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L’occasione per i moderati di contare ancora (ma occhio ai social). Parla Quagliariello

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L’iniziativa della fondazione Magna Carta ad Arezzo. Il presidente: “La parte moderata dell’elettorato ha perso quella capacità di determinare l’esito politico di una consultazione, anche in maniera indiretta. Per cui, probabilmente, pensare a un partito, nella accezione tradizionale del termine, non è la via migliore”. E sulla comunicazione: “L’anarchia che si trova sui social esaspera la polarizzazione. E questo sfavorisce i moderati”

Definire il perimetro di azione e ripensare il ruolo dei moderati nella politica di oggi. È questo l’obiettivo dell’iniziativa dal titolo “La porta stretta. I moderati nell’era dei social media” realizzata dalla Fondazione Magna Carta nei due giorni di incontri ad Arezzo. Come integrare, in maniera incisiva, il portato dell’approccio moderato in un dibattito politico sempre più polarizzato e liquido. L’approccio metodologico per rispondere a una serie di interrogativi profondi è quello del mettersi in discussione. Ma, allo stesso tempo, cercare di trovare una via per uscire dai meandri di una sostanziale irrilevanza, quanto meno elettorale. A tentare di dare una risposta ad alcuni interrogativi è il presidente della fondazione Magna Carta, Gaetano Quagliariello.

Quagliariello, nella politica attuale, ha ancora senso immaginare un partito moderato?

Il sistema politico di oggi è estremamente fluido e non ha una stabilità. Il populismo ha sbarrato la strada a opzioni politiche per le forze moderate. Le ultime elezioni politiche sono state un fallimento per la formazione di ‘Noi moderati’ sotto il profilo elettorale. Non solo. Il problema più profondo è che la parte moderata dell’elettorato ha perso quella capacità di determinare l’esito politico di una consultazione, anche in maniera indiretta. Per cui, probabilmente, pensare a un partito, nella accezione tradizionale del termine, non è la via migliore.

Non vede, né a destra, né a sinistra né al centro la possibilità di ricavarsi uno spazio politico?

Il centrodestra ha una forza egemone e due alleati sostanzialmente in declino. Il centro si deve ancora definire, tanto più che il terzo polo di Calenda e Renzi aveva inizialmente assunto le sembianze di una ‘stampella’ del centrosinistra mentre ora la situazione sembra essere piuttosto cambiata. A sinistra si è esacerbato lo scontro tra un partito populista e un partito ‘pigliatutto’ che, adesso, a causa di una profonda crisi d’identità, rischia di non pigliare più nulla.

Questo governo le sembra aperto alle istanze dei moderati?

Direi proprio di sì. Le premesse sono buone e Meloni sta avendo un approccio molto dialogico e aperturista verso le istanze moderate. Ora sta ai moderati massimizzare il loro sforzo per essere il più incisivi possibile.

Probabilmente sull’elettorato moderato ha inciso anche un certo tipo di comunicazione politica a cui non sono avvezzi.

Il problema ai miei occhi è più complesso e riguarda in particolare i social network in rapporto agli altri mezzi di informazione. Se per la carta stampata, per le televisioni e per le radio c’è un perimetro legislativo e regolamentare estremamente definito, per i social non si può certo dire altrettanto. Anzi, è una vera e propria anarchia. E, l’anarchia, esaspera la polarizzazione. Ma non solo: in questa bagarre, secondo me, è a rischio il sistema stesso.

Uno sguardo all’Europa. Probabilmente a livello internazionale qualche forza resiste, no?

Occorrerebbe che l’Unione Europea non perdesse quell’abbrivio che ha conquistato durante la pandemia e con la messa a punto del Pnrr. In quel momento la percezione dei cittadini rispetto all’istituzione europea è completamente cambiata. Non è più stata l’Europa delle burocrazie e delle banche, ma un’Europa capace di parlare alle persone. Quella è l’Europa dei moderati.

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