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E se Macron stesse sbagliando (ancora)? La tela di Meloni

Siamo sicuri che le prove muscolari del presidente transalpino possano essere vincenti? Per Parigi sembra un lose-lose game, tra il rischio isolamento e quello di alimentare una politica italiana più polarizzata e antifrancese

Aveva definito la Nato cerebralmente morta e decantato una poco dettagliata autonomia strategica dell’Unione europea salvo poi rendersi conto della realtà con l’invasione russa dell’Ucraina. Aveva criticato l’Aukus salvo poi cercare adesso di aggregarsi ad Australia, Regno Unito e Stati Uniti. Aveva cercato fino all’ultimo, e oltre, il dialogo con Vladimir Putin, senza successo. Lo stesso dicasi della missione europea in Mali che aveva voluto guidare.

Chi è (e chi si crede di essere) Emmanuel Macron?

Siamo sicuri che le prove muscolari del presidente francese con Giorgia Meloni possano essere vincenti? La Francia rischia di essere più isolata in Europa e se invece di riuscire a umiliare il presidente del Consiglio italiano avrebbe come effetto solo una politica italiana più polarizzata e antifrancese. Per Parigi questo sembra essere un lose-lose game in cui Olaf Scholz, cancelliere tedesco, sarà ricordato come il miglior attore non protagonista.

È quanto hanno suggerito due fatti: la cena di mercoledì sera all’Eliseo che il presidente Macron ha organizzato per il leader ucraino Volodymyr Zelensky invitando soltanto il cancelliere Scholz; il viaggio negli Stati Uniti dei ministri delle Finanze francese (Bruno Le Maire) e tedesco (Robert Habeck) per parlare da soli con l’amministrazione Biden impegnata a mettere a terra i 370 miliardi di dollari dell’Inflation Reduction Act.

Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del Made in Italy, l’ha scandito giovedì al collega francese Le Maire in modo franco e diretto: che la risposta dell’Europa al piano americano non può che essere “comune” secondo i principi di coesione e solidarietà. “L’invio di segnali diversi rischia di ingenerare false aspettative oltreoceano e di spaccare il fronte interno all’Unione europea ritardando il processo decisionale”.

Inevitabilmente, le frizioni interne alla maggioranza hanno creato difficoltà a livello internazionale al presidente del Consiglio. Un esempio? La soddisfazione del leader leghista Matteo Salvini, vicepresidente del Consiglio e ministro delle Infrastrutture e dei trasporti, per la mancata partecipazione in video del presidente ucraino Zelensky al Festival di Sanremo.

Ma attenzione. Sarebbe un errore pensare che l’Italia di Meloni sia isolata o messa da parte da qualcuno. O peggio, che sia soltanto Visegrád (la cui salute, peraltro, non è eccezionale). Basti pensare alla Svezia, Paese sempre più centrale negli equilibri geopolitici europei e Nato.

Appare evidente, infatti, il tentativo di Meloni di giocare una partita fuori dal giardino di casa dimostrando pragmatismo e capacità di adattamento in quanto leader politico alla guida di un governo politico.

Lo dimostrano l’impegno per il rafforzamento del ruolo italiano nel Mediterraneo allargato con dossier cruciali come energia, migrazioni e processi democratici, il dialogo con il primo ministro polacco Mateusz Morawiecki (una spina nel fianco per il cancelliere tedesco Scholz) e il consolidamento dei rapporti politici, economici, industriali e di sicurezza con il Regno Unito in vista della firma dell’accordo bilaterale. Senza dimenticare l’attenzione a quanto accaduto nell’Indo-Pacifico. Basti pensare che due mesi fa Italia e Regno Unito hanno annunciato a inizio dicembre un accordo con il Giappone per il caccia di sesta generazione, il Global combat air programme (Gcap) che unisce l’anglo-italiano Tempest e il giapponese F-X.

Senza tralasciare neppure l’intenso, e per certi versi inedito, lavoro diplomatico con gli Stati Uniti. Da dove sono arrivati nelle ultime ore anche gli elogi della rivista American Mind, pubblicazione del think tank conservatore Claremont Institute. “Contro Bruxelles, Meloni ha scelto l’asse Washington-Londra dell’alleanza transatlantica in parte perché ha una genuina affinità con il conservatorismo di stampo anglosassone e in parte perché questa fazione è meno interessata alle politiche interne dell’Italia”, si legge. “C’è anche la realtà che la maggior parte degli americani ha una forte affinità con l’Italia, mentre i nordeuropei tendono a essere sprezzanti e snob nei confronti dell’Italia come Paese e degli italiani come popolo”.

Forse è vero che, come sostiene il professor Lorenzo Castellani della Luiss, “l’ubriacatura geopolitica degli ultimi anni ha fatto perdere a molti il senso della misura” sul ruolo dell’Italia in Europa e nel mondo. Certo, più che guardare i singoli episodi per strapparsi i cappelli, sarebbe meglio unire i puntini.


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