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L’eredità di Enrico Mattei e il futuro dello spazio italiano. Il punto di Spagnulo

Pochi sanno che l’Italia è diventata una potenza spaziale sin dagli anni Sessanta, anche grazie al presidente dell’Eni Enrico Mattei. Un’eredità da conoscere e da tenere a mente per il futuro. L’opinione dell’ingegnere ed esperto aerospaziale Marcello Spagnulo

Il 15 dicembre 1964 l’Italia lanciò in orbita il satellite San Marco 1, interamente progettato e realizzato all’università La Sapienza di Roma, a bordo di un lanciatore Scout decollato dal poligono della Nasa a Wallops Island.

Nel pieno della corsa alla Luna tra americani e russi, l’Italia divenne il terzo paese al mondo a lanciare un satellite nello Spazio. Fu un’impresa umana che avvicinò – con le debite proporzioni – il nostro paese a quelle capacità tecnologiche appannaggio delle superpotenze.
In realtà, Parigi rivendica a sé il primato che soppianterebbe Roma sul terzo posto del podio, perché nel 1965 i francesi lanciarono il satellite Asterix dal poligono algerino di Hammaguir, mentre per lanciare il San Marco l’anno prima gli italiani si fecero prestare un razzo dagli americani. Però, tutte le operazioni di lancio con ampia delega operativa furono affidate al team de La Sapienza addestrato negli Usa.

Al punto che nel 1967 il San Marco 2 decollò da una piattaforma di lancio tutta di proprietà italiana ancorata al largo delle coste del Kenya davanti a Malindi.

Ed è qui l’eredità spaziale di Enrico Mattei. Questi, infatti, cedette per una lira simbolica la piattaforma petrolifera “Scarabeo” al gruppo di ricercatori capeggiati da Luigi Broglio, padre dell’astronautica italiana, generale dell’Aeronautica e professore della Sapienza a Roma.

Quando nel 1961, egli propose al governo l’ambizioso progetto San Marco per lanciare dei satelliti da una piattaforma offshore posizionata all’equatore era ben consapevole che l’Italia non poteva permettersi da sola di perseguire un tale programma e così si attivò per convincere l’amministrazione della Casa bianca a collaborare. Infatti, il 7 settembre 1962 a Roma l’allora ministro degli Esteri italiano Attilio Piccioni e il vice presidente americano Lyndon Johnson siglarono l’accordo di collaborazione per il progetto San Marco.

Quello di Broglio, supportato da Mattei, fu un successo diplomatico ma che di fatto entrò in collisione con la nascente governance spaziale europea dell’Esa. Però, pose il nostro paese su una frontiera tecnologica e geopolitica di assoluto rilievo.

L’idea geniale di Broglio e del suo team fu quella di usare come base di lancio una piattaforma sul mare, così da non avere problemi né di azimut di lancio né di ricaduta degli stadi. Il Kenya fu identificato come luogo ideale per i lanci sull’equatore. Restava il problema della base e così Broglio contattò Mattei per chiedergli la fornitura di una piattaforma di estrazione petrolifera da adibire a base di lancio.

Dopo una serie di brevi incontri conoscitivi durante i quali Broglio espose al presidente dell’Eni i suoi piani questi decise di fornire una piattaforma in disuso, la “Scarabeo” appunto. L’8 agosto 1962 Broglio scrisse a Mattei la seguente lettera: “Onorevole Ingegner Mattei, mi riferisco al colloquio con Lei avuto alcuni giorni fa, alla presenza dell’On. Giorgio La Pira, Sindaco di Firenze. Spero che, nel frattempo, Ella abbia avuto occasione di parlare della questione dello “Scarabeo” all’ingegner Girotti, e mi permetto quindi di rinnovarle la viva preghiera perché con il Suo alto interessamento, la piattaforma in questione possa essere utilizzata per la fine dell’ottobre prossimo venturo dalla commissione Ricerche spaziali del Cnr”.

Mattei diede a Broglio la piattaforma che venne adattata a base di lancio presso il porto di Taranto e poi trasportata con un viaggio di 8mila chilometri in Kenya. Un’impresa degna di un romanzo di avventura, mirabilmente raccontata nel bel libro “Il lancio perfetto” di Francesco Pinto, lettura imperdibile per conoscere il nostro passato spaziale con la lente di un romanzo.

Broglio ribattezzò la piattaforma “Santa Rita” in onore della Santa considerata la protettrice delle imprese impossibili alla cui intercessione ricorrere nei casi che sembrano disperati, caratteristiche che sembravano ben ritagliarsi per il progetto San Marco.

Invece, dalla piattaforma ancorata al largo delle coste di Malindi decollarono con successo diversi razzi Scout fino al 1988. Poi, fu abbandonata. L’Agenzia spaziale europea creata nel 1975 sosteneva il sito francese di Kourou come poligono di lancio europeo e l’Italia, paese fondatore dell’Esa, non poteva sostenere due infrastrutture di lancio separate.

Eppure, quella base frutto dell’inventiva e della creatività del genio italico fu la prima al mondo su piattaforma oceanica per i lanci equatoriali, e divenne realtà grazie alla lungimiranza e all’intelligenza di persone come Luigi Broglio ed Enrico Mattei che seppero vedere il futuro dell’Italia anche “nella nebbia, in attesa del sole” come recita il titolo del bel libro-intervista a Broglio di Giorgio Di Bernardo.

Oggi il governo italiano rilancia il “piano Mattei per l’Africa” in un contesto geopolitico globale in cui inventiva e creatività rappresentano qualità quanto mai necessarie per riposizionare adeguatamente il nostro paese sullo scacchiere mediterraneo e internazionale. Alla luce della lezione di Mattei e di Broglio sarebbe opportuno recuperare con rinnovata visione infrastrutturale e strategica, ciò che fu fatto a Malindi negli anni Sessanta.

Anche perché la base italiana in Kenya, che oggi si chiama Luigi Broglio Space Center, è ancora attiva ma solo come stazione di terra per il tracking dei satelliti e della stazione spaziale Iss. Ma la bandiera tricolore è sempre issata all’ingresso del sito, e con visione e strategia potrebbe sventolare ancora più in alto.

*Negli anni Ottanta all’Università La Sapienza di Roma l’autore è stato studente del professor Luigi Broglio, dalla cui voce ha ascoltato racconti ed esperienze che hanno ispirato la sua formazione e quella di tanti altri ingegneri italiani (n.d.a).



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