Skip to main content

Sulla manovra, i sindacati non possono solo protestare, parola di Bonanni

Si ripete, anche questa volta, il cliché di un sindacalismo in larga parte sospinto da vocazioni protestatarie e non disposto al confronto come sarebbe conveniente per gli interessi dei lavoratori. Si sa, il confronto comporta prendendosi le responsabilità proprie dei grandi soggetti sociali della Repubblica…

Ecco che l’Incontro tra il presidente Meloni e i ministri economici, si è tenuto con i sindacati, ma la parte maggioritaria di questi ultimi, come si è appreso, non ha cambiato opinione. La “manovra”, come si sa, ha dovuto dedicare ben oltre la metà delle risorse finanziarie al sostegno delle famiglie e delle imprese per proteggerle da costi energetici ed inflazione con ben 21 miliardi su 35 miliardi, di cui 2/3 finanziati dal deficit. Le altre poche risorse sono andate a coprire le tantissime mai risolte emergenze italiane degli ultimi 20 anni di stallo economico.

I lavoratori dipendenti, dopo il primo intervento del governo Draghi per il cuneo fiscale, ottengono un’altro apprezzabile punto a loro favore, oltre al dimezzamento della tassazione del salario di produttività ed interventi di assistenza per le famiglie. Landini come prevedibile dopo aver elencato il lungo rosario dei problemi, dichiara aperta la stagione delle manifestazioni, ed anzi sicuramente dello sciopero generale che sicuramente anche la Uil sosterrà. La Cisl cauta, ha ribadito la sua propensione a mantenere vivo il confronto e chiede qualcosa in piu per abbassare il cuneo fiscale ed alzare il tetto almeno a 35 mila di reddito annuale per coloro che usufruiranno della riduzione delle tasse sul salario di produttività, altre e su altre esigenze del sociale. Di rimando ambienti governativi fanno sapere che si potrà fare nel dialogo che potrà continuare fino a quando la manovra sarà votata.

In questo contesto, si ripete il cliché di un sindacalismo in larga parte sospinto da vocazioni protestatarie e non disposto al confronto come sarebbe conveniente per gli interessi dei lavoratori. Si sa, il confronto comporta formulare proposte dentro il perimetro della complessità sociale ed economica e degli interessi dello Stato, formulare con dati alla mano alternative parziali o radicali, e comunque prendendosi le responsabilità proprie dei grandi soggetti sociali della Repubblica.

Ma c’è anche da dire che se un anno fa la Cgil declinò l’offerta del patto sociale di Mario Draghi, e anzi promosse insieme alla Uil lo sciopero generale seppur in tono minore, come potrebbe fare il contrario con il Pd e M5S ora all’opposizione ed il centrodestra al governo? Senza neanche pensarci in qualche modo si uniranno alle iniziative di protesta promosse dal M5S e dal Pd. Quello che pero non è chiaro, come si pensa di risolvere tutti i temi fiscali, quelli della produzione e della occupazione, quelli sociali ed energetici, del debito e della povertà, come della sanità, della scuola e delle infrastrutture, senza un cambiamento profondo del modo di concepire il governo di un Paese moderno e complesso come l’Italia inserito nel contesto europeo ed attore economico mondiale di primo piano.

Se ben 21 miliardi dei trentacinque della manovra finanziata a debito indebitati come siamo, vanno a riparare i danni della follia che dura da un quarto di secolo di opporsi a rigassificatori e a termovalorizzatori, al nucleare e persino al fotovoltaico e eolico, ecco che le conseguenze ricadono gravemente sulla condizione economica e sociale. Se si concepisce una misura confusionaria, costosa, e pedagogicamente sbagliata come il reddito di cittadinanza, la conseguenza è meno soldi ai poveri che non possono davvvero lavorare oltre al grave depistaggio esperenziale per centinaia di migliaia di giovani. Così come le perenni opposizioni contro le moderne politiche del lavoro contrastando ogni riforma e poi protestando sulle distorsioni prodotte dai ritardi della loro attuazione in Italia.

Taluni nel sindacato e in politica si pongono il giusto tema di rimettere al centro gli interessi e la cultura del lavoro ma la soluzione non è il conservatorismo. Se non si dovesse cambiare questa anomalia italiana si continuerebbe a peggiorare con l’aggiunta di essere prede ancor più del populismo e delle sue soluzioni disastrose.


×

Iscriviti alla newsletter