Di fronte a una crescita senza precedenti delle opportunità economiche nell’orbita bassa e della commercializzazione delle orbite, quei governi che riusciranno a studiare e meglio capitalizzare l’accesso commerciale allo spazio, così come le applicazioni tecnologiche, potrebbero ottenere un vantaggio economico strategico a lungo termine rispetto ai Paesi concorrenti, e gli Usa non vogliono rimanere indietro
Gli Stati Uniti, dato il loro storico ruolo di pionieri dello spazio, devono agire per non rischiare di rimanere indietro di fronte a una competizione geopolitica crescente in orbita (e spietata nella sua rapidità). Negli ultimi anni sempre più Paesi, infatti, hanno istituito i propri comandi spaziali difensivi e diversificato le proprie tecnologie spaziali, anche per dimostrare sul piano internazionale le loro capacità distruttive. L’esplorazione spaziale e il suo mercato ormai non sono più di appannaggio esclusivo degli appaltatori della difesa o delle agenzie governative, ma hanno aperto le porte anche ai privati e alle aziende. Ad oggi ammontano a 90 il numero di Stati che operano nello spazio, per un totale di circa 10mila imprese e 5mila investitori coinvolti nell’industria spaziale. Le attività in orbita sono diventate più accessibili e convenienti anche per nuove start up e per quelle aziende aerospaziali che prima reputavano alcuni progetti troppo costosi o rischiosi. Nonostante le possibilità future che il settore spaziale è pronto a offrire ai molteplici stakeholder coinvolti, la Space economy sta in realtà già ora ridisegnando la società