Come è cambiata la percezione della casa da parte degli italiani dopo la pandemia e il valore delle abitazioni è rimasto identico oppure è aumentato? L’analisi di Riccardo Pedrizzi, tra valore economico e simbolico della casa
La casa con le sue mura, le sue pareti è diventata il nostro rifugio, il luogo che ha protetto noi e la nostra famiglia durante la pandemia. Nelle nostre abitazioni è rinato lo spirito familiare e comunitario, dentro quattro mura si lavora e si lavorerà sempre più; da quel luogo si diramano e si hanno rapporti con tutto il mondo. La casa è tornata ad essere la “domus” di memoria romana come centro di affetto, di lavoro, di affari e di relazioni politiche.
È cambiato cosi il rapporto emotivo e sentimentale con la “nostra” casa, che è tornata ad essere il centro della nostra vita. Come una volta. Come quando tutta la famiglia si riuniva intorno alla tavola per il pranzo e la cena. Come quando i nonni di fronte al camino o intorno al braciere ( non esistevano ancora i termosifoni) ci raccontavano favole indimenticabili e, prima di mandarci a letto, a noi bambini facevano recitare le preghiere. Le quattro mura della nostra abitazione sono diventate la rocca del castello medioevale.
Altro che ponti, passerelle e scale mobili, si è tornati al castello fortificato, al territorio delimitato dall’aratro, ai confini per difendersi da malattie e dalle invasioni di tutti i generi.
E c’è chi ha la fortuna di stare bene nella propria casa e si sente a proprio agio ed è contento di passare tanto tempo nel calore familiare come me (e da buon napoletano faccio i proverbiali scongiuri) spera che tra le tante eredità negative, che ci ha lasciato la pandemia, ci sia stato per qualcuno la riscoperta della “casa, dolce casa”.
Quando facevo queste riflessioni durante la prima ondata della pandemia con la chiusura totale, avevo il timore di aver forse esagerato in questa descrizione idilliaca ed “amarcord” delle nostre abitazioni, poi è arrivato il Primo Rapporto Federproprietà – Censis su “Gli italiani e la casa”, che ha, con una quantità di dati, confermato tutti i “valori e le funzioni della casa nell’Italia post-pandemia” cosi come li avevo raccontati circa due anni fa.
Il 70,8% delle famiglie italiane è proprietaria della casa in cui vive, il 20,5% vive in affitto e l’8,7% ha una casa in usufrutto o a titolo gratuito. Il 28% delle famiglie proprietarie possiede altri immobili di proprietà. L’Italia è uno dei paesi avanzati con il più alto numero di proprietari di casa. Sono questi i dati aggiornati forniti dal Rapporto Federproprietà – Censis, che è stato presentato lunedì scorso nella sala del Cenacolo – Complesso Vicolo Valdina a Roma della Camera dei Deputati.
Dopo l’esperienza dell’emergenza sanitaria nell’Italia del post-pandemia stanno cambiando valori e funzioni della casa, evolvendosi da luogo del privato e familiare a luogo di una molteplicità di attività tradizionalmente svolti fuori. La casa acquista cosi un valore sociale che non è mai stato cosi alto. La relazione tra la casa e chi la abita diventa forte e si intensificano le aspettative future degli italiani. Il valore sociale della casa persiste e, anzi, ne esce rinsaldato proprio dall’esperienza della pandemia. La casa, dunque, diventa il centro nevralgico della vita degli italiani: 91% degli italiani considera la propria casa un rifugio; l’89,7% si sente tranquillizzato e rassicurato dall’essere proprietario dell’abitazione in cui vive; l’83,1% esprime la propria personalità attraverso la propria casa; al 78% degli italiani capita di trascorrervi gran parte del tempo libero.
Il covid 19 ha trasformato le abitazioni in luoghi di “salvezza”, molti italiani hanno scoperto un diverso approccio nel vivere la propria casa e, nonostante il venir meno delle restrizioni, hanno scelto liberamente di innovare il proprio modo di abitare. E’ cosi che la casa ha iniziato a ricoprire diverse tipologie di utilizzo: il 96,3% degli studenti in casa svolgono attività di studio e formazione a distanza; l’89,3% degli italiani cucina in casa; l’84,5% utilizza la casa come luogo di incontro per amici o parenti; il 78% trascorre in casa gran parte del proprio tempo libero; il 47,1% degli occupati vi svolge attività di lavoro smartworking; il 43,7% vi svolge attività di fitness; il 17,7%i vi svolge attività di cura e assistenza.
La casa, dunque, torna al centro dello stile di vita e diventa fattore di rassicurazione in tempi difficili, ben l’87,2% degli italiani dichiara che in relazione alle necessità familiari lo spazio in casa è adeguato e ben suddiviso. Per la maggioranza degli italiani le proprie abitazioni sono confortevoli: il 62,3% degli italiani dispone di una casa con più di un bagno; l’84,9% ha una stanza che svolge solo la funzione di tinello, sala da pranzo o soggiorno; il 69,2% ha un box auto; il 91,9% un terrazzo, giardino, o altro spazio aperto privato; il 57,3% una cantina.
E cosi mentre il valore sociale della casa si incrementa e sale, il valore economico traballa e scende.
Il 51,7% dei proprietari di casa è convinto però che il valore della propria casa non sia aumentato negli ultimi anni, trovando conferma nell’andamento del mercato che vede diminuiti i prezzi del -16,5%, anche il 53,2% dei risparmiatori ritiene che la casa non rappresenta la forma migliore di investimento, perché le spese per l’abitazione incidono molto sul bilancio economico delle famiglie e dei proprietari di casa: il 76,5% dichiara che le spese relative alla propria abitazione pesano sul budget familiare, mentre il 71,7% degli italiani è convinto che le tasse sulla proprietà delle case siano troppo alte.
Del resto la spesa media mensile delle famiglie per abitazione, acqua, elettricità, gas e altri combustibili è decollata, a causa dell’aumento dei costi di energia e materie prime: la spesa legata all’abitare è aumentata del +34,4% e per i beni energetici, l’inflazione raggiunge il +50,3%. L’88,9%.
Nonostante ciò, l’accesso alla proprietà della prima casa è desiderato ed è vissuto come una conquista che, però, raramente riesce a concretizzarsi in totale autonomia, sopratutto per i giovani. Anche da ciò nasce il pregiudizio che l’essere proprietario sia una prerogativa dei ceti benestanti.
Il ruolo della famiglia diventa così importante e rappresenta un ridistribuitore strutturale: i giovani sognano di comprare casa ma troppo spesso ne vengono ostacolati, infatti la spesa pubblica italiana destinata all’edilizia sociale è pari solo a circa l’1% del Pil. E molti sono esclusi da questo bene sociale perché disoccupati o impossibilitati a lavorare; perché fanno parte di ceti medi che stentano ad affrontare gli investimenti iniziali per acquisto casa; perché sono lavoratori a forte mobilità, o precari o anziani fragili.
Questo avviene perché la “casa/proprietà” è il pilastro su cui si regge la famiglia che ai nostri giorni è sotto attacco e, quindi, volendo demolire la famiglia se ne distruggono le fondamenta.