La deputata ha depositato un’interrogazione per sapere, alla luce delle restrizioni decise anche da Washington per ragioni di sicurezza nazionale, cosa intenda fare l’esecutivo in merito all’utilizzo dell’app cinese sui dispositivi in dotazione ai dipendenti pubblici. Delegato a rispondere è il ministro Zangrillo (Pubblica amministrazione)
Quali iniziative intende assumere il governo per “valutare eventualmente – solo laddove si rendano necessarie – misure di limitazione dell’utilizzo dell’applicazione TikTok pure sul territorio italiano, con particolare riguardo al suo impiego sui dispositivi in dotazione ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni, per salvaguardare la sicurezza nazionale”? Lo chiede Deborah Bergamini, deputata di Forza Italia, in un’interrogazione parlamentare al presidente del Consiglio dei ministri, Giorgia Meloni, a cui è stato delegato a rispondere il ministro della Pubblica amministrazione, Paolo Zangrillo. Nei giorni scorsi il Copasir ha deciso di avviare un’indagine conoscitiva sulla popolare app sviluppata dalla società cinese ByteDance.
Il recente divieto di accesso a TikTok su tutti i dispositivi federali è l’ultima restrizione imposta dall’amministrazione degli Stati Uniti alla piattaforma definita una “minaccia alla sicurezza nazionale” per i legami tra ByteDance e il Partito comunista cinese. In questa fase TikTok sta negoziando con le autorità di regolamentazione statunitensi e si è impegnata a difesa dei dati degli utenti americani ma l’amministrazione Biden rimane scettica. La piattaforma ha ripetutamente negato di condividere i dati degli utenti statunitensi con il governo cinese ma a dicembre ByteDance ha ammesso che dipendenti in Cina e negli Stati Uniti hanno tentato di identificare le fonti di due giornalisti statunitensi interrogando i dati personali dei giornalisti e delle loro connessioni su TikTok.
Il dibattito sulla sicurezza nazionale e TikTok si inserisce nel contesto dell’intensificazione della competizione strategica tra Stati Uniti e Cina, anche in ambiti come spionaggio, raccolta di dati e delle tecnologie emergenti. Anche gli alleati degli Stati Uniti, come l’Unione europea, hanno deciso di approfondire la questione TikTok. Due settimane fa, Shou Zi Chew, amministratore delegato di TikTok, si è recato a Bruxelles per incontrare la Commissione europea. Věra Jourová, commissaria europea per i valori e la trasparenza, ha espresso preoccupazione per il fatto che la piattaforma possa diffondere propaganda russa e sulla necessità di trasparenza dei processi riguardo la pubblicità politica su TikTok, che deve “riconquistarsi la fiducia dei regolatori Ue”, evidentemente smarrita. Didier Reynders, commissario alla Giustizia, ha detto al manager che TikTok potrebbe “fare di più” per quanto riguarda la rimozione dei contenuti d’odio dalla piattaforma.
Alcune settimane fa Christopher Wray, direttore dell’Fbi, aveva sottolineato il rischio per la sicurezza nazionale posto da TikTok. “Secondo la legge cinese”, ha affermato davanti alla commissione per la Sicurezza interna alla Camera dei rappresentanti, “le aziende sono tenute essenzialmente a fare tutto ciò che il governo vuole che facciano in termini di condivisione delle informazioni”. In poche parole, sarebbe il braccio destro di Pechino e “questo rappresenta un motivo sufficiente per essere estremamente preoccupati”. Anche per questo, scrive Bergamini nell’interrogazione, “è arrivato forse il momento anche per il governo italiano e il Parlamento di fare una riflessione su questa tematica che ha acceso un vivace dibattito oltreoceano”.