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L’Oman apre (intanto) i cieli a Israele

Non è ancora membro degli Accordi di Abramo, ma il collegamento ha un valore tecnico e simbolico: Muscat apre i cieli israeliani e facilita le rotte verso l’Asia. Il corridoio che passa da Riad e Abu Dhabi è completato

“L’Estremo Oriente non è così lontano e i cieli non sono più un limite: questo è un giorno di grandi notizie per l’aviazione israeliana. Israele è diventato, di fatto, il principale punto di transito tra l’Asia e l’Europa. Abbiamo lavorato per aprire lo spazio aereo, prima sull’Arabia Saudita e dal 2018, quando ho visitato l’Oman, per aggiungere anche l’Oman in modo da poter volare direttamente in India e poi in Australia. Questo risultato è stato raggiunto oggi, dopo notevoli sforzi, anche negli ultimi mesi. Ecco una buona notizia: Israele si sta aprendo all’Oriente su una scala senza precedenti”.

Il commento con cui il primo ministro Benjamin Netanyahu ha raccontato l’accordo tra Oman e Israele per l’apertura del transito dei voli aerei attraverso i cieli del sultanato lascia pochi dubbi sul valore che il governo israeliano intende dare a queste nuove rotte di collegamento. E va bene che aumentare il peso delle celebrazioni serve per evidenziare un successo in mezzo al caos (interno, regionale e internazionale) e alle accusa ricevute per la riforma giudiziaria e le operazioni militari contro i palestinesi.

Ma resta tuttavia evidente che la concessione da parte di Muscat dei diritti di sorvolo dello spazio aereo omanita ai vettori israeliani sia un valore aggiunto per Gerusalemme. Frutto di dialogo e negoziato. Sia per le questioni tecnico-tattiche elencate da Netanyahu (in sostanza accorcia di un paio di ore i collegamenti verso l’Asia creando un corridoio saudi-emiratino-omanita verso l’Oceano Indiano). Sia perché — con una lettura più strategica — segue il trend di aperture che lo stato ebraico incassa dai Paesi arabi sulla scia degli accordi di normalizzazione (gli Accordi di Abramo).

“Sebbene l’Oman — come l’Arabia Saudita — non sia ancora pronto ad aderire agli Accordi di Abramo, sta segnalando di essere pronto ad accogliere Israele in modo più discreto. Si tratta di uno sviluppo gradito dopo che, a dicembre, il parlamento di Muscat avrebbe avanzato una proposta di legge che avrebbe ampliato i divieti di contatto con Israele”, spiega Mark Dubowitz, direttore generale della Foundation for Defense of Democracies (Fdd).

“Adempiendo agli obblighi previsti dalla Convenzione di Chicago del 1944, l’Oman sta segnalando che — come l’Arabia Saudita — la sua nuova leadership dà priorità agli interessi nazionali omaniti, allontanandosi dalla politica e dagli slogan populisti. Come per il Saudi First, una politica omanita di “First” si basa sulla crescita dell’economia della conoscenza e dei servizi, che a sua volta richiede la costruzione di forti relazioni bilaterali con Paesi dalle economie vivaci, in particolare con Israele”, aggiunge il collega Hussain Abdul-Hussain, ricercatore dell’FDD.

L’apertura dello spazio aereo omanita ha suggerito un potenziale avvicinamento allo Stato ebraico da parte dell’attuale sultano, Haitham bin Tariq, che finora non aveva manifestato l’entusiasmo del suo defunto predecessore, Qaboos bin Said, per l’idea di normalizzazione. L’apertura dei cieli è simbolica?

Dal 2020, l’Arabia Saudita ha segnalato il suo sostegno tattico agli Accordi di Abramo permettendo alle compagnie aeree israeliane di sorvolare il suo territorio verso gli Emirati Arabi Uniti e il Bahrein, firmatari. Lo scorso luglio, il presidente Joe Biden ha annunciato che Riad avrebbe esteso questo permesso di sorvolo in modo che le compagnie aeree israeliane potessero sorvolare il territorio saudita verso altre destinazioni a est. Ma poiché tale corridoio si estendeva anche sull’Oman, non poteva essere attuato senza ricevere l’apertura da Muscat.


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