Due papi per quale Chiesa? si sono chiesti in questi giorni di autoanalisi vaticane complessive i 130 Cardinali e gli oltre 300 Vescovi che hanno partecipato al funerale di Ratzinger come ad una sorta di pre Conclave. L’analisi di Gianfranco D’Anna
Due Papi una Chiesa. Un Pontefice defunto e un Papa regnante. La contemporanea presenza di due Vicari di Cristo sul sagrato di San Pietro fa aleggiare l’appello Ut unum sint, il richiamo all’unità dei cristiani del Concilio riproposto dall’enciclica di San Giovanni Paolo II, il Papa che ha profeticamente “iniziato” al magistero Petrino due assoluti protagonisti della fede, geograficamente e metodologicamente agli antipodi come Joseph Ratzinger e George Mario Bergoglio.
Commosse e solenni, ben oltre i velati tentativi del protocollo Vaticano di sottolineare il ruolo non effettivo di Ratzinger, le esequie inedite del Papa Emerito hanno superato tutte le attese e le previsioni di partecipazione e soprattutto di spontanea acclamazione popolare.
Un’acclamazione urbi et orbi conquistata a furor di popolo, di audience televisiva e di exploit mediatico dalla sublimazione teologica vivente e dall’esempio di santità di Benedetto XVI, unanimemente considerato un Padre della Chiesa, autore di saggi e testi ritenuti fondamentali per la dottrina, tanto da farlo paragonare a Sant’Agostino.
Dalla messa cantata in latino, al volto pietrificato del segretario particolare Mons. Georg Gänswein, al quale probabilmente sarà affidata col classico promoveatur ut amoveatur la guida di una diocesi tedesca, l’effetto Ratzinger caricatosi ben oltre la volontà dello stesso Benedetto XVI di tradizionalismo e misticismo ecclesiale, sembra comunque destinato a riverberarsi soltanto dietro le colonne del Bernini e a neutralizzare per non oltre qualche mese gli auspici di quanti evocano la coincidenza della scomparsa del Papa emerito per San Silvestro, il giorno che segna la fine e l’inizio degli anni, per sottolineare la fine di un’epoca ed il nuovo avvio del pontificato di Papa Francesco.
“Da vivi non ci piaciamo, da morti ci piangiamo” sottolineavano sulla falsariga delle riflessioni di Leopardi, alcuni porporati reduci dai due Conclavi che fra il 2005 ed il 2013 hanno determinato le elezioni di Ratzinger e di Bergoglio al Soglio di Pietro.
Due Papi per quale Chiesa? si sono chiesti in questi giorni di autoanalisi Vaticane complessive i 130 Cardinali e gli oltre 300 Vescovi che hanno partecipato al funerale di Ratzinger come ad una sorta di pre Conclave.
Un pre Conclave dinnanzi al quale con le stesse modalità di una cambiale, le dimissioni di Benedetto XVI sembrava stessero presentando il conto a dieci anni di distanza.
Una resa dei conti, confidano le interessate speranze degli ambienti curiali conservatori, per innescare un sottile processo di destrutturazione del papato di Francesco e un mea culpa sulle criticità che la Chiesa sta attraversando.
Riflessione che tuttavia, secondo gli ambienti vaticani, Bergoglio con la riconosciuta sottigliezza gesuitica coglierà e approfondirà per rilanciare invece alla grande il suo Pontificato: ripartendo cioè da Ratzinger.
Dalla tragedia della guerra alla assenza di pace, dagli tsunami climatici alle epidemie, dagli scandali finanziari alle tempeste incombenti del deep web, la parte oscura e criminale della rete, la Chiesa Universale si trova a fronteggiare sfide gigantesche che vanno affrontate adeguando l’infinita potenzialità umanitaria e caritatevole della fede all’altrettanto inesauribile capacità del pensiero e della ragione.
In attesa di verificare le possibilità di indire un eventuale Concilio Vaticano III, un’epocale assise mondiale della Chiesa Cattolica per sradicarla dal Medio Evo e proiettarla nel futuro, Papa Francesco pensa già di convocare nei prossimi mesi un Concistoro per nominare i nuovi Cardinali elettori in sostituzione di quelli che nel frattempo supereranno gli 80 anni previsti per partecipare al prossimo Conclave. Nomine che blinderanno l’elezione di un successore continuatore del Pontificato bergogliano.
Tre, al momento, i possibili candidati: il Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, Cardinale Matteo Zuppi, l’Arcivescovo di Vienna Cardinale Christoph Schönborn, e il segretario di Stato vaticano, Cardinale Pietro Parolin. Probabile anche l’elezione di un Cardinale africano.
Nei prossimi due anni dovranno essere nominati almeno 22 Porporati. Dieci nel 2023, quando il limite anagrafico sarà raggiunto dai Cardinali Bagnasco, Calcagno, Comastri, Duka, D’Rozario, Sandri, Sepe,Thorne, Yeom Soo Jung, Versaldi. E altri 12 Porporati nel 2024 al posto degli uscenti Gracias, Lacunza, Ladaria, Njue, O’Malley, Mangkhanekhoun, Onaiyekan, Oullet, Pengo, Piacenza, Porras e Ricard.
Potrebbe essere inoltre allo studio un consistente incremento del numero degli elettori del Sacro Collegio. Attualmente i Cardinali elettori, ovvero in età da Conclave, sono 125. Un numero esiguo rispetto alla capillarità e all’espansione delle Diocesi e delle Chiese nei singoli paesi di tutto il mondo.
Elevando, ipoteticamente, il numero dei componenti del Sacro Collegio del Conclave a 200 Cardinali, la creazione dei nuovi Porporati oltre ad incentivare l’evangelizzazione e le possibilità di carriera ecclesiale in Africa, America Latina, Asia e Australia, potrebbe incrementare le sedi Cardinalizie in Europa e soprattutto in Italia, dove non sono stati più nominati Cardinali Arcivescovi in Diocesi storiche e prestigiose come Milano, Venezia, Palermo e Torino.
Una ristrutturazione che sa di rivoluzione. Come in fondo sarebbe piaciuto anche ad un apparente conservatore come Ratzinger, che era in realtà un profondo innovatore, il rilancio della visione bergogliana dell’ecumenismo conciliare non solo prenderebbe in contropiede la risacca conservatrice, ma raggiungerebbe l’intento di aggiornare ed incanalare l’inarrestabile secolarizzazione della Chiesa conferendole una teologica allure di eternità. Un’eternità che lambisce l’infinito dello spazio attorno al sistema solare.