Dalla teoria dell’intelligenza emotiva, all’identikit del buon comandante, passando per esempi virtuosi di leader del passato e del presente. Questi i temi del convegno “La mia Leadership”, promosso dal Centro alti studi per la Difesa (Casd), in collaborazione con Elettronica, con la partecipazione di Daniel Goleman, Giovanni Malagò, Domitilla Benigni, Giuseppe Cavo Dragone e Gianfranco Ravasi
Chi è un buon leader, e quali sono le caratteristiche che deve possedere per riuscire a guidare le società e le organizzazioni a loro affidate al successo? Sono stati questi gli interrogativi al centro del convegno La mia Leadership promosso dal Centro alti studi per la Difesa (Casd), in collaborazione con Elettronica, e dedicato al delicato tema dell’arte del comando. Lo ha fatto rivolgendosi alle riflessioni di esperti provenienti da realtà molto diverse perché, come ricordato dal presidente del Casd in apertura, l’ammiraglio Giacinto Ottaviani, “la leadership è trasversale, è per quanto gli ambiti siano differenti, esiste sempre il fattore comune della necessità di gestire le risorse”. Non è del resto un caso che il convegno si sia tenuto presso il prestigioso ente militare, come ricordato da Ottaviani infatti, “la leadership è di casa qui”. L’istituto infatti forma i comandanti delle nostre Forze armate e non solo, ricomprendendo militari esteri e dirigenti civili.
L’intelligenza emotiva
Ad aprire il convegno è stata la presentazione del professor Daniel Goleman, che ha illustrato le caratteristiche dell’intelligenza emotiva, quella capacità empatica di cui lo studioso è considerato il teorico fondatore. Per Goleman, infatti, la domanda di partenza per i suoi studi è stata “perché un comandante è più efficace di altri”, a parità di conoscenze tecniche? La risposta sta nell’uso intelligente delle emozioni, nella capacità di auto-coscienza, e nell’empatia, che consente di costruire relazioni efficaci con le persone che si ha intorno. Tutte capacità che sempre più spesso sono ricercate anche dalle aziende, con la richiesta delle cosiddette soft skill che è aumentata negli ultimi anni del 30%, a fronte di un calo della richiesta di hard skill del 40%. Le capacità tecniche, infatti, possono essere considerate il punto di partenza, ma quello che davvero fa la differenza è l’empatia di un leader. “Se le persone amano quello che stanno facendo, si sentono coinvolte, lavorano meglio, e questo aumenta non solo la soddisfazione, la salute fisica e mentale, ma anche i risultati, che in un’azienda significano profitti”. Al contrario, bullizzare, ignorare i bisogni altrui, pretendere dagli altri quello che non si pretende per sé creano leader peggiori. “La leadership, infatti – ha chiosato Goleman – comincia con il saper guidare sé stessi”.
La persona al centro
Al centro di tutte le riflessioni è sempre rimasto costante il ruolo della persona. Come ricordato dal video messaggio inviato dal presidente del Coni, Giovanni Malagò, “sono le persone a fare il ruolo, e non viceversa”, ricordando come troppo spesso si assiste a un abuso della carica senza che vi sia una sostanziale riconoscibilità dell’autorevolezza del leader. L’importanza della persona al centro della riflessione emerge soprattutto in un secolo come questo, “un momento di trasformazione sociale e tecnologico” come ricordato dal ceo di Elettronica, Domitilla Benigni, per cui il leader deve essere in grado di capire e interpretare il cambiamento. Le caratteristiche “di assertività e leader gerarchica” non sono adatte alla nuova società, dove c’è bisogno non di “leader eroi soli al comando, ma gruppi coinvolti in processi diffusi”, più veloci e flessibili. Questo è tanto più importante nel momento in cui si affronta il delicato equilibrio tra umani e macchine, con il ruolo del leader che deve “potenziare il fattore umano nella civiltà delle macchine e digitale”, ha detto ancora Benigni. In questo, dunque, il leader deve essere inclusivo, un tema che si lega anche a quello della leadership al femminile “un aspetto sottovalutato, ma le donne hanno delle caratteristiche distintive di leadership visionaria, con una maggiore visione inclusiva” capace di stimolare e valorizzare il potenziale dei propri collaboratori.
Le qualità di un comandante
E sono proprio i collaboratori i giudici della qualità di un buon leader. “Per rispondere alla domanda se sono stato all’altezza degli uomini e delle donne che ho avuto l’onore di guidare bisogna chiederlo proprio a loro”, ha infatti sottolineato il capo di Stato maggiore della Difesa, ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone. “Tutti cerchiamo un leader” ha aggiunto l’ammiraglio, ricordando come i leader sono coloro “che in un secondo fanno la differenza, capaci di salvare le vite dei propri commilitoni e delle popolazioni loro affidate”. Saper scegliere buoni leader, tra l’altro, è l’arduo compito che spetta ai comandanti. “Ma come si trova un buon leader?” si è domandato Cavo Dragone. La storia aiuta con gli esempi, alcuni citati dall’ammiraglio, da Giovanna D’Arco a Martin Luther King e Nelson Mandela. Il leader, dunque, è chi sa distinguere in un attimo la scelta giusta da quella sbagliata, dando priorità al bene comune, mettendo la dignità al primo posto e pronto al sacrificio per gli altri, “e con una rigida bussola etica e morale, altrimenti ricadrebbe inesorabilmente nella categoria dei tiranni”. Per Cavo Dragone, tra l’altro, il leader spesso si trova nelle ultime file “ma che quando parla fa calare il silenzio” pronto a una vita di responsabilità. Per il capo di Stato maggiore della Difesa, dunque, le virtù di un buon comandante militare sono “principi etici e morali, professionalità, la capacità di pretendere il merito e riconoscerlo negli altri, e l’attitudine militare, il coraggio di optare per la scelta migliore anche e difficile”.
Le virtù di un leader
A guidare il leader, il presidente emerito del Pontificio consiglio della Cultura, Cardinale Gianfranco Ravasi, deve esserci anche una bussola morale ed etica. Una serie di stelle-guida, racconta il sacerdote, già teorizzate dagli autori classici, a partire da Platone, Socrate, fino a Cicerone e passata a Sant’Agostino. “La prima stella è il verum, la verità” la costante ricerca di ciò che è vero nel mondo. “La seconda è il bonum, l’etica, la capacità di distinguere il bene dal male”, spiega ancora Ravasi, che conclude con la terza stella, “il pulchrum, il bello”. Il leader, infatti, deve possedere anche una dignità esteriore, un linguaggio capace di rappresentare in modo coinvolgente il proprio messaggio. Naturalmente, però, per il cardinale il leader deve possedere anche una quarta capacità, l’umiltà, “in latino le due parole che indicano la leadership sono magister, il capo, dal latino magis ‘più’, ma anche minister, che viene da minus ‘meno’, e indica la capacità di mettersi spalla a spalla con i propri subalterni”.