L’architettura di Difesa europea non può, e non deve, essere pensata in sostituzione alla Nato, e deve potersi fondare su una base industriale solida, che superi gli egoismi nazionali del Vecchio continente. È quanto emerso all’evento dello Iai dedicato al futuro della Difesa europea
La difesa dell’Europa si basa su due pilastri imprescindibili, la collaborazione con la Nato e il mantenimento di una base industriale competitiva e all’avanguardia. È quanto emerso dalla conferenza “Sicurezza e Difesa europea, quo vadis?” organizzata dall’Istituto affari internazionali (Iai), in collaborazione con il ministero degli Esteri, che ha fatto il punto sulle sfide e le necessità che attendono la Difesa comune nel prossimo futuro. L’iniziativa, aperta dagli interventi del presidente dello Iai Ferdinando Nelli Feroci e dagli opening remarks dell’executive chief dell’Agenzia europea della Difesa (Eda), Jiří Šedivý, è infatti servita a rimarcare come la difesa del Vecchio continente passi inevitabilmente per la Nato, a cui le istituzioni europee possono, però, dare un contributo sostanziale. “L’Unione e l’Alleanza sono mutualmente dipendenti” ha registrato Pina Picierno, vicepresidente del Parlamento europeo, a cui ha fatto eco Benedetta Berti, capo ufficio pianificazione politica del gabinetto del segretario generale della Nato: “Il pilastro della difesa dell’Europa è transatlantico”.
La difesa dell’Europa è transatlantica
Secondo Berti, tra l’altro, per fornire un adeguato livello di protezione e sicurezza al Vecchio continente sarà necessario l’apporto di tutti i Paesi alleati, nordamericani ed europei, ricomprendendo quindi anche quegli Stati che non sono membri dell’Ue, come per esempio il Regno Unito. “La difesa dell’Europa non è possibile se non in chiave transatlantica” ha continuato Berti, registrando anche come, con l’ingresso di Svezia e Finlandia nella Nato “il 97% dei cittadini dell’Unione europea saranno sotto l’ombrello dell’Alleanza”.
Un unico set di forze
La collaborazione tra le due organizzazioni è indispensabile anche da un punto di vista tecnico-operativo. “C’è un unico set di forze disponibile per entrambe le organizzazioni”, ha spiegato l’ammiraglio Gianfranco Annunziata, capo reparto Politica militare dello Stato maggiore della Difesa, ricordando la necessità che non si creino duplicazioni che ridurrebbero l’efficacia dello strumento militare comune. È per questo che il nostro Paese ha sostenuto il rafforzamento di entrambe le organizzazioni, come registrato da Marco Peronaci, rappresentante dell’Italia presso il Comitato politico e di sicurezza Ue, ricordando come per il nostro Paese “Nato e Unione europea sono interdipendenti tra loro”.
Gli obiettivi della Difesa europea
Per il generale Stefano Cont, direttore della Divisione capacità, armamenti e pianificazione dell’Eda, l’obiettivo principale dell’architettura di Difesa dell’Ue non va nella direzione di sostituirsi alla Nato, ma persegue quattro target principali volti al rafforzamento delle capacità anche a servizio della Nato. Innanzitutto, bisogna aumentare l’efficacia degli investimenti. “I Paesi membri spendono un terzo di quello che spendono gli Usa, ma non hanno un terzo delle loro capacità”, ha sottolineato il generale. Poi, bisogna far sì che questi investimenti aumentino l’efficacia e l’efficienza degli strumenti militari dell’Europa, impiegabili anche in sede Nato, con l’ulteriore vantaggio di aumentare il peso ricoperto dall’Ue e dai suoi membri nelle sedi atlantiche. Per questo, ed è il terzo obiettivo, bisogna anche sostenere la base tecnologica e industriale dell’Europa, e acquisendo un grado superiore di quell’autonomia strategica (quarto obiettivo) necessaria non per sostituire la Nato, ma per occuparsi di quelle aree incidenti alla sicurezza europea di responsabilità dei Paesi membri.
L’importanza della base industriale
Indispensabile in questo progetto di costruzione della Difesa europea è, quindi, il supporto alla base tecnologica e industriale del Vecchio continente. “L’industria è chiamata a fornire le capacità per proteggere il territorio, i cittadini e l’economia, oggetto di attacchi su livelli diversi” ha detto Luciano Carta, presidente di Leonardo, aggiungendo però come il comparto abbia sofferto negli ultimi anni di una cronica compressione degli investimenti. “Si parla sempre di sostenibilità – ha registrato Carta – ma spesso l’industria ha sofferto di una narrazione negativa nei settori finanziari, dimenticando il ruolo della Difesa per la tutela degli strumenti di sostenibilità dell’Ue”. Per il presidente di Leonardo, dunque, non si può più chiedere all’industria di auto-finanziarsi, soprattutto perché non ci si può aspettare di “passare da un’industria di pace a una di guerra con uno schiocco di dita”. È dunque necessario che i Paesi europei mettano da parte i propri egoismi nazionali e, rispettando le competenze di ciascuno, comincino a investire con un orizzonte di lungo periodo.