Sembra emergere una grave preoccupazione per i bombardamenti che distruggendo infrastrutture essenziali come le centrali elettriche in pieno inverno sembrano indicare una deriva del conflitto, che prende di mira obiettivi non militari, ma un’intera popolazione, esposta a pericoli estremi. Le parole di Bergoglio
Nel corso dell’udienza generale, salutando i pellegrini polacchi, papa Francesco ha ricordato che due giorni fa il Centro per le Relazioni Cattolico-Ebraiche dell’Università Cattolica di Lublino ha commemorato l’anniversario dell’”Operazione Reinhardt”, decisa dal regime nazista tedesco, che, durante la Seconda Guerra Mondiale, tra luglio e ottobre del 1942 “ha provocato lo sterminio di quasi due milioni di vittime, soprattutto di origine ebraica. Il ricordo di questo orribile evento susciti in tutti noi propositi e azioni di pace. E la storia si ripete. Vediamo quello che succede oggi in Ucraina. Preghiamo per la pace”.
Il Sito della Santa Sede, Vaticannews, ha scritto al riguardo dell’operazione Reinhardt: “Nei campi di sterminio di Belzec, Sobibor, Treblinka e anche Auschwitz, in Polonia, in tre mesi, morirono un milione e 700 mila persone, un quarto delle vittime della Shoah. L’Aktion Reinhardt fu decisa da Himmler, per rendere più efficiente l’azione di sterminio condotta dagli squadroni della morte delle SS, che rastrellavano e uccidevano gli ebrei dietro le linee di guerra. Prima applicazione della abominevole metodologia “industriale” di sterminio nazista, inedita nella storia umana, questa operazione, per la quale furono usati 480 treni di deportazione da tutti i villaggi polacchi, ebbe un’intensità allucinante, quasi 15 mila vittime al giorno”.
Nella incomparabilità degli eventi però emerge qualcosa che deve inquietare, visto che il papa ha scritto pochi giorni fa la sua prima lettera al popolo ucraino nell’anniversario del genocidio dei kulaki ucraini da parte staliniana: “Cari fratelli e sorelle, in tutto questo mare di male e di dolore – a novant’anni dal terribile genocidio dell ‘Holodomor–, sono ammirato del vostro buon ardore”. Dunque sembra emergere una grave preoccupazione per i bombardamenti che distruggendo infrastrutture essenziali come le centrali elettriche in pieno inverno sembrano indicare una deriva del conflitto, che prende di mira obiettivi non militari, ma un’intera popolazione, esposta a pericoli estremi.
La lettera di Francesco al popolo ucraino, firmata quale vescovo di Roma, ricordava proprio il freddo, la fame, con termini di estrema preoccupazione: “Nelle vostre strade tanti sono dovuti fuggire, lasciando case e affetti. Accanto ai vostri grandi fiumi scorrono ogni giorno fiumi di sangue e di lacrime. Io vorrei unire le mie lacrime alle vostre e dirvi che non c’è giorno in cui non vi sia vicino e non vi porti nel mio cuore e nella mia preghiera. Il vostro dolore è il mio dolore. Nella croce di Gesù oggi vedo voi, voi che soffrite il terrore scatenato da questa aggressione. Sì, la croce che ha torturato il Signore rivive nelle torture rinvenute sui cadaveri, nelle fosse comuni scoperte in varie città, in quelle e in tante altre immagini cruente che ci sono entrate nell’anima, che fanno levare un grido: perché? Come possono degli uomini trattare così altri uomini?”.
Sono seguite le parole sulle efferatezze di alcuni reparti, ceceni e buriati, che hanno determinato la reazione irata del ministro degli esteri russo, Lavrov, il quale ha ricordato che la Russia è e rimarrà una Repubblica Federale multinazionale.