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Pechino scopre la crisi delle banche e riscrive la vigilanza​

Tra sofferenze fuori controllo, mutui restituiti o troppo tardi o troppo in fretta e agonia del mattone, per gli istituti del Dragone si mette male. E così il governo mette mano alla vigilanza, cercando di isolare le banche buone da quelle cattive​

Non è un’ammissione, ma poco ci manca. La Cina scopre, o meglio, riscopre la crisi delle proprie banche. Più volte Formiche.net ha dato conto dei gravi problemi che affliggono gli istituti della seconda economia globale. Dall’esplosione delle sofferenze, ai prestiti al settore immobiliare e mai più rivisiti, fino al rientro precipitoso dei mutui concessi alle famiglie, sull’onda dei tassi più accomodanti. Tutto questo ha impattato fortemente sul settore, spingendo non poche banche a navigare in cattive acque.

Ora Pechino sembra essersi resa conto del problema, arrivando ad allestire in fretta e furia una piccola riforma del credito. Si tratta, nella pratica, raggruppare gli istituti in tre diverse categorie, sulla base dei rischi legati al patrimonio. Ci sono per esempio gli istituti più esposti a un potenziale default, poi quelli che stanno bene ma non troppo e poi quelli più sani. L’obiettivo è di isolare le bad bank dal sistema più in salute.

E così, l’autorità di regolamentazione bancaria cinese e la Pboc, l’istituto centrale del Dragone, hanno inteso adottare un sistema normativo differenziato per valutare l’adeguatezza patrimoniale e la gestione del rischio delle banche commerciali, al fine di prevenire meglio i rischi nel sistema finanziario del Paese. Per questo la China Banking and Insurance Regulatory Commission e la People’s Bank of China hanno pubblicato congiuntamente progetti di norme che suddivideranno le banche in tre gruppi, in base alle dimensioni dell’attività e al livello di rischio.

Gli istituti con le spalle più larghe e con passività corpose, saranno quindi tenute a rispettare requisiti patrimoniali più severi e dovranno divulgare maggiori informazioni alle autorità di regolamentazione, aumentando il livello di trasparenza. Tra gli obblighi, la misurazione più minuziosa dell’esposizione al rischio ai prestiti più delicati, quelli immobiliare, alias i mutui. Per le altre due categorie di banche, invece, le regole saranno decisamente più morbide. Quello che però conta per il governo cinese, è stringere i bulloni sulle realtà finanziarie più malmesse, così da isolarle dalle restanti e creare un sistema del credito a compartimenti stagni.

L’ultima tegola per la finanza cinese arriva direttamente dalla revisione dei tassi da parte della Pboc, la scorsa estate. L’abbattimento del costo del denaro ha infatti prodotto un effetto collaterale che forse sarebbe stato opportuno prevedere. Le rate dei mutui contratti per l’acquisto di un’abitazione sono improvvisamente diventate più leggere e, conseguentemente, molti nuclei hanno deciso di velocizzare il rimborso dei prestiti per evitare che, un nuovo e possibile rialzo dei tassi, possa un domani rendere il debito nuovamente troppo pesante. In altre parole, finché costa meno onorare gli impegni con la banca, è il ragionamento di fondo, tanto vale ridurre il più possibile l’esposizione con gli istituti.

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