Conversazione con Nino Minardo, neo presidente della commissione Difesa della Camera. “La Pira pensava all’Italia come Paese ponte dalla vocazione mediatrice e pacificatrice”. Spese per la Difesa? “Al 2%. Gli incrementi d’investimento necessari al suo raggiungimento avrebbero risvolti positivi anche sull’industria nazionale e sui relativi indotti”
“La crisi in Ucraina, il Mediterraneo allargato, la situazione in Libia e nell’intero continente africano sottolineano sempre di più il quadro di un mondo globalizzato dove i conflitti e le inevitabili ricadute per la popolazione civile mettono a dura prova l’impegno delle democrazie occidentali nel mantenimento della stabilità e della pace e nella salvaguardia della libertà e dei diritti umani”. Nino Minardo, neo presidente della commissione Difesa della Camera, proietta la sua riflessione verso il futuro. Classe 1978, siciliano di Modica, con alle spalle anni di impegno politico: “Penso prima di ogni cosa che la politica deve essere servizio allo Stato e ai cittadini. E in questo le donne e gli uomini con le stellette hanno dato prova e testimonianza del loro impegno silenzioso per la comunità – spiega Minardo -. Un esempio su tutti: il periodo della pandemia. Mai come questi anni il loro contributo è stato così determinante e di supporto al sistema sanitario nazionale. Le Forze Armate hanno fronteggiato questa grave emergenza con umanità e professionalità senza tralasciare i compiti di difesa e di sicurezza del territorio nazionale”. Il conflitto in Ucraina, poi, aggiunge il deputato della Lega “dimostra come le crisi su vasta scala possono colpire la collettività in maniera imprevedibile con conseguenze sulla stabilità internazionale”.
Un quadro così incerto pone un costante posizionamento strategico coerente anche in termini di difesa e sicurezza complessiva. Non è così?
Penso vada assicurata una sempre maggiore attenzione a quei settori normativi che caratterizzano l’azione del comparto Difesa: mi riferisco, seppur in linea generale, a materie quali l’ordinamento delle Forze Armate, lo stato giuridico ed economico del personale militare, la dotazione di personale e mezzi, che devono attagliarsi senza soluzione di continuità alle sfide del momento.
Pensa che in un sistema geopolitico complesso e di primario interesse strategico per l’Italia sia possibile contenere gli effetti negativi e le ricadute che l’aggressione russa all’Ucraina continuerà a determinare?
Non è certo una situazione facile per l’Italia, ma anche per l’Europa. Il conflitto russo-ucraino può avere un impatto pesante sulla prosperità e sulla sicurezza di ogni Paese, con particolare riguardo, solo per citarne uno, al settore energetico. In quest’ottica è prioritario pensare ad un sistema di Forze Armate che siano capaci di integrarsi con quelle degli altri Paesi delle Organizzazioni delle quali l’Italia fa parte, per rivestire sempre più un ruolo da protagonista nelle stesse, a partire dall’impegno in ambito Nato. Occorre poi non dimenticare il ruolo determinante dell’Italia nello scenario delle nazioni per raggiungere la pace a livello mondiale.
Il Consiglio dei ministri ha approvato il decreto legge che proroga l’autorizzazione all’invio di aiuti militari a favore dell’Ucraina. La sua approvazione non comporta la realizzazione di un sesto pacchetto aiuti, il quale, come più volte ricordato dal ministro Guido Crosetto, dovrà passare per un dibattito parlamentare. Questa prassi è il metodo giusto per gestire il tema degli aiuti all’Ucraina?
La via parlamentare è sempre quella maestra anche considerato il carattere provvisorio dello strumento decreto-legge e sono convinto che il Parlamento possa e debba essere il luogo dove gli impegni assunti dal nostro Paese assumono più forza e significato.
Riuscirete a convertire in legge entro Natale il decreto-legge pubblicato venerdì?
È l’obiettivo che ci si è dati alla pubblicazione del decreto-legge. Noi chiaramente come commissione siamo totalmente mobilitati in questo senso.
Come intende sostenere la Commissione l’obiettivo del raggiungimento del 2% del Pil per la Difesa?
La commissione Difesa della Camera farà tutto ciò che è in suo potere per facilitare il raggiungimento di questo obiettivo che, ricordo, è determinato dall’attuale congiuntura politica internazionale fatta di crisi e tensioni dai risvolti imprevedibili. Abbiamo il dovere di garantire al nostro Paese quella cornice di sicurezza necessaria, che si può raggiungere iniziando dal non aumentare il gap con le altre potenze maggiori dell’Alleanza atlantica. Inoltre, e non mi sembra un dettaglio secondario, gli incrementi d’investimento necessari al raggiungimento del 2%, avrebbero risvolti positivi anche sull’industria nazionale e sui relativi indotti.
