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Basta “spionaggio”, la riforma dell’intelligence è anche nelle parole. Scrive Pasqualini

Di Maria Gabriella Pasqualini

Formiche.net ha lanciato un dibattito aperto sulla possibilità di riforma dei servizi informativi. L’intervento di Maria Gabriella Pasqualini, studiosa e docente dei servizi di sicurezza, autrice del volume “Storia politica della legislazione italiana dell’intelligence (1970-2021)” edito da Rubbettino

Rinnovare, apportare mutamenti o utilizzare al meglio le strutture già esistenti? Sembra opportuno dopo 15 anni di applicazione o di non applicazione integrale, ripensare e valutare quelle che sono le norme ordinative in atto per un settore molto delicato, necessario alla sicurezza nazionale, che non è solo la raccolta informativa ma anche l’analisi attenta delle notizie che giungono sulle scrivanie di coloro che risiedono in madrepatria, per una corretta valutazione geopolitica, in rapporto ai nuovi orizzonti internazionali di una globalizzazione sempre più forte e sempre più pericolosa.

Il lungo studio che ho recentemente fatto sugli Atti parlamentari (confluito in un volume a stampa), che hanno condotto alla legge numero 801 del 1977, alla 124 del 2007 e quella 133 del 2012, mi ha convinto che sia la 124 sia la successiva, di ‘manutenzione’, 133 siano un impianto di buone strutture ordinative, certamente migliorabili. È venuto poi a completare il sistema, il decreto-legge del 14 giugno 2021 che ha istituito l’Agenzia per la cybersicurezza nazionale, dando la definizione dell’architettura nazionale di cybersicurezza, per la necessità e urgenza di tutelare importanti e strategiche infrastrutture già presenti o in via di realizzazione. Sembrerebbe una prima definizione che ancora necessita di ulteriore miglioramento, probabilmente nel settore crittografico e di decifrazione, per quanto riguarda soprattutto l’avanzatissima tecnologia attuale (algoritmi, intelligenza artificiale, eccetera) non potrà mai comunque sostituire quella umana, ma dare un valido aiuto alla comprensione più corretta e predittiva delle notizie avute.

La normativa vigente, insieme alla corposa giurisprudenza di riferimento che spesso si dimentica, forma l’ossatura giuridica sulla quale si basa una politica informativa (intelligence) trasparente: essa si deve adeguare continuamente alle nuove sfide globali e può avere sicuramente interessanti aggiustamenti in futuro, sulla base dell’evoluzione della geopolitica internazionale. Importante è anche il ruolo dell’Italia in una Europa che deve prendere posizioni geo-strategiche, soprattutto dopo la crisi afghana dell’agosto 2021 e l’attuale conflitto Russia-Ucraina, forse solamente con una “difesa comune”, cioè un esercito europeo e con una intelligence integrata fra i 27 membri, problema di cui spesso si scrive. Questo è un punto decisamente complicato e difficile da organizzare: siamo di fronte a sistemi di intelligence che sono nati e hanno prosperato durante periodi storici molto diversi dai nostri, Stati fondatori dell’Europa unita. È inutile nascondersi alcune verità: la visione professionale dell’operatore nell’intelligence di alcuni Stati dei Balcani, sarà ancora, probabilmente, molto diversa, fino a quando, per motivi di età, scompariranno coloro che ne avevano fatto parte in altri tempi.

Gli organismi informativi, debbono costituire in assoluto la vera “conoscenza” di quel che accade e avere operatori con grandi qualità professionali per analisi geo-politiche, anche e soprattutto predittive, adeguate alle sfide del momento. Non è certo facile fare analisi di quel che si viene via via a sapere e soprattutto fare analisi anticipatorie di ciò che può succedere, perché bisogna usare pensiero, intuizione, conoscenza approfondita della storia e della geografia, esperienza, per comprendere in anticipo quello che l’avversario o il competitore potrebbe fare; formulata una ipotesi, confermarla o escluderla per l’eventuale attività operativa di contrasto richiesta. Ma questa è la parte più complessa dell’analisi d’intelligence ed è necessaria una formazione professionale specifica di anni, teorica e, soprattutto, sul campo e/o degli idiomi locali, che peraltro molti dei nostri analisti in servizio hanno.

La lettura accurata che ho fatto degli Atti parlamentari dal 1970 ai giorni nostri mi vede in completo accordo con quanto ha scritto Elio Vito, su queste pagine, quando ha iniziato il suo articolo così: Aiuto! Qualcuno aiuti il Parlamento italiano a non combinare danni, in uno dei momenti più difficili della storia contemporanea e in uno dei settori più delicati, quello della sicurezza nazionale”. Sottoscrivo.

Non è assolutamente facile dare una valida cornice giuridica a mutamenti strutturali per i servizi informativi e per adeguarli a nuove sfide territoriali internazionali perché necessita da parte di chi in Parlamento concorre a questa cornice, uno studio meditato e approfondito di quello che vuol dire interesse nazionale, sicurezza nazionale, per comprendere quale cornice dare a uno dei settori più delicati dell’ordinamento legislativo italiano. Bisognerebbe anche cessare di indicare questo settore con spionaggio, parola ancora usata con una valenza molto spesso negativa.

Bisogna far comprendere a tutti, deputati compresi, che il settore informativo è una delle competenze di responsabilità istituzionale, necessarie per la sicurezza dello Stato, in senso offensivo e difensivo, indipendente da ideologie prestabilite.

Per quanto riguarda l’ipotesi di creazione di un Consiglio per la sicurezza nazionale, personalmente ritengo che potrebbe essere opportuna, ma questo dovrebbe essere realmente attivo, non solo organo di facciata e i membri di questo Consiglio nazionale dovrebbero essere non solo dei politici, particolarmente consapevoli e a conoscenza dei problemi che questo suo settore comporta, indipendentemente dalla loro afferenza politica, ma anche professionisti del settore, che hanno avuto esperienze di direzione o sul campo, evitando peraltro una pletora di membri, che spesso non porta poi a risultati concreti.

Sono d’accordo con il prefetto Adriano Soi quando, riferendosi al Comitato interministeriale per la sicurezza della repubblica (CISR), indica che questo nonostante sia così importante collegialmente per il sistema di informazioni repubblicano, sia stato finora poco attivo o poco utilizzato. Forse la struttura di questo comitato potrebbe essere rivista e resa più agile nella sua composizione. È un argomento da studiare a fondo.


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