Domani in Calabria un Consiglio dei ministri con Giorgia Meloni. Ma non sembra che la tragedia dei migranti, e più in generale le politiche del governo di contenimento dell’immigrazione clandestina e delle Ong, rappresentino un vero problema per la premier… Il commento di Andrea Cangini
Quando le istituzioni vengono trasformate in simboli, la politica attraversa una fase difficile. Nel 2019 Giuseppe Conte riunì, simbolicamente, il Consiglio dei ministri a Reggio Calabria per dare un segnale sullo sfascio della sanità regionale. Nel 2009 Berlusconi fece la stessa cosa a L’Aquila come segno di vicinanza alle popolazioni colpite dal terremoto e nell’anno precedente convocò i ministri a Napoli nel pieno del caos rifiuti. Travolto dalle polemiche interne, per dare l’idea di un governo compatto e di una maggioranza coesa, nel 2007 Romano Prodi presiedette il Consiglio dei ministri nella Reggia di Caserta.
Domani, a Cutro, sarà il turno di Giorgia Meloni. Ma non sembra che la tragedia dei migranti affogati a pochi metri dalle coste calabresi, e più in generale le politiche del governo di contenimento dell’immigrazione clandestina e delle Ong rappresentino un vero problema per la premier. Al netto delle polemiche scatenate dall’uscita del ministro dell’interno Matteo Piantedosi, il quadro generale è, nonostante tutto, piuttosto favorevole.
Le parole del papa contro gli scafisti hanno rappresentato un inaspettato assist al governo. Le parole della presidente della Commissione europea von der Leyen sono apparse decisamente in linea con quelle di Giorgia Meloni. E il Consiglio per gli Affari Interni fissato per domani a Bruxelles dovrebbe segnare l’inizio di un lento cambio di strategia da parte dei partner europei.
Il resto è polemica politica. Polemiche che, sia detto per inciso, compattano la maggioranza e confermano agli occhi degli elettori di destra la bontà della scelta fatta lo scorso 25 settembre. Polemiche che spasso provengono dal pulpito sbagliato.
Ieri, alla Camera, i grillini hanno menato scandalo per la durezza della coppia Piantedosi-Salvini. Ma si tratta degli stessi parlamentari che votarono i decreti dell’allora ministro dell’Interno Salvini. Indimenticabile la prosopea esibita l’11 gennaio 2019 in tivù da Danilo Toninelli: “Se non c’era il sottoscritto, la Lega non faceva niente, se io e Salvini non agivamo contemporaneamente: io sono responsabile della sicurezza della navigazione fino all’attracco dell’imbarcazione al porto, lui è responsabile dopo, per lo sbarco e l’ordine pubblico”. E ancora: “Nel 2018, solo grazie a sette mesi del governo del cambiamento, meno 90 per cento di sbarchi in Italia”.