcuna.
Bisogna partire dai temi attuali, su cui si è cimentato finora il governo uscente. E dunque, la priorità è la lotta ai rincari dell’energia, per salvare famiglie e imprese. E il punto di partenza è l’Europa, continuando la battaglia a Bruxelles per la costituzione di un fondo comune per finanziare il sostegno all’economia e per il raggiungimento di misure in grado di fermare la corsa dei prezzi. Inoltre, non bisogna dimenticare la questione delle regole fiscali europee.
Si riferisce al ripristino del Patto di stabilità?
Il tema centrale della politica fiscale europea è che non c’è una politica fiscale europea. Un bilancio comune, una fiscalità comune, avrebbero come effetto quello di aumentare lo spazio di manovra per mitigare gli effetti della crisi energetica e dell’inflazione. Cosa che andrà fatta anche a livello nazionale, con particolare attenzione alle imprese che nonostante abbiano parecchi ordinativi, spesso decidono di non produrre più perché costa troppo. E questo è un altro problema da affrontare.
Uno sforzo del governo italiano, aspettando che l’Europa faccia le sue scelte, richiederebbe delle decisioni chiare e non certo gratuite…
Certamente. Non è possibile aiutare famiglie e imprese solo facendo debito, bisogna agire sulla spesa pubblica, tagliando da una parte e rimettendo il ricavato dall’altra. Vede, la spesa pubblica è spesso legata a degli interessi, anche legittimi. Ma quando c’è un interesse collettivo da difendere e proteggere, allora bisogna fare delle scelte. E lo stesso riguarda l’inflazione. Quali settori proteggere per primi dall’inflazione? Quali fasce della popolazione? Queste sono scelte e scelte politiche. D’altronde un governo serve a questo.
Parliamo dell’Europa. Bruxelles teme che l’Italia possa fare presto nuovo deficit. Saremo sempre i soliti osservati speciali?
L’occhio dell’Europa su di noi dipende dalla connotazione politica dell’Ue e dell’Italia, insomma dai rispettivi colori delle maggioranze. Io credo che in questo momento la priorità dell’Europa sia quella di stare in piedi, perché rischia la frammentazione, che va preservata. Il vero problema sono i mercati, semmai.
Già, i mercati. Finora benevoli con l’Italia…
I mercati sono essenziali e non vi si può prescindere, perché comprano il nostro debito. Il quale, ricordiamolo, è pienamente sostenibile. Ma attenzione alle crisi di fiducia, se i creditori si spaventano, il credito viene ritirato. L’Italia è e rimane un debitore sostenibile, con una maturità del debito lunga, però se si fanno scelte azzardate, al buio o insostenibili, allora diventa un problema per l’Italia finanziare il proprio debito. Faccio l’esempio dello spread…
Prego.
In passato abbiamo assistito a impennate dello spread, ma poi la situazione è sempre rientrata. Segno che i fondamentali sono buoni. Ma proprio per questo la fiducia va protetta, preservata agendo sempre nella consapevolezza che l’Italia sopravvive in parte anche grazie a questa stessa fiducia.