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Regionali, Meloni über alles, perdono Lega FI e Pd

Pochi vincitori e molti vinti dietro le quinte delle regionali. Nonostante la doppia affermazione del centrodestra, con Fontana confermato presidente della Regione Lombardia e Rocca eletto presidente della Regione Lazio, l’analisi del voto evidenzia una vera e propria svolta politica non soltanto per l’opposizione ma soprattutto per la maggioranza di governo

Scene da una sconfitta multipla e da una vittoria singola. Il diagramma istantaneo delle regionali fa corrispondere al successo di Giorgia Meloni, il default più cocente di Matteo Salvini, Silvio Berlusconi e del Pd che perdono in casa e in trasferta.

All’atmosfera da rien ne va plus les jeux sont faits di via Bellerio, dove si aggira il fantasma di Matteo Salvini, si contrappone l’arrampicata sugli specchi della corte berlusconiana che tenta di giustificare l’ennesima emorragia di volti di Forza Italia. Mentre al Nazareno, sede vacante di un Pd in balia delle primarie, il paso doble della débâcle elettorale è figlio di nessuno e certifica anche il soprasso del Conte party, come tutti chiamano i 5 Stelle, rispetto agli eredi di quelli che erano i più grandi partiti del la prima e della seconda repubblica.

Alla Lega non sanno che pesci pigliare. Ammettere o negare? Aggrapparsi alla vittoria targata Fratelli d’Italia di Attilio Fontana e optare per un arretramento dignitoso, oppure lasciarsi andare a una sconfitta arrogante? Interrogativi che tendono ad usare come alibi l’amara constatazione che il vero protagonista delle regionali risulta essere il partito dell’astensione, mai così estesa e refrattaria all’attività politica amministrativa della propria regione.

La 19^ legislatura inizia praticamente a San Valentino. L’uno due Milano-Roma, rafforza il feeling fra la premier e l’elettorato, stabilizza il governo e divide ulteriormente le opposizioni. Dagli equilibri, spesso tesi e comunque sempre antagonisti e concorrenziali fra Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia alle scelte economiche, di politica estera, della giustizia, dalla Rai alle nomine delle partecipate, nulla sarà più come prima. Georgia über alles è il senso del new deal.

Dalla scomposizione e aggregazione statistica, l’analisi dei risultati di Lombardia e Lazio evidenzia risvolti di notevole rilevanza politica. Il più evidente riguarda le percentuali di Pd, 5 Stelle e terzo polo che sommati assieme equivalgono o sfiorano la percentuale conseguita dal centrodestra unito. L’opposizione plurale lascerà insomma campo libero per l’intera legislatura ed oltre, all’attuale o ad una nuova aggregazione di centrodestra.

Una aggregazione che la tumultuosa evoluzione del confronto fra le componenti in ordine sparso di Lega e Forza Italia ed il monolite di Fratelli d’Italia lascia già intravedere all’orizzonte. Se non altro lungo le linee di frattura degli azzurri più o meno vicini a Berlusconi o a Tajani e dei legisti diversamente equidistanti dal leader.
La radiografia dei voti del centro destra amplifica infatti il ruolo trainante di Fratelli d’Italia che soprattutto nelle province lombarde, baricentro esistenziale della Lega e roccaforte della politica del fare del Cavaliere, catalizza più consensi dei due alleati messi assieme.

A cinque mesi dalle politiche, nonostante i ministeri e il sottogoverno, l’evaporazione leghista non si è arrestata. Un dato che aumenta notevolmente il piano già inclinato della segreteria di Matto Salvini, che dal governo con i 5 Stelle anche se ininterrottamente in prima fila nell’esecutivo, colleziona una sconfitta dopo l’altra. Impossibile lasciare passare anche questa nuttata…

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