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Emergenza climatica, cosa dice il Rapporto Ipcc 2023

L’ultimo rapporto, presentato ieri a Interlaken, Svizzera, del Gruppo Intergovernativo sui Cambiamenti Climatici “sottolinea l’urgenza di intraprendere azioni più ambiziose e dimostra che, se agiamo ora, possiamo ancora garantire un futuro sostenibile e vivibile per tutti”. Il punto di Saturno Illomei

Il Gruppo Intergovernativo sui Cambiamenti Climatici (Ipcc) è l’organismo delle Nazioni Unite per la valutazione della scienza relativa ai cambiamenti climatici. Prepara rapporti sulle conoscenze scientifiche, tecniche e socio-economiche sul cambiamento climatico, sugli impatti e sui rischi futuri e sulle opzioni per ridurre la velocità con cui si sta verificando questo cambiamento. L’ultimo rapporto, presentato ieri a Interlaken, Svizzera, “sottolinea l’urgenza di intraprendere azioni più ambiziose e dimostra che, se agiamo ora, possiamo ancora garantire un futuro sostenibile e vivibile per tutti”.

Già nel 2018 l’Ipcc aveva evidenziato la portata senza precedenti della sfida necessaria a contenere il riscaldamento entro un grado e mezzo, come era stato deciso a Parigi del 2015. Oggi questa sfida è diventata ancora più grande a causa del continuo aumento delle emissioni di gas serra e “il ritmo e la portata di ciò che è stato fatto finora e i piani attuali sono insufficienti per affrontare il fenomeno del cambiamento climatico”. Le emissioni di gas serra causate dall’uomo nel periodo 2010-19 sono state le più alte nella storia dell’umanità. A livello globale, il 10% delle famiglie più ricche contribuisce a circa il 40% delle emissioni globali; il 50% di quelle più povere per meno del 15%.

“Più di un secolo di utilizzo di combustibili fossili – si legge nel comunicato – e di uso iniquo e non sostenibile dell’energia e del suolo ha portato a un riscaldamento globale di 1,1°C rispetto ai livelli preindustriali. Da questa situazione sono scaturiti eventi meteorologici estremi più frequenti e più intensi che hanno causato impatti sempre più pericolosi sulla natura e sulle persone in ogni regione del mondo. Le persone muoiono a causa di estremi di calore. L’insicurezza alimentare e idrica è destinata ad aumentare con l’aumento della temperatura”. Quando poi questi rischi si combinano con altri eventi avversi, come pandemie o conflitti, diventano ancora più difficili da gestire.

Il rapporto fornisce un focus preciso sulle perdite e sui danni che stiamo già vedendo e che continueranno in futuro, colpendo in particolar modo le persone e gli ecosistemi più vulnerabili. L’adozione di azioni corrette potrebbe portare a un cambiamento verso un mondo sostenibile ed equo. “Quasi la metà della popolazione mondiale vive in regioni altamente vulnerabili ai cambiamenti climatici. Nell’ultimo decennio, i decessi per inondazioni, siccità e tempeste sono state quindici volte superiori nelle regioni altamente vulnerabili. La giustizia climatica è fondamentale perché coloro che hanno contribuito meno al cambiamento climatico sono colpiti in modo sproporzionato”.

Se si vuole limitare il riscaldamento a 1,5°C è necessario ridurre le emissioni di gas serra in tutti i settori in modo rapido e significativo entro il 2030, come sta chiedendo anche l’Unione Europea con il programma “Fit for 55”. Questo significa uno “sviluppo resiliente al clima”, ossia azioni volte a ridurre le emissioni e fornire benefici più ampi. “L’accesso all’energia e alle tecnologie pulite migliora la salute, soprattutto di donne e bambini; l’elettrificazione a basse emissioni di carbonio, gli spostamenti a piedi e in bicicletta e i trasporti pubblici migliorano la qualità dell’aria, la salute e le opportunità di lavoro e garantiscono l’equità”. Le scelte che verranno fatte nei prossimi anni, avvertono gli scienziati delle Nazioni Unite, avranno un ruolo cruciale nel decidere il nostro futuro e quello delle generazioni future.

