Washington e Ottawa hanno dato seguito agli annunci di proibire l’uso dell’applicazione su dispositivi governativi. Seguono a ruota la Commissione europea e il governo italiano tra i timori di trasferimento dei dati degli utenti verso la Repubblica Popolare
Martedì i governi di Canada e Stati Uniti hanno dato seguito ai divieti di utilizzo di TikTok sui dispositivi di dipendenti governativi.
Washington ora concederà trenta giorni di tempo alle agenzie federali per controllare che i propri impiegati non abbiano l’applicazione installata su dispositivi di proprietà governativa. La Casa Bianca ha dichiarato che le agenzie dovranno identificare la presenza dell’applicazione, stabilire un processo interno per limitarne l’uso, eliminare le installazioni e revocare l’autorizzazione al loro uso, vietando al contempo il traffico Internet su installazioni informatiche appartenenti alle agenzie stesse.
Intanto anche Ottawa ha deciso di seguire un percorso simile. Il Chief Information Officer governativo ha sostenuto che la piattaforma presenti un “inaccettabile livello di rischio per la privacy e la sicurezza”.
In una dichiarazione, un portavoce dell’azienda ha affermato che il divieto di utilizzo dei dispositivi governativi è avvenuto “senza citare alcun problema di sicurezza specifico su TikTok o senza averci contattato per discutere di qualsiasi preoccupazione prima di prendere questa decisione”. “Siamo sempre disponibili a incontrare i funzionari governativi per discutere di come proteggere la privacy e la sicurezza dei canadesi, ma individuare TikTok in questo modo non contribuisce in alcun modo a raggiungere questo obiettivo condiviso”, ha dichiarato il portavoce.
Nel fine settimana il ministro della Pubblica Amministrazione italiano, Paolo Zangrillo, ha dichiarato che il governo sta pensando di imboccare una strada analoga, come già fatto anche dalla Commissione europea.
Il social è di proprietà della società cinese ByteDance, che le comunità di intelligence occidentali accusano di essere legata al governo cinese. Da cui i timori che la Repubblica Popolare possa utilizzare la piattaforma per la raccolta dei dati degli utenti, per campagne di disinformazione e di spionaggio.