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Xi torna dal Golfo con un successo, ma non clamoroso

Il viaggio del leader cinese in Arabia Saudita ha stabilito che Pechino continuerà a essere un interlocutore per il Golfo, senza strappi con gli Stati Uniti. Per Bianco (Ecfr), il summit sarebbe stato un fallimento se le parti si fossero presentate con richieste al ribasso, un super successo sarebbe stato un accordo di libero scambio commerciale Cina-Golfo (su cui si lavora da tempo) e i primi pagamenti di petrolio saudita in yuan

“Questo viaggio di Xi Jinping nel Golfo ha segnato la consacrazione dei rapporti tra Cina e Arabia Saudita”, secondo Cinzia Bianco, esperta della regione dell’Ecfr. Questo perché la relazioni è stata messa sotto stress globali negli ultimi mesi, e nonostante tutto gli incontri non sono stati al ribasso. ma i rapporti continueranno secondo lo schema pre-esistente: e questo è un risultato di successo per entrambi i Paesi.

Negli ultimi mesi, l’Arabia Saudita ha subito le pressioni statunitensi legate alla scelta di tagliare le produzioni di petrolio — una decisone presa dall’organizzazione dei produttori Opec+ e che per Washington era troppo favorevole alla Russia — e all’eccessivo avvicinamento che (secondo Washington) Riad ha concesso a Pechino.

Allo stesso tempo, Riad è stata toccata nel vivo dei rapporti con la Cina dalla mossa con cui la Russia ha scelto di scontare il proprio greggio per assorbire meglio le sanzioni occidentali legate all’invasione dell’Ucraina. Mosca ha notevolmente aumentato i quantitativi venduti ai cinesi, sottraendo quote ai sauditi.

Davanti a questo combinato disposto, Xi sarebbe potuto andare a parlare col regno — appuntamento chiave dei suoi quattro giorni nel Golfo — chiedendo di rivedere al ribasso gli accordi petroliferi pre-esistenti. Sarebbe stato un atteggiamento da potenza, una mossa aggressiva che avrebbe potuto trovare a Riad una reazione. D’altronde Washington da tempo chiede di alleggerire la collaborazione saudita con la Cina su settori strategici come il nucleare, le nuove tecnologie o i missili balistici.

“Niente di tutto questo è successo: i rapporti continuano a seguire il solco storico, con il petrolio saudita che continua ad andare in Cina e gli investimenti cinesi che continueranno ad andare in Arabia Saudita”, spiega Bianco a Formiche.net, ricordando gli accordi sino-sauditi firmati in questi giorni sullo sviluppo della tecnologia nucleare saudita attraverso aziende cinesi, e nuove cooperazioni su settori nevralgici come l’intelligenza artificiale e il cloud computing.

Su questi ultimi temi, che gli Stati Uniti considerano uno degli elementi più delicati dietro alle loro relazioni internazionali, è Huawei  — azienda accusata dall’Intelligence Community americana di essere collegata con l’apparato di difesa e sicurezza del Partito/Stato — che fa da guida alle dinamiche in scena. Secondo informazioni non ufficiali, la società di Shenzen potrebbe costruire un nuovo quartier generale regionale in Arabia Saudita — una struttura che abbinata a quella di Dubai farà da riferimento per ciò che riguarda il settore hi-tech nella regione.

Washington non può che storcere il naso: se si è quasi rassegnata alla penetrazione cinese nel settore delle telecomunicazioni 5G in Medio Oriente (come altrove), e propone già accordi di diversificazione sfruttando le tecnologie future (6G), difficilmente ci saranno rese su queste altre tecnologie. È un atteggiamento dimostrato anche nelle relazioni con l’Europa e con i Paesi dell’Indo Pacifico d’altronde.

Ma l’Arabia Saudita sta cercando fornitori convenienti in termini di efficacia, efficienza, costi e standard (con temi come privacy individuale e controllo delle masse che nel caso cinese non rientrano nelle trattazioni commerciali). “È anche per questo che non reggono troppo le rimostranze americane sul fatto che l’avvicinamento saudita alla Cina sia mosso dalle volontà di indispettire gli Stati Uniti per ottenere di più”, aggiunge Bianco.

“È vero — continua — la Cina ha un rapporto strategico con l’Iran, rivale saudita, e non si lascerà facilmente coinvolgere nelle garanzie di sicurezza che ancora Washington è in grado di fornire ai propri partner. Ma Riad ne è consapevole e sta cercando la via per gestire il problema, cosciente che le aspettative sulla relazione con la Cina sono diverse da quelle con gli Stati Uniti”.

Per quanto possibile Riad vorrebbe evitare che le due relazioni siano alternative l’una all’altra, ma il rischio è che — secondo la percezione di Washington — soprattutto gli accordi sulle nuove tecnologie vadano a toccare tematiche molto più profonde del rapporto petrolifero e complesse da accettare.

Secondo Bianco, il summit sarebbe stato un fallimento se le parti si fossero presentate con richieste al ribasso, un successo è questo mantenimento delle condizioni attuali, un “super successo sarebbe stata la firma di un accordo di libero scambio commerciale Cina-Golfo (su cui si lavora da tempo, ndr) e in più i primi pagamenti di petrolio saudita in renminbi (il fantomatico “petroyuan” di cui si discute da tanto e su cui ci sono state nuove promesse, ndr)”.

“Questi due elementi sarebbero stati un segno di rottura con Washington piuttosto forte, che comunque per il momento non sono usciti. Resta però importante capire nel prossimo periodo capire se qualcosa in più si è mossa, perché sarebbero un ulteriore fattore per ponderare le difficoltà critiche che gli Stati Uniti stanno affrontando in Medio Oriente: difficoltà che, è quasi inutile dirlo, potrebbero avere dirette implicazioni sull’Italia”.

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