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Il delirio di una vita in un chip

Ogni tanto nella storia del vagabondare umano sorge il sospetto di averla combinata grossa. Prendiamo le intercettazioni e le polemiche che sull’uso, abuso, delle stesse montano ogni giorno di più.
Lo strumento è nuovo. Mezzo Shakespeare e Rostand se ne sarebbero andati a gambe all’aria con la prova dell’audio dei loro Jago e Cyrano.
Memorizzare, accumulare, archiviare tutto e sapere, per davvero, come sono andate le cose. Intanto su quel “per davvero” si nasconde la solita trappola dell’uomo che non credendo in Dio prova a sostituirlo e cerca nei suoi poteri, umanissimi, un dono che gli faccia accarezzare l’onniscienza. Prendiamola da lontano. Alcuni anni fa m’imbattei al Prado in un quadro di Hieronymus Bosch che avevo conosciuto solo sui libri: I sette peccati capitali. Ci si vede un occhio che fissa sulla sua cornea i sette vizi dell’esistenza. A illustrazione dell’opera il fiammingo, scrive: Cave, cave deus videt (attento, attento Dio ti vede). Oltre a Dio, qualche secolo dopo, quel quadro deve averlo guardato il designer che realizzò la sigla del Grande Fratello: al posto della cornea, oggi un occhio elettronico. Al posto di Dio, il pubblico.
 
Altro luogo. Da qualche tempo Microsoft commercializza un meraviglioso congegno delle dimensioni di una carta di credito in grado di immortalare istante per istante la nostra vita. Si tratta di una fotocamera (Sensecam) capace di scattare circa 2mila immagini in un solo giorno. Oggi comincia ad entrare nella nostra vita come aiuto ai malati di Alzheimer ma per quei filosofi del “quel che è possibile è possibile” sarà difficile immaginare di limitarne l’uso. E se non la useremo noi, magari la userà qualcuno vicino a noi. E se noi non vorremo mostrare le nostre immagini a chi ce lo chiede questo pudore verrà in qualche modo interpretato.
Per secoli chi credeva nel trascendente era schiacciato dal monito di Bosch mentre chi era libero da questo imperativo morale poteva garantirsi un margine di manovra, psicologico, più ampio nel proprio privato. Passa un po’ di tempo e quella tecnologia che doveva aiutare l’uomo e liberarlo dal buio della superstizione prepara un ambiguo abbraccio. Le due visioni antitetiche del mondo, trascendente ed immanente, si abbracciano: se non sarà Dio a vederti, o ad ascoltarti, ci penserà qualcos’altro.
 
La morale è che quel cammino di liberazione dell’uomo sembra liberarlo da ogni cosa ma non da un confronto con la congruità dei suoi comportamenti (o meglio con la corrispondenza pratica e comportamentale alle proprie dichiarazioni orali).
Per cui, in quest’epoca e ancor più in quelle che verranno, le tecnologie potranno essere, pubblicamente, utilizzate solo in danno o anche in favore? Pensate al bullismo in classe: i prepotenti di turno potranno testimoniare e veicolare le loro gesta in rete a una platea universale ma la stessa tecnologia potrà contribuire a rivelare i loro vandalismi. E allora, in anni in cui orde di tifosi chiedono che un guardalinee elettronico li garantisca dai limiti della percezione umana dell’arbitro dobbiamo lasciare per esempio che a vigilare sull’ordine di una classe focosa sia una semplice insegnante? Oppure possiamo rassicurare gli ansiosi genitori, sempre preoccupati di denunciare le carenze della scuola, anziché il fallimento educativo della famiglia (in particolare la propria), con una bella ripresa quotidiana a garanzia delle prestazioni dei loro cuccioli? Se anziché subire e rincorrere la fuga d’immagini si ribaltasse il problema sarebbe una cosa tanto angosciante? Qual è la diversità tra un richiamo effettuato perché prodotto dalla vista umana e quello frutto di una vista arricchita? Un richiamo, nel 1306, di Giordano di Rivalto ai suoi frati sarebbe suonato come un’offesa al loro libero arbitrio semplicemente perché rispetto all’anno prima lo stesso inforcava un paio di mirabolanti occhiali?
 
Oggi è il 2011 e noi ci assilliamo con questa preistoria della tecnologia. Nel 2015 non basterà continuare a ritirare telefonini nelle classi ma chissà quali altri strumenti. Nel 2020 immaginare cosa occorrerà mettere all’indice è difficile da immaginare.
Come ci libereremo da questa nuova ossessione? Intanto convivendoci. Il filosofo del “tutto ciò che è possibile, è possibile” sosteneva che una volta che hai inventato lo strumento, imbrigliarlo dentro un codice morale è una fatica. Quindi devi saperlo e se puoi trovare antidoti, volta per volta, alle nuove scoperte per conviverci.
Un giorno, per esempio, si potranno usare le procure italiane come agenda privata: “Scusi, sono Luca Josi, il 21 febbraio del 2011 ero al telefono, ricorderà, con mia madre Mara. Sinceramente non rammento bene cosa lei mi disse in merito a…”. E loro, gentilissimi, ti inoltreranno il file.
Potendo essere registrato tutto ciò che ci raccontiamo telefonicamente perché lesinare su ciò che ci diciamo dal vivo? D’altra parte anche per questo sarà solo questione di tempo. Ne Le vite degli altri, reali, di Ceausescu a regime saltato le trascrizioni delle intercettazioni erano indietro di 18 mesi. Registravano tutto e quindi la vita intercettata e trascritta diventava lunga come quella reale.
 
Tra non molto potremo intossicarci d’intercettazioni, pensare di conoscere ogni attimo, pensiero, intenzione del prossimo. Lo faremo reciprocamente, per verifica, per tutela, per “sapere” in modo esatto la verità dando vita ad almeno due bestemmie: quella di chi, credente, chiederà all’uomo controllo, autorità e certezza che soli si possono domandare a Dio. E quella di chi, orfano di fede, cercherà nell’uomo, vecchio o nuovo, una perfezione che gli è estranea.
Questa nuova stagione con le sue lenzuola di trascrizioni ed enciclopedie di immagini, non sarà mai Verità ma semplice misura del delirio di chi applica regole perfettibili di uomini imperfetti a uomini imperfetti.
Se in fondo a quella strada si cerca la propria diversità si troverà invece solo lo specchio di sé, dei propri limiti e delle proprie fragilità. E la certezza di trovare nel prossimo nient’altro che un poco di noi.
È la ricerca malinconica dell’assoluto che produce – quando va bene – assolutismi, dispotismi e totalitarismi. Immaginiamoci quando va male.


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