Padre Enzo Fortunato, francescano, giornalista, editorialista, saggista, già direttore della Sala Stampa del Convento di Assisi e della rivista “San Francesco patrono d’Italia”, racconta nella “VI Giornata mondiale dei poveri” il suo nuovo libro “Una gioia mai provata”, edizioni San Paolo, presentato nella basilica di Sant’Anastasia al Palatino
È un mondo senza speranza?
Alla ricerca di una speranza smarrita, Enzo Fortunato, il frate che predica al mondo l’ottimismo del cuore, nella “VI Giornata mondiale dei poveri” del 13 novembre, parte dalle origini della vita con il suo nuovo libro “Una gioia mai provata” (ed. san Paolo), presentato nella basilica di Sant’Anastasia al Palatino.
Un luogo simbolico l’antica chiesa (IV sec.) alle pendici del Palatino, la prima eretta dai cristiani a Roma e dove si è celebrata la prima “Messa dell’Aurora” (V sec.) nel giorno della Natività del Signore.
Padre Enzo Fortunato, francescano, giornalista, editorialista, saggista, già direttore della Sala Stampa del Convento di Assisi e della rivista “San Francesco patrono d’Italia”, autore di progetti umanitari e di solidarietà nella ricerca della pace e del bene comune nel mondo. Volto televisivo e voce della radio, raggiunge le case con parole di calore e vicinanza. Influencer con 220mila followers, utilizza anche le “piazze” dei social. Per non escludere nessuno.
A fianco del card. Gambetti, insieme al gesuita Francesco Occhetta, è pilastro della “Fondazione Fratelli tutti”. Un nuovo cammino per ambiziosi obiettivi del domani. Promuovere il dialogo interreligioso, la cultura e l’arte, incentivando “lo sviluppo dell’umanesimo fraterno, attraverso la promozione dei principi di libertà, uguaglianza e fraternità, condizioni per costruire un ‘amore universale’ che riconosca e tuteli la dignità delle persone” e favorire la cura del Creato, l’ecologia integrale, lo sviluppo sostenibile e la cura dei deboli.
“Buongiorno, brava gente!” è l’inno alla vita di padre Enzo. Un sigillo d’amore. Sempre con il sorriso. Un “saluto” già di San Francesco d’Assisi, diventato anche titolo di un libro del frate nativo di Scala. Un “breviario” di riflessioni per tutto l’anno. Un viaggio nell’interiorità per risvegliare coscienze, forse sopite, in cui c’è posto per il buono e il bello.
“Una gioia mai provata” descrive la storia del presepe, nato da un’idea di San Francesco, tre anni prima della morte. A Greccio, il primo presepe. Più povero che mai, con il bambinello, un bue e un asinello. Le fiaccole del borgo e i canti dei presenti. Ma la povertà della Rivelazione sarà la strada verso la “ricchezza”.
Quale il senso del presepe, oggi? La sua storia è metafora di salvezza. Risposta e orizzonte possibile nel periodo della più grave crisi geopolitica, economica, sanitaria e ambientale, in cui anche la scienza, la tecnica e la diplomazia sembrano disarmate e impotenti.
Quali i possibili paradigmi di speranza? Per Formiche.net, ne parliamo con l’autore e i relatori dell’incontro mons. Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione, e lo scrittore e poeta Erri De luca.
“La semplicità credo sia la parola del presepe. Significa “senza pieghe”. È una parola straordinaria, “sine plica”. Quando un foglio lo vuoi leggere, deve essere non stropicciato, senza pieghe. E’ la capacità di leggere e di farsi leggere”, afferma Frate Enzo.
“Pellegrini nella speranza” è l’auspicio del Giubileo 2025. Un invito, per tutti, a ritrovare “un programma di vita”, come ha spiegato papa Francesco. Per mons. Fisichella, “dobbiamo sperare, innanzitutto, di ritrovare noi stessi. Il Giubileo è un momento attraverso il quale siamo chiamati a rientrare in noi stessi, ad andare nel più profondo di noi stessi, a dare quel senso alla vita che spesso ci sfugge. È un impegno che tocca non soltanto i credenti ma tutte le persone che, oggi, sono alla ricerca di un senso della vita. È quello che tante volte ci manca, è quella domanda che spesso non ci poniamo ma se vogliamo guardare al futuro con speranza dobbiamo certamente essere capaci di rispondere alle questioni fondamentali della nostra esistenza”.
Mentre Erri De Luca, da uomo di cultura non credente, in un mondo di rancori sociali, indifferenza e solitudini, guardando ad un orizzonte di speranza, sottolinea “che comunque si mantiene viva la fraternità. La fraternità tra le persone, il mutuo sostegno, l’aiutarsi gratuitamente. Un grande bacino, in Italia. Pratico anch’io per quello che posso. Molte buone notizie, quindi, vengono dal fondo, dal bassofondo della società”.
