Il conflitto in Ucraina, ma non solo. Al centro della Conferenza di Monaco del 17-19 febbraio scorso anche la crisi dell’ordine liberale e i rapporti fra gli Usa e la Cina, fra la Nato e la Russia e fra l’Occidente e il “Sud Globale”. Novità, imprevisti e pericoli nell’analisi di Carlo Jean
L’annuale Conferenza sulla Sicurezza di Monaco, pur essendo centrata sul conflitto in Ucraina e, quindi, sull’architettura di sicurezza in Europa, ha presentato caratteristiche più universali. Ha infatti coinvolto la crisi dell’ordine liberale e i rapporti fra gli Usa e la Cina, fra la Nato e la Russia e fra l’Occidente e il “Sud Globale”.
Per quanto riguarda il conflitto in Ucraina, nulla di nuovo in Occidente. È stata rinnovata la volontà degli alleati europei e asiatici degli Usa di continuare a sostenere l’Ucraina, che combatte per la sua sopravvivenza contro l’aggressione russa. Sono stati reiterati i principi dell’ordine liberale, basati sulla non-aggressione, la sovranità e l’integrità territoriale. Si è così confermato un paradosso al riguardo: mentre l’ordine liberale è in declino e in profonda crisi. L’Occidente, che ne è stato e ne è il promotore, ha dimostrato nel difendere una coesione e un vigore impensabile un anno fa.
La maggiore novità è stata rappresentata dall’annuncio del capo della diplomazia cinese Wang Yi – anticipato nei colloqui che aveva avuto a Roma – che Pechino avrebbe presentato un suo piano di pace, basato proprio su tali principi. L’affermazione è stata accolta con scetticismo dalla Delegazione Usa, ma con interesse dagli europei. Dovrebbe essere ispirata ai principi della Carta dell’Onu.
Come al solito, il “diavolo” sta nei dettagli. Se fosse così – “senza se e senza ma” – Pechino appoggerebbe la posizione degli amici di Kiev. Dovrebbe prevedere il ritiro russo, almeno da tutti i territori ucraini occupati dopo il 24 febbraio 2022. Sembra però incredibile che Pechino rompa in tal modo l’alleanza con la Russia, seppure Mosca, ormai semi-vassallo della Cina, dovrebbe far buon viso a cattivo gioco. Varie ipotesi sono state suggerite per spiegare tale apparente contraddizione cinese. Due sono le principali: che Mosca si trovi sull’orlo di un disastro militare e che il piano cinese sia stato concordato con i russi per evitarlo; oppure, che la crisi economica costringa la Cina ad attenuare le tensioni con Usa ed Europa, affermandosi nel contempo “costruttrice di pace”, consolidando così prestigio e credibilità nel mondo. Vedremo!
Nella Conferenza non è stato possibile un dialogo con la Russia, che non era stata invitata (come l’Iran). Peccato! Una nebbia profonda continua a rendere confusi gli obiettivi reali – e non solo quelli della diplomazia dichiaratoria – di Mosca e anche di Kiev. Questo rende impossibile un negoziato. Entrambe le parti sono portate ad abbracciare le soluzioni più radicali, per non partire svantaggiate nei negoziati.
Il settore in cui l’Occidente ha fallito è stato quello di convincere Stati africani e asiatici presenti a Monaco di unirsi alla condanna all’aggressione russa. È riemerso in essi un profondo risentimento nei confronti dell’Occidente, non solo per il passato coloniale, ma anche per voler imporre misure contro i cambiamenti climatici derivati dal suo sviluppo economico e per l’egoismo dimostrato nella cessione di vaccini anti-Covid.
Il “profondo Sud” ritiene che l’Ucraina sia un problema esclusivamente europeo ed è portato a credere che la Russia sia stata indebitamente provocata. Solo il successo dell’Ucraina potrà attenuare tali convinzioni. In caso contrario, si formerà un insieme di Paesi non-allineati, sempre più anti-occidentali, pronti a sostenere il “nuovo ordine” mondiale a leadership cinese. Anche per questo un successo ucraino è rilevante per gli Usa e l’Europa.
L’imprevista visita del presidente Biden a Kiev, prima di recarsi a Varsavia, costituisce una chiara prova della determinazione degli Usa di sostenere l’Ucraina nella sua resistenza. L’autonomia strategica dell’Ue – che, a parer mio, è sempre stata una fantasia – ha subito un ulteriore colpo. Di certo, gli Usa non si fidano della proposta di pace della Cina. Forse temono che almeno una parte degli europei sia tentata a sostenerla, indipendentemente dai suoi meriti intrinseci. È una preoccupazione comprensibile, in relazione alle pressioni di parte delle loro opinioni pubbliche e politicanti, anche se, nella Conferenza di Monaco, hanno fatto fronte comune con Washington.
Il pericolo dell’attenuazione della coalizione rappresenta la vulnerabilità maggiore della possibilità di raggiungere gli obiettivi concordati all’inizio dell’aggressione russa. Un maggiore coordinamento occidentale sarebbe necessario. Dovrebbe però precisare che cosa significhino i termini pace e vittoria, tanto frequentemente pronunciati da tutte le delegazioni occidentali nella conferenza. In particolare che la seconda non significa la sfilata di carri armati ucraini a Mosca, come taluni sembrano credere, soprattutto in Italia.
Parimenti, se non addirittura più urgente è una riflessione sulle garanzie di sicurezza da fornire a Kiev nel post-conflitto. Esse dovranno fare organicamente parte del nuovo ordine di sicurezza europeo (se non di quello mondiale). Le conseguenze del conflitto in Ucraina non potranno essere annullate con un ritorno al passato, ma richiedono un ripensamento degli accordi di fine guerra fredda anche in relazione ai mutamenti tecnologici degli armamenti.
Per quanto riguarda le tecnologie, si sono rivelate determinanti in Ucraina quelle dell’informazione e della precisione, nonché l’utilizzo massiccio di droni, sempre più intelligenti, cioè autonomi nelle manovre e nella scelta degli obiettivi. Combattono fra loro, senza l’intervento di operatori. Anticipano gli scenari descritti da Henry Kissinger sull’importanza cruciale che in tutte le attività umane avrà lo sviluppo dell’Intelligenza Artificiale.
Dal punto di vista geopolitico, il conflitto in Ucraina segna il ritorno sulla scena internazionale delle major wars, strumento della politica degli Stati per modificare, secondo i loro interessi e valori, la geopolitica delle regioni d’interesse strategico. L’eclissi del militare e anche l’attenuazione del tabù delle armi nucleari – il cui impiego è stato più volte minacciato dal Cremlino – ha fatto tornare le tematiche della sicurezza al centro dell’attenzione dei governi. Diminuita è la convinzione che le competizioni economica, tecnologica e per l’influenza dell’Infowar abbiano sostituito i conflitti militari, almeno quelli fra le grandi potenze, i quali hanno sempre determinato non solo la geopolitica, ma la struttura delle società. Tale trasformazione è risultata evidente nella Conferenza di Monaco del 17-19 febbraio scorso.