“Ci sono Paesi molto ricchi che usano degli strumenti per influenzare le politiche di altri Paesi” ha avvertito il presidente della Camera commentando il QatarGate. Ecco cosa proponeva l’ex ministro Severino a Formiche prendendo spunto dalla legge americana Fara
“Chiederò sforzi a tutti i gruppi per iniziative legislative che rendano i deputati estranei a qualsiasi influenza straniera. L’Italia è un Paese libero finché i suoi rappresentanti sono liberi”. Così, durante gli auguri con la stampa parlamentare, Lorenzo Fontana, presidente della Camera dei deputati, ha annunciato un codice di comportamento per evitare influssi stranieri opachi a Montecitorio.
A breve sarà dunque istituito il comitato consultivo sulla condotta dei deputati per questa legislatura. La questione, ha spiegato Fontana, “non riguarda il finanziamento pubblico ai partiti, il problema è più serio: ci sono Paesi molto ricchi che usano degli strumenti per influenzare le politiche di altri Paesi”. Il QatarGate ha coinvolto però anche diversi funzionari. E così Fontana ha promesso “rigore anche per i dipendenti della Camera”, il cui codice è peraltro meno restrittivo di quello degli eletti. Le influenze possibili non vengono solo dagli Stati, ci sono “aziende private molto più potenti degli Stati”: l’idea è quella di “un registro dei lobbisti”, ha spiegato. Nella stessa occasione, riporta il Corriere della Sera, il presidente Fontana ha anche fatto mea culpa sulle magliette contro le sanzioni alla Russia da lui indossate nel 2014: “Erano particolarmente brutte. Era il 2014… diciamo errori di gioventù” (allora aveva 34 anni ed era europarlamentare da 5).
“Il monitoraggio delle attività straniere nel nostro Paese è diventato un tema attuale negli ultimi mesi. Ma, se ci guardiamo intorno vediamo un deserto normativo”, ha dichiarato Paola Severino, vicepresidente dell’università Luiss Guido Carli e già ministro della giustizia del governo Monti, a un recente evento di Formiche. La guerra ibrida però impone oggi un complesso di regole, su questo tema. “Alla luce dei riflessi potenzialmente critici di una completa deregulation sul punto, ritengo che sia fondamentale costruire un framework normativo in materia; nel fare ciò, un valido modello da cui trarre prezioso spunto è rappresentato dalla legislazione statunitense e nello specifico dal Foreign agents registration act, Fara”, ha detto Severino.
Sulla rivista Formiche, Severino ha proposto di guardare agli StatI Uniti, e nello specifico al Fara, come modello. L’aspetto “qualificante della disciplina è il fatto che il Fara non vieta alcuna attività specifica, piuttosto mira ad assicurare, attraverso simili obblighi, la trasparenza e, dunque, la tracciabilità di queste attività”, ha scritto. “Si tratta allora di un modello legislativo di riferimento interessante anche per il nostro Paese; sarebbe opportuno valutare se e in che misura, nonché con quali adattamenti necessari per tener conto del nostro diverso ordinamento, costruire una legge simile anche in Italia. Naturalmente una simile strategia di riforma andrebbe inquadrata pure in un contesto più ampio avuto riguardo al dibattito, in corso da diversi anni, sulla completa regolazione sul versante interno del lobbying, così da poter distinguere con precisione i confini tra lecito e illecito nelle attività di rappresentanza di interessi”, ha concluso.