Nella chiesa di Sant’Anastasia, con l’introduzione di Angelo Chiorazzo, presidente dell’associazione “Giovane Europa”, ha moderato l’incontro la giornalista Maria Rita Cavallo. Al violino, le vibranti note del Maestro Uto Ughi. Presenti autorità, uomini di fede e di cultura, e tanta gente comune.
Semplicità, povertà, bellezza del cuore sono state le parole chiave del profondo dibattito.
I dati Istat parlano di 5,6 milioni di poveri assoluti in Italia, di cui 1,4 bambini. Un dato raddoppiato rispetto al 2011, con numeri più alti più alti nel Mezzogiorno.
Secondo il Rapporto su povertà ed esclusione sociale della Caritas dal titolo “L’anello debole”, è una povertà dai tanti volti.
Tra gli “anelli deboli”, i giovani, colpiti da molte forme di povertà. Da quella “ereditaria” (secondo ricerche europee, in Italia si esce dalla povertà alla quinta generazione) a quella educativa.
Povertà per l’80% legata a problemi economici, di occupazione e abitativi. Ma anche altri fattori (lutto, divorzio, problemi di salute, disagi psicologici ecc.) possono cambiare lo stato economico e solo per il 45% la fragilità riguarda un solo ambito. Maggiormente colpite le donne, con aumento della violenza di genere e con incidenza sui diritti dei minori, ai quali la povertà delle madri peggiora le condizioni di vita.
Drammatica è la povertà dei migranti, in disperata fuga da terre di violenza e guerra. E dolorosa è anche la povertà sgomenta dell’anima. Nella solitudine, nell’indifferenza e nell’abbandono.
Tanti gli interrogativi sul senso della povertà e del presepe, oggi. Una sfida e un percorso.
“Il segno del presepe, incisivo e visibile a tutti proprio come la coda cangiante della cometa, solca cieli ed epoche, attraversa le generazioni e segna le arti… Una certezza, quella del presepe, rimasta intatta nei secoli, che ci lascia intuire qualcosa di grande: l’incarnazione del Figlio di Dio”, si legge nella prefazione di mons. Domenico Pompili al libro di frate Enzo.
Il presepe è il messaggio di una “semplicità” che significa saper ascoltare e aprire il cuore per ricevere la parola di Dio, per mons. Fisichella. Una semplicità di cui tutti oggi abbiamo bisogno e che ci riporta al bambino che è in noi, a quella bellezza in cui l’uomo scopre la capacità di amare.
È la “povertà” dei pastori capace di ascoltare il messaggio divino. E’ l’amore per Maria con cui Giuseppe crede nell’inverosimile, come inverosimile è, spesso, la verità, secondo Erri De Luca. E’ la bellezza che viene dall’interno e spinge verso l’esterno, come il seme che germoglia cerca la luce e il sole.
È la grotta senza porta che accoglie ed è aperta all’amore, ha affermato Frate Enzo. In un cuore non indurito di pietra, “il Natale è il cuore di carne che batte e piange”.
Mentre il cardinale Mauro Gambetti ha evidenziato come nella povertà e nell’umiltà del Signore che si fa povero per noi trovi risposta la solitudine radicale del nostro tempo. Una ricerca di bellezza e di luce che viene dall’alto.
Siamo in grado di concepire, oggi, il senso della povertà e dell’essenzialità, in una società fatta di arroganza, egoismo e narcisismo che afferma il “valore” dell’apparenza, del consumismo e del potere anche nelle relazioni?
La povertà arricchisce, afferma papa Francesco. Un’occasione per testimoniare il Vangelo e mettere in discussione il proprio stile di vita. Attraverso la fratellanza, la solidarietà, l’accoglienza, lo sguardo non indifferente.
“Il presepe è un invito al viaggio spirituale”. “Ripercorrere le tracce della stella cometa significa ritrovare noi stessi capaci di sognare e di sperare”, spiega frate Enzo nel suo libro. I poveri sono maestri di vita. Una fraternità universale che può illuminare il buio del mondo. San Francesco iniziò la sua rivoluzione, non solo individuale, proprio dalla povertà.
Il presepe di frate Enzo rappresenta tutti. È il luogo del desiderio e della riconciliazione. Il luogo della gioia del cuore dove inizia il Mistero di un Dio ricevuto da cuori umili. Maria è “la mediatrice salvifica capace di parlare al cuore degli uomini offrendo a ciascuno di noi la speranza anche nei momenti più difficili”.
“Alla notte buia fa riscontro la luce della grotta. Un contrasto presente nella vita di ognuno di noi, fatta di momenti luminosi ma anche bui, in cui sembra di essersi persi. …. È la drammaticità e la bellezza della nostra esistenza”, si legge nel libro.
È il messaggio di amore e di speranza del Bambino che nasce, in questo periodo di oscurità. Una prospettiva di pace anche “nella notte buia e tormentata”, come ha concluso padre Enzo.