L’ex democristiano: “Furono i Ds con Prodi e Bassanini che vollero importare dagli Stati Uniti il modello dello spoils system. In questo modo tentarono di modernizzare il vecchio partito comunista, senza però avere un gran successo visti gli esiti che hanno ottenuto”. E sul progetto conservatore: “Positivi i contatti tra la premier e Weber. Ora aprire anche all’Alde”
“Lo spoils system? La sinistra lo ha mutuato dagli Stati Uniti e ora tentano di fare la morale a Meloni: mi pare davvero una sciocchezza”. Paolo Cirino Pomicino, ex democristiano di ferro, già ministro della programmazione economica, la vede così. In questi giorni sta montando la polemica sul giro di nomine che il governo, legittimamente, sta facendo in alcuni ruoli chiave dell’apparato statale. Ma non c’è nulla di che meravigliarsi. “Anzi, è più che legittimo”.
Pomicino, come si spiega queste polemiche?
Mi paiono davvero faziose. Perché, ripeto, furono i Ds con Prodi e Bassanini che vollero importare dagli Stati Uniti il modello dello spoils system. In questo modo tentarono di modernizzare il vecchio partito comunista, senza però avere un gran successo visti gli esiti che hanno ottenuto. Anzi, in qualche modo è un miracolo che sia resistita la democrazia parlamentare sotto un certo aspetto.
Si parla spesso di sostituire figure tecniche.
Non sono mai stato un grande amante dello spoils system, tanto più che lo ritengo adatto a uno Stato federale non a una democrazia parlamentare (seppure indebolita, proprio a causa del Mattarellum voluto dalla sinistra), come la nostra. Determinati ruoli sono ricoperti da figure tecniche, che nulla hanno mai avuto a che fare con la politica. Sono tecnici di carriera che, se ritenuti validi, possono anche essere lasciati al loro posto. Altra cosa sono invece i tecnici che sono più o meno esplicitamente espressione della politica. Questi ultimi, si devono gentilmente accomodare a casa.
Al netto della forma di governo e dell’assetto istituzionale, come mai non è un amante dello spoils system?
Perché se i ministri sono validi e hanno polso, il loro programma riescono ad attuarlo in ogni caso. Ricordo quando, durante il governo Amato, nel 1992, a fronte di un disavanzo di 38 mila miliardi, riconsegnammo un bilancio con un avanzo di tremila miliardi. Grazie, tra gli altri, a un direttore generale della ragioneria dello Stato, molto competente. Ma l’imprimatur deve essere politico.
Meloni e Manfred Weber si sono visti per la seconda volta. Prevede che si consolidi un asse tra popolari e conservatori in Europa?
Questa evoluzione dei conservatori verso il Ppe è fondamentale. Ed è molto positiva, perché apre scenari interessanti sullo scacchiere sovra-nazionale. Penso che parte di strategia sia frutto anche della presenza di Guido Crosetto all’interno di Fratelli d’Italia. Anzi, fu uno dei fondatori.
Che ruolo avrebbe il ministro Crosetto?
Ha una spiccata sensibilità per certi temi, come quelli legati alla politica estera. Crosetto fu il responsabile dei giovani della Dc a Torino, in anni ormai remoti. Questa sua provenienza ha due aspetti positivi. La visione e la diluizione, in seno al partito, di alcune vecchie nostalgie. L’unico consiglio che mi permetto di suggerire a Meloni è quello di allargare un’eventuale alleanza anche ai liberali dell’Alde. Anche se, con il Terzo polo italiano, tra personalismi e attacchi, si fa fatica a dialogare.