È tempo di guardare al Natale come cammino di rinascita. Per la fede cristiana, nella semplicità del presepe, metafora di salvezza, è la grandezza del divino che nessuno esclude. Per i non credenti, la sfida è ritrovare una nuova “religione” fatta di sentimenti, responsabilità e obiettivi giusti e condivisi. È il nuovo inizio di un mondo di speranza e di pace
È il Natale della malinconia, come emerge dall’ultimo Rapporto Censis sulla società italiana, “nella paura straniante di essere esposti a rischi globali incontrollabili”.
Tante, troppe le insicurezze, per il 66,5% degli italiani: guerra, crisi economica, ambientale e energetica, minacce sanitarie, inflazione, instabilità dei mercati internazionali e rischi di attacchi informatici su vasta scala.
L’Italia del post-populismo tormentata dalla malinconia. È il sentimento proprio del nichilismo dei nostri tempi, corrispondente alla coscienza della fine del dominio onnipotente dell’io, un “io” costretto a confrontarsi con i propri limiti quando si tratta di governare il destino.
Timori che fanno prepotentemente irruzione a livello individuale e collassano le relazioni. Una società più povera e impaurita, pervasa da solitudine e smarrimento. “Un paese che vive in uno stato di latenza”, secondo il Rapporto. Sfumato anche l’interesse a inseguire influencer, lusso e ostentazioni nella vita e sui social.
Una malinconia collettiva, in una sorta di passività apatica e infelice. Una “ritrazione silenziosa” forse con radici più lontane?
Alle ultime elezioni politiche, circa il 39% degli aventi diritto non ha espresso un voto valido (tra astenuti, schede bianche e nulle).
Primato europeo dei giovani italiani che non studiano e non lavorano (neet) mentre le aule scolastiche sono sempre più vuote a causa della contrazione demografica e la società è sempre più “vecchia” (gli over 65 sono il 23,8%, +60% rispetto a trent’anni fa). Allarmanti sono i dati della povertà (9.4% della popolazione) e si prevede, per il prossimo quinquennio, grave carenza di personale nella sanità.
In un periodo di grave difficoltà occupazionale, per molti giovani, nel 2022, “dimissioni silenziose” (“quiet quitting”) come rinuncia ad impegno eccessivo e distacco mentale ed emotivo dall’attività quotidiana.
Mentre isolamento e lavoro da remoto sostituiscono sempre più i rapporti reali con il mondo virtuale.
Difficoltà e drammi di una crisi globale hanno squarciato il velo di un mondo apparentemente felice e sicuro, svelandone le contraddizioni. La sofferenza è la fotografia del presente ma, forse, ancor più del passato.
Una malinconia paralizzante. Diversamente dalla nostalgia, incapace di recuperare dal vissuto qualsiasi positività.
Le lacrime di Papa Francesco dinanzi all’Immacolata, l’8 dicembre, a piazza di Spagna, nell’impotenza dell’umanità e dello stesso impegno di fede rispetto all’orrore della guerra, resteranno scolpite nei cuori come iconica sintesi di un sentimento di dolore universalmente condiviso. Nel viaggio liturgico dell’Avvento che segna i passi verso una meta di pace e di amore.
Come ritrovare identità e forza per guardare con fiducia al domani? Abbiamo vissuto e continuiamo a vivere nell’incertezza. Ma si può vivere senza speranza?
La nostra vita quotidiana sembra naufragata in un presente svuotato sia di passato che di futuro e fa i conti con una difficile ricerca di senso. La paura ha contagiato ogni ambito della vita. Ha oscurato il futuro. Lavoro, socialità, relazioni, tutto è messo in discussione da ansie e frustrazioni, disagi e sofferenze di identità smarrite.
Quasi un rifiuto a guardare al futuro. Più difficile ogni forma di condivisione per mancanza di energia, ottimismo, o fiducia nell’altro, per un’umanità sospesa tra passato e futuro.