Al di là del conflitto ucraino e senza minimizzarne il valore, l’Italia dovrebbe mantenere alta l’attenzione e l’interesse a ciò che accade nel Mediterraneo.
Assolutamente sì, anche perché non dobbiamo dimenticare che la guerra in Ucraina ha ricadute politiche e militari sul quadrante del Mediterraneo, quel “Mediterraneo allargato” che per il nostro Paese resta sempre un fronte caldo. L’area ha una doppia valenza strategica, sia per la questione militare del “fianco sud” della Nato, sia per le infiltrazioni terroristiche che, da quella zona non stabile politicamente, possono raggiungere dapprima l’Italia e poi l’Europa. Non bisogna poi dimenticare che l’Italia svolge, sotto l’egida di Onu, Nato e Ue numerose missioni nel Mar Mediterraneo fondamentali per garantire la sicurezza e la difesa dell’intera area. Infatti lo Stretto di Sicilia è centrale per la sicurezza e stabilità del Vecchio continente anche in quanto crocevia delle principali rotte commerciali tra gli oceani Atlantico e Indiano, nodo di traffici e interessi leciti e illeciti, oltre a essere attraversato dai cavi sottomarini di rete, tutti motivi per cui deve essere assolutamente presidiato dai Paesi europei rivieraschi.
Lei viene dalla terra di Giorgio La Pira, il “sindaco santo” di Firenze, nato a Pozzallo, amico di Enrico Mattei e promotore dei Colloqui mediterranei proprio nel capoluogo toscano. Fermo restando contesti politici, sociali e culturali differenti rispetto agli anni Cinquanta e Sessanta, pensa che una via lapiriana della pace può essere percorsa?
Guardi, proprio sulla vocazione, sul ruolo e sulla missione dell’Italia in campo internazionale, visto che si cita La Pira è doveroso ricordare come nel 1958 egli parlava dell’Italia come “il solo Paese dell’Occidente cristiano verso il quale si volge la simpatia attenta e la speranza viva di tutti i paesi non cristiani del Mediterraneo e, in un certo senso, del mondo”. Il riferimento era anche all’Asia e all’Africa. La Pira pensava all’Italia come “Paese ponte” dalla “vocazione mediatrice e pacificatrice”. Penso che ci sia ancora margine per un grande ruolo dell’Italia e del Mediterraneo.
A settembre la commissione Difesa del Senato ha approvato sei programmi, previsti dal Programma pluriennale dello Stato maggiore della Difesa, per la modernizzazione di navi, unità aeree e terrestri. Come il Parlamento intende supportare questo sforzo per garantire la prosecuzione dei programmi avviati?
I programmi hanno l’obiettivo di mantenere l’Italia tra i Paesi tecnologicamente avanzati nell’ambito dell’Alleanza atlantica e sono ascrivibili ad una visione strategica consolidata che in ogni legislatura ha trovato consenso e appoggio. Consenso e appoggio che chiaramente non mancheranno anche in questa legislatura nella Commissione Difesa e nel Parlamento.
Sono le Forze Armate a rappresentare l’Italia a Qatar 2022, dove i militari italiani sono presenti con l’operazione Orice. Ci racconta come operano e che lettura ne dà della loro presenza lì?
La missione Orice è la missione bilaterale di supporto alle Forze Armate del Qatar per la sicurezza della Coppa del Mondo Fifa 2022 in programma dal 20 novembre al 18 dicembre. I nostri militari hanno partecipato a “Watan 2022”, l’esercitazione multinazionale interforze e inter agenzia promossa dal primo ministro qatariota per “Fifa Qatar 2022”, in cui è stata simulata un’ampia e diversificata tipologia di interventi finalizzati a contrastare e neutralizzare ogni possibile minaccia derivante dall’insorgere di rischi potenziali, interni ed esterni, che potrebbero minare il regolare svolgimento della storica manifestazione. Noi abbiamo partecipato con unità specialistiche appartenenti all’Esercito, in stretta cooperazione con turchi e statunitensi, che si sono schierate nel porto di Hamad, il principale nodo logistico del Qatar. L’intera joint task force italiana è composta da circa 500 militari italiani compresi i militari dell’arma dei Carabinieri che sono coordinati dal Comando operativo di vertice interforze della Difesa. Sul campo ci sono 46 mezzi terrestri, una nave della Marina militare e due aeromobili dell’Aeronautica militare. Si tratta di una operazione prestigiosa che conferma l’affidabilità mondiale dell’apparato militare italiano e forse anche di una piccola consolazione visto che la nostra Nazionale di calcio non è a Doha per i mondiali.