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Entro il 2030 servono 5mila miliardi di investimenti per non bloccare il flusso di petrolio

Anche se puntiamo su nuove tecnologie per ridurre le emissioni di gas serra, serviranno notevoli risorse per petrolio e nel gas durante questa transizione, altrimenti nel giro di pochi anni ci si troverà con una riduzione di flussi delle materie prime energetiche che ancora guidano i processi produttivi

Secondo un nuovo rapporto pubblicato dall’International Energy Forum (IEF) e da S&P Global Commodity Insights gli investimenti annuali nel settore del petrolio e del gas devono aumentare del 28% per raggiungere i 640 miliardi di dollari entro il 2030.

Ossia, secondo due dei principali osservatori dei mercati delle materie prime e dell’energia, per mantenere il flusso di petrolio generale sufficiente a soddisfare la richiesta globale, serve di sistemare le infrastrutture interne nei vari Paesi produttori. Senza sviluppi certi, il rischio è di rimanere a secco di greggio. Da notare che nel report si valuta che entro il 2030 la domanda sarà comunque alta, nonostante i processi di transizione energetica siano già lanciati. Questo anche perché la guerra russa in Ucraina, che tra una settimana compirà il primo anno, e prima ancora la pandemia hanno rallentato i processi di transizione, dimostrando quanto ancora la dipendenza energetica generale sia collegata al mondo degli idrocarburi, gas e petrolio. E quanto essa sia collegate ai sussulti degli affari internazionali. 

“Mentre aumentiamo gli investimenti nelle energie rinnovabili e perseguiamo la transizione energetica, dobbiamo anche aumentare gli investimenti nel settore del petrolio e del gas per sostenere l’economia globale e proteggere la qualità della vita di tutti”, ha dichiarato Joseph McMonigle, Segretario generale dell’IEF.

Secondo il rapporto, nel 2022 la spesa in conto capitale è aumentata del 39% rispetto all’anno precedente, raggiungendo i 499 miliardi di dollari, il livello più alto dal 2014, ma le trivellazioni sono rimaste al di sotto dei livelli pre-pandemici a causa dell’inflazione che ha intaccato la spesa. Il numero di impianti di perforazione è aumentato del 22% nel 2022, ma è ancora inferiore del 10% ai livelli del 2019.

La ripresa del 2022 ha segnato un cambiamento rispetto ai due anni precedenti, quando la spesa era crollata a causa del Covid, che ha contribuito a un irrigidimento dei mercati energetici globali, a picchi di prezzo e a carenze di gas naturale.

“L’economia globale continua a necessitare di un approvvigionamento di idrocarburi adeguato e a prezzi ragionevoli, parallelamente all’aumento delle energie rinnovabili e delle tecnologie a bassa emissione di carbonio”, ha dichiarato Daniel Yergin, vicepresidente di S&P Global. “Il futuro energetico deve essere sicuro e conveniente, oltre che sostenibile. Per questo futuro sono essenziali investimenti adeguati che evitino carenze e impennate dei prezzi, nonché le difficoltà economiche e le turbolenze sociali che ne derivano.”

Secondo il rapporto, da oggi al 2030 saranno necessari 4.900 miliardi di dollari per soddisfare le esigenze del mercato, anche se la crescita della domanda di petrolio e gas dovesse rallentare (“dovesse”, perché in un tempo breve, come i sette anni che ci separano da quella scadenza, è difficile che si apprezzino diminuzioni e soprattutto di dimensione sensibile).

“Come abbiamo visto l’anno scorso, gli alti prezzi dell’energia e la volatilità hanno effetti disastrosi sulle famiglie di tutto il mondo, colpendo più duramente le persone più povere. Gli scarsi investimenti nel petrolio e nel gas minacciano la sicurezza energetica e bloccano i progressi verso gli obiettivi climatici, aumentando la dipendenza da opzioni ad alta intensità di carbonio”, ha aggiunto McMonigle.

Secondo il rapporto, se i Paesi consumatori vogliono sostenere i mercati, devono inviare segnali chiari sulla domanda futura, costruire e mantenere scorte sufficienti, sostenere contratti di acquisto a lungo termine ed evitare politiche proibitive. La spinta sui contratti di acquisto di lunga durata è una necessità che molti Paesi produttori stanno esponendo ai loro clienti: con essi potrebbero avere maggiori garanzie e dunque procedere più serenamente agli investimenti, nonostante il peso della transizione.

Inoltre, gli operatori hanno bisogno di un certo livello di garanzia e di certezza fiscale per investire in progetti ad alta intensità di capitale e a lungo ciclo. Secondo il rapporto, con l’evolversi dei rischi, saranno sempre più costretti a impegnare il capitale o richiederanno rendimenti più elevati per farlo.

“L’offerta futura deve superare un hurdle rate accettabile che tenga conto dell’incertezza politica, della variabilità dei prezzi del petrolio e del gas e, sempre più spesso, delle ipotesi di carbon-price”, si legge nel rapporto.

Inoltre, i governi dovrebbero basare le politiche su prospettive realistiche della domanda di energia e garantire forniture energetiche adeguate e accessibili durante la transizione. “I governi devono assicurarsi che le ipotesi non sottovalutino la crescita della domanda energetica proveniente dall’80% della popolazione mondiale nei Paesi in via di sviluppo”, continua il report.

McMonigle ha detto che: “Non abbiamo ancora alternative valide al petrolio e al gas per alimentare l’industria pesante, la produzione alimentare o la plastica. La transizione verso un’economia a zero emissioni di carbonio è quindi impegnativa e richiederà tempo e innovazione. Anche se investiamo in nuove tecnologie per ridurre le emissioni di gas serra, dobbiamo anche investire nel petrolio e nel gas durante questa transizione”.

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