Per Giuseppe De Rita, 90 anni, sociologo e fondatore del Censis,” il soggettivismo etico è l’elemento fondamentale della nostra società da oltre 50 anni e porta inevitabilmente al narcisismo di chi sta solo chiuso in sé stesso”, ha detto al quotidiano la Repubblica commentando la tragica vicenda di Fidene. “Le agenzie primarie (famiglia, scuola, luoghi di lavoro) non sono in grado di fornire più amicizia o meccanismi di sostegno, solidarietà o qualsiasi altro sentimento diverso da questo narcisismo che può esplodere in maniera deviante”. Solitudini difficili anche da intercettare. Disagi che possono sfociare in violenza, aggressività e rabbia distruttiva, odio sociale.
È tempo, dunque, di andare avanti in maniera diversa. Il buio e il freddo delle guerre del mondo non fermeranno il Natale. Nella rinascita, potrà prendere forma una ricostruzione individuale e relazionale capace di superare abissi e fratture.
Una trasformazione del piccolo e infelice ‘io’ in un ‘noi’ potrebbe superare dolori, limiti, contraddizioni, vulnerabilità con lo sguardo dell’accoglienza. È la stella cometa per andare comunque incontro alla vita.
“Gli uomini, anche se devono morire, non sono nati per morire ma per ricominciare”, ricorda Hannah Arendt.
La radice della speranza ha una dimensione che si nutre del calore degli affetti, magia che annulla solitudini. Anche un sorriso e una parola hanno il potere di farlo, se nascono dal cuore.
Per gli antichi, la malinconia è afflizione che, tuttavia, porta con sé dolcezza dell’animo in quanto alimentata dalle ragioni del cuore.
Victor Hugo ricorda che “la malinconia è la gioia di essere tristi”. È il sogno che si mescola alla realtà. Aiuta a liberare energia ispiratrice. Da Michelangelo a Tolstoj, da Dante a Ungaretti, è il sentimento desiderato da letteratura, poesia, arte. “Sempre inseparabile dal sentimento del bello”, spiega Baudelaire.
Uno stato per guardare in fondo alla più segreta interiorità e andare oltre. Una dolorosa ferita e, insieme, uno scatto per ripartire.
Quest’anno, il regalo più bello è ritrovarsi, per non disperdere nulla di quanto ci hanno svelato questi difficili anni. Recuperare energia nell’autenticità dell’amore e della fraternità, come esorta Papa Francesco.
È tempo di non sfuggire all’incontro e al dialogo con se stessi. È tempo di sentire con serenità il vuoto lasciato da distrazioni effimere alimentate da individualismo e narcisismo.
È tempo di riconoscere il valore di un sentire condiviso e di annullare l’indifferenza. Il più grave dei mali. “L’indifferenza è inferno senza fiamme”, ricorda la poetessa Maria Luisa Spaziani.
Sono condizioni preliminari per ristabilire priorità. Per una revisione della vita che significa impegno. Cesura, se necessario. Un’inversione di rotta per la collettività che affianchi a leggi e politiche sociali le norme della morale e della consapevolezza.
Perché è tempo di un cambiamento che può venire solo dal cuore.
È tempo di guardare al Natale come cammino di rinascita. Per la fede cristiana, nella semplicità del presepe, metafora di salvezza, è la grandezza del divino che nessuno esclude. Contemplando la grazia di Maria, “immacolata” per dono d’amore, è simbolo del mistero della vita che sempre accoglie il Bambino che ognuno di noi, in fondo, ha nel cuore.
Per i non credenti, la sfida è ritrovare una nuova “religione” fatta di sentimenti, responsabilità e obiettivi giusti e condivisi. Nella sobrietà e nel silenzio, con lo stupore puro del bambino interiore, riconoscere il vero senso della vita.
È il nuovo inizio di un mondo di speranza e di pace.
Sarà possibile ritrovare, per tutti, la gioia? Tanti auguri!