In tutti i settori esistono opzioni che possono almeno dimezzare le emissioni entro il 2030. Nel settore energetico attraverso una sostanziale riduzione dell’uso complessivo dei combustibili fossili. Così pure nei trasporti, nell’industria, nell’edilizia e nell’uso del territorio. Un numero crescente di città sta fissando obiettivi di emissioni nette di gas serra pari a zero. Nell’industria questo cambiamento comporterà un uso più efficiente dei materiali, il riutilizzo e il riciclo dei prodotti e la riduzione dei rifiuti. Nei trasporti con la produzione e la commercializzazione di veicoli elettrici e ibridi. Un’attenzione particolare all’agricoltura, all’uso sostenibile delle foreste e alla biodiversità che possono garantire i mezzi di sussistenza come cibo, acqua e legno.

Esistono misure sperimentate e collaudate che sono funzionali ad ottenere riduzioni significative delle emissioni e resilienza climatica, se vengono ampliate e applicate più diffusamente. “L’impegno politico, le politiche coordinate, la cooperazione internazionale, la gestione degli ecosistemi e la governance inclusiva sono tutti elementi importanti per un’azione climatica efficace ed equa”. Ma occorrono finanziamenti adeguati specialmente nelle regioni più vulnerabili.

I prossimi anni saranno cruciali, ma abbiamo molti modi per migliorare le nostre possibilità di successo. I flussi finanziari sono ancora molto bassi se si vuole limitare il riscaldamento al di sotto di 1,5°C, ma ci sono sufficienti capitali globali per colmare le attuali carenze di investimenti. Possono essere rafforzati gli strumenti normativi ed economici attraverso un più efficace coordinamento tra i governi, la definizione e l’attuazione di strategie e la costruzione del consenso tra le diverse parti interessate. La cooperazione internazionale è fondamentale per raggiungere obiettivi climatici ambiziosi, anche attraverso il sostegno all’innovazione tecnologica a basse emissioni.
Ma senza riduzioni immediate e consistenti di emissioni di gas serra in tutti i settori, l’obiettivo di 1,5°C è fuori portata. Questo richiede una loro riduzione di oltre il 40% entro il 2030 rispetto ai livelli del 2019 con riduzioni sempre più rapide nei decenni successivi fino al raggiungimento della neutralità climatica nel 2050. Solo quando questo traguardo sarà raggiunto la temperatura media globale si stabilizzerà. Accelerare l’azione climatica è fondamentale per uno sviluppo veramente sostenibile, anche attraverso uno spostamento dell’occupazione in settori a basso contenuto di carbonio.

Il governo italiano ha presentato, lo scorso gennaio, il Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici (Pnacc), in linea con la nuova Strategia europea che mira a realizzare la trasformazione dell’Europa in un’Unione resiliente ai cambiamenti climatici entro il 2050. Obiettivo principale del Piano è quello di “fornire un quadro di indirizzo nazionale per l’implementazione di azioni finalizzate a ridurre al minimo i rischi derivanti dai cambiamenti climatici, migliorare la capacità di adattamento dei sistemi naturali, sociali ed economici, nonché trarre vantaggio dalle eventuali opportunità che si potranno presentare con le nuove condizioni climatiche”.

I settori interessati al Piano riguardano la criosfera e la montagna; le risorse idriche; la desertificazione e il degrado del territorio; il dissesto idrogeologico; la biodiversità terrestre e marina; la salute; le foreste; l’agricoltura e la produzione alimentare; la pesca e l’acquacoltura; l’energia; le zone costiere e il turismo; gli insediamenti urbani; il patrimonio culturale; i trasporti e le infrastrutture; le industrie.

“Raggiungere gli obiettivi del pacchetto ‘Fit for 55’, riduzione delle emissioni del 55% entro il 2030 – ha detto il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica Gilberto Pichetto Fratin presentando le linee programmatiche del suo dicastero in Parlamento – e il raggiungimento della neutralità climatica entro il 2050, è una sfida enorme che va affrontata in modo pragmatico e non ideologico, valutando i costi e i benefici delle soluzioni che l’evoluzione tecnologica ci mette a disposizione. L’Italia ha risposto alla sfida europea del Green New Deal con un piano di lungo periodo e una serie di interventi legati al Pnrr. La lotta al cambiamento climatico deve costituire una priorità per il nostro Paese. È necessario attuare una strategia che ci permetta il raggiungimento degli obiettivi di mitigazione del rischio evitando l’acuirsi di fenomeni quali la desertificazione e la perdita di biodiversità”.

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