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Impegni e sfide dell’Italia nel Mediterraneo. La road map di Cavo Dragone

“C’è bisogno di più Europa nel Mediterraneo”, il presidente della Fondazione Med-Or, Marco Minniti, insieme all’ammiraglio Cavo Dragone, capo di Stato maggiore della Difesa, sintetizzano i punti chiavi della proiezione — europea e italiana — nel Mare Nostrum

“Il Mediterraneo è già stato polo d’attrazione delle varie crisi internazionali: Libia, Siria, Sahel, ma con la guerra in ucraina sarà ancora più cassa di risonanza”, ha commentato l’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, capo di Stato maggiore della Difesa italiana. “Le responsabilità del nostro Paese sullo stato di sicurezza del Mediterraneo sono drammaticamente aumentate” negli ultimi tempi.

L’ammiraglio parlava nella sede della Fondazione Med Or, dove è stata ospitata la presentazione del libro “Il Mediterraneo e l’Italia. Dal mare nostrum alla centralità comprimaria” scritto da Egidio Ivetic, professore di Storia dell’Europa orientale presso l’Università di Padova.

Per Cavo Dragone la domanda da porci è qual è la rotta strategica? “La collocazione nel quadro strategico mediterraneo per l’Italia — spiega — avviene nella volontà di proiettarsi oltre i nostri confini e costruire una cooperazione con tutti i Paesi rivieraschi attraverso una potenza discreta e non invasiva, ma anche in grado di rispondere a quella richiesta di Italia che è maggiore di quella che pensiamo di poter offrire”.

In questo, la Nato — l’alleanza che fa da moltiplicatore di potenza per l’Italia e collettore delle attività politico-militari — ha percepito che la minaccia lungo il fronte meridionale “è concreta, dunque è un gradiente positivo nei nostri interessi”, ha aggiunto.

Per Ivetic la posizione geopolitica dell’Italia nel Mediterraneo è cambiata nel corso della storia, e comprendendo questo processo storico (che ha segnato anche degli indebolimenti) Roma può leggere certe vulnerabilità in una prospettiva positiva. D’altronde, ha aggiunto durante il dibattito Germano Dottori, analista di geopolitica e consigliere di amministrazione di Med-Or, “l’Italia è un Paese che non è portato all’uso della forza, non è una realtà imperiale, ma è aperta al dialogo e all’ascolto di tutti
i potenziali interlocutori”.

Questo è un valore aggiunto, e Dottori ricorda che è attorno a tale approccio che si basa la missione di Med-Or stessa, la cui attività è nato per unire competenze e capacità dell’industria con il mondo accademico per lo sviluppo del partenariato geo-economico e socio-culturale.

Il punto, riguardo all’Italia e al Mediterraneo, ha sottolineato la docente della Sapienza Alessia Melcangi, è anche decidere se il Mare Nostrum è frontiera o cerniera, limen o limes?

“Siamo ancora interdetti. Anche se per un Paese come il nostro non c’è spazio per l’indecisione, anche perché nel Mediterraneo si è creata una problematica di sicurezza, che è legata alla presenza di forze non amiche, ma anche a forze teoricamente alleate ma attive con interessi competitivi rispetto a quelli italiani”, ha risposto indirettamente Lucio Caracciolo, direttore di Limes.

Questo è il fattore chiave, perché come ha sottolineato Marco Minniti, presidente della Fondazione Med-Or, “il Mediterraneo non può essere limitato a una dimensione regionale”. Dal Mediterraneo passano riflessi globali come i contraccolpi di ciò che sta accadendo in Ucraina, ma anche gli interessi cinesi e di altri attori che si affacciano nel bacino e che vi vedono spazi di proiezione e opportunità a cavallo di crisi e sviluppi.

“L’Europa deve avere consapevolezza della partita che si gioca nel Mediterraneo, e l’Europa deve capire che deve essere un giocatore di quella partita. Anche per questo l’Europa deve dotarsi di una politica di difesa comune, perché la difesa dei principi senza un progetto con capacità di mobilitazione e di proiezione non riuscirà mai a conquistare l’attenzione degli altri Paesi della regione. Questo per dire che c’è bisogno di più Europa nel Mediterraneo”, è il messaggio con cui Minniti ha portato a sintesi l’incontro.



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