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Ratificare il Mes non vuol dire usarlo. E la Bce sbaglia quando…Parla Valerii

Il direttore generale del Censis: “Dalla ratifica di questo trattato dipenderà molto del ruolo che giocherà l’Italia sullo scacchiere internazionale”. E sulle pensioni: “È stato dimostrato che non esiste una correlazione tra i pensionamenti e la creazione di nuovi posti di lavoro. Dunque non si genera nuova occupazione anticipando le uscite dei lavoratori”. E sulle critiche a Lagarde, Crosetto non ha tutti i torti

“Deciderà il Parlamento”, dicono a più riprese dalla maggioranza. Ma sulla ratifica al Mes, il fondo salva-stati, è evidente che serpeggi un diffuso malumore. Per la maggioranza di Giorgia Meloni sarà indubbiamente una prova ardua. E, in gioco, c’è un aspetto da non sottovalutare: “La credibilità e il ruolo che l’Italia vorrà giocare sullo scacchiere europeo”. La vede così Massimiliano Valerii, direttore generale del Censis.

Direttore, in gioco ci sono i rapporti con Bruxelles per il nuovo esecutivo. Come si presente questa ratifica?

La questione del Mes ha due differenti letture che però, inevitabilmente, si intrecciano. Da un lato c’è la questione puramente economica. E su questo va chiarito un punto: la ratifica non prevede necessariamente l’utilizzo dello strumento. Altra questione, più problematica, è quella politica.

Quale sarà l’atteggiamento dell’Esecutivo su questo fronte?

Non ratificare il Mes sarebbe poco opportuno. Questo trattato assume un valore molto più politico, specie in un momento come questo. Mi pare che l’approccio al fondo salva-stati sia più che altro ideologico. Ed è da evitare. A mio modo di vedere, dalla ratifica di questo trattato dipenderà molto del ruolo che giocherà l’Italia sullo scacchiere internazionale. Se vogliamo giocare da protagonisti, bisogna ratificare il Mes. Fermo rimanendo che questa operazione consegnerebbe un’immagine più rassicurante del nostro Paese agli occhi dei mercati finanziari.

Il  19 gennaio governo e sindacati avvieranno un tavolo di confronto sulla più spinosa questione in campo: l’uscita dalla cosiddetta Riforma Fornero. Come si sta muovendo il Governo su questo versante?

La riforma Fornero è intrinsecamente sostenibile, perché lega l’età del pensionamento all’allungamento dell’aspettativa di vita. Dunque anche economicamente ha una sostenibilità d’acciaio. Se il governo, diminuendo l’età pensionabile ha un obiettivo politico, lo deve esplicitare. Posto che è stato dimostrato che non esiste una correlazione tra i pensionamenti e la creazione di nuovi posti di lavoro. Dunque non si genera nuova occupazione.

Ex post è arrivata poi una correzione del tiro, ad esempio sul tetto al pos. Però l’Ue ha bacchettato la manovra su questo punto. 

L’Unione Europea sta dando grande impulso per consolidare e diffondere sempre di più i metodi di pagamento elettronico. Se non si è d’accordo su questa linea, occorre andare in Europa, rimarcando le proprie ragioni e avere la forza politica di difendere la posizione. In alternativa, si gioca (e qui ritorna la questione come sul Mes) un ruolo di seconda linea.

Tra gli altri, il ministro Crosetto ha contestato l’annuncio del rialzo dei tassi da parte della Bce. Come la vede?

La Bce sta attraendo molte critiche per il fatto che, alzando ulteriormente i tassi, si rischia di compromettere la ripresa economica europea. Da una parte è vero che il mandato della Bce è quello di tenere l’inflazione attorno al 2%, ma noi abbiamo una situazione molto diversa da quella che si è profilata negli Usa e che ha portato la Fed a rialzare i tassi. In Italia abbiamo un’inflazione importata, non legata a un aumento di domanda interna. In questo modo si rischia di deprimere ulteriormente la domanda interna. Insomma la Bce sembra ostaggio degli automatismi che portano al rialzo dei tassi per contrastare l’inflazione a prescindere da un approfondimento del reale aspetto che determina il rialzo dell’inflazione.

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