Lula punterà a far assurgere al Brasile un ruolo mondiale di primo piano, lavorando sulla povertà e sulla spinta che potrà imprimere allo sviluppo del Mercosur e al rilancio dei rapporti economico-politici con i Paesi occidentali. Il commento di Raffaele Bonanni
Rieccolo Lula per la terza volta alla presidenza del Brasile, e dopo aver dovuto subire l’onta del carcere a causa di una oscura operazione giudiziaria poggiata su un teorema su vicende di corruzione, il presidente “non poteva non sapere”. Poi liberato e scagionato, come un leone ha ricostruito le basi della sua rielezione confrontandosi con il presidente uscente, un militare di alto grado che come altri militari assurti agli onori presidenziali nella storia sudamericana, ha subito mostrato una forte tendenza populista e connotati di estrema destra.
Dunque Luiz Inacio da Silva chiamato dagli amici già agli albori del suo impegno sociale e politico Lula, ha vinto seppur con uno scarto di soli due punti percentuali, dopo una campagna elettorale molto combattuta e ruvida.
La realtà è rovente, e a quanto sembra, potrà condurre anche a colpi di scena a causa della non accettazione della vittoria da parte di Bolsonaro, che assai simile al suo amico Donald Trump, sicuramente creerà intoppi di ogni tipo, approfittando di una società fortemente divisa.
Il Brasile è sensibilmente cambiato negli ultimi 40 anni che lo separano dalla triste esperienza del governo della giunta militare filo fascista. E comunque con la fine di quella terrificante esperienza, il Paese “Carioca” dalla povertà si è progressivamente disposto ad uscirne con risultati davvero prodigiosi. E merito proprio di Lula con la sua prima presidenza del 2002, a riassorbire la povertà e la disoccupazione con programmi sociali molto significativi, però sostenuti da un rilancio assai forte della produttività di sistema in ogni ambito: nell’industria, in agricoltura, nei servizi, nella macchina dello Stato.
Nella sua seconda presidenza si è dedicato a fortificare l’autonomia energetica, il consolidamento delle produzioni industriali in rapporto con le multinazionali, le infrastrutture materiali e immateriali. Insomma il rapporto così solido tra Lula e i ceti popolari è dipeso proprio dalla sua intelligenza strategica per fare grande il Brasile.
Nonostante il fallimentare governo di Bolsonaro, il Brasile attualmente conta 210 milioni di persone, un Pil attestato sul 4,5%, una capacità produttiva ed efficienza non riscontrabile in nessun altro Paese sudamericano. Lula è una persona molto pratica e acuta, conosce molto bene come batte il cuore del suo Paese grazie alla sua origine operaia.
Incomincia il suo lavoro come tornitore, poi è capo nazionale dei metalmeccanici, poi nell’80 fonda il PT, il “Partido dos trabalhadores” che ha raggruppato progressisti e cristiano-sociali. Avendolo personalmente conosciuto sono convinto che punterà a far assurgere al Brasile un ruolo mondiale di primo piano, lavorando ancor più per l’emancipazione di sacche di povertà ancora persistenti nel grande Brasile. Sarà interessante la spinta che potrà imprimere allo sviluppo del “Mercosur” che è la realtà omologa alla nostra vecchia comunità europea, composta dai Paesi sudamericani, e come potrà allacciare con più convinzione i rapporti economico-politici con i Paesi occidentali. Di questi tempi credo sia assai rilevante, per non cadere nelle sconcertanti e disarmanti condizioni venezuelane.