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Caso Cospito o caso Donzelli? Perché serve darsi una calmata

La priorità resta la condanna dei violenti veri, quegli anarchici che stanno compiendo atti gravi e minacciano di compierne di gravissimi. Le divisioni di questi giorni e la meschinità del dibattito sono solo benzina per il loro falò. L’obiettivo invece è spegnere questo fuoco terrorista e farlo con la più larga unità nel Paese

Se un marziano atterrasse in Italia in questi giorni farebbe probabilmente molta fatica a capire il senso del dibattito politico attorno alla figura di Alfredo Cospito. Forse vale la pena fornire una spiegazione. Ci sono infatti tre diverse questioni che si sovrappongono e che invece andrebbero trattate singolarmente e con il giusto peso.

La prima riguarda la vicenda di Cospito in sé, la proporzionalità della pena e quindi il dibattito sul regime carcerario. Il primo militante anarchico a finire al 41-bis è in sciopero della fame da oltre 100 giorni. Il 30 gennaio per ragioni mediche è stato trasferito al carcere di Opera, in provincia di Milano. Protesta contro l’applicazione nei suoi confronti del regime del “carcere duro”, e la possibilità dell’ergastolo ostativo che lo escluderebbe dai benefici penitenziari concessi ad altri carcerati.

Altra cosa è il rigurgito della violenza politica e la nuova minaccia da parte degli anarco-insurrezionalisti che si sono mobilitati in suo favore. Scritte, striscioni, cortei e presidi, ma anche azioni incendiarie contro alcune sedi diplomatiche in Italia, ad Atene, Barcellona e Berlino a cui si aggiungono le iniziative annunciate per i prossimi giorni per le quali nella Capitale è stato innalzato il livello di sicurezza.

Infine, le dichiarazioni di Giovanni Donzelli e i dettagli emersi dai documenti in possesso del sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro. Il deputato di Fratelli d’Italia nel riferire in Aula di conversazioni che sarebbero avvenute tra Cospito e alcuni boss, ha fatto riferimento a una visita in carcere all’anarchico da parte di alcuni parlamentari del Pd. “Questa sinistra sta dalla parte dello Stato o dei terroristi con la mafia?”,  ha tuonato il vicepresidente del Copasir. Secondo l’opposizione, inoltre, le conversazioni citate da Donzelli sarebbero contenute in documenti secretati, che non andavano letti in Aula (Delmastro oggi smentisce al Corriere della Sera: “Non sono classificati, né secretati e nemmeno riservati”) .

In un Paese normale, la protesta di Cospito difficilmente avrebbe la visibilità che ha invece da noi. E anche le parole di Donzelli – certamente infelici – sarebbero archiviate rapidamente. In un Paese normale, tutta l’attenzione sarebbe invece concentrata sulle gravissime vicende di estremismo violento guidate dal movimento anarchico, che vedrebbero una risposta tanto forte quanto unitaria. In Italia accade il contrario e il tema della violenza politica è relegata, se va bene, alla pagina della cronaca.

Siamo sicuri che il signor Cospito, con tutto rispetto, meriti tutte queste prime pagine? D’altra parte, il linciaggio politico contro Donzelli e Delmastro sembra avere più effetti dell’errore commesso dall’esponente di spicco di Fratelli d’Italia durante “l’appassionato” intervento in Aula alla Camera. 

Detto questo, serve darsi una regolata. Devono darsela i parlamentari di FdI che rischiano solo di offuscare il lavoro della loro leader a Palazzo Chigi che ieri è intervenuta per affermare che “la sfida non è al governo, la sfida è allo Stato e lo Stato ci riguarda tutti, non è un tema politico” e devono darsela gli esponenti dell’opposizione. È chiaro che il Pd in vista del suo congresso punti a costruire un “nemico” che possa giustificare la propria identità politica in una logica di contrapposizione. Ma Enrico Letta ha già dimostrato come l’agitare spettri (del fascismo, di regimi, di crisi della democrazia) a ogni piè sospinto non paga né politicamente e neppure elettoralmente.

La vera priorità resta la condanna dei violenti veri. Gli anarchici. Le divisioni di questi giorni e la meschinità del dibattito sono solo benzina per il loro falò. L’obiettivo invece è spegnere questo fuoco terrorista e farlo con la più larga unità nel Paese.

Per il momento possiamo concludere sconsolati che il marziano atterrato in Italia penserà, non a torto, che i veri “marziani” sono proprio gli abitanti di questo spicchio del pianeta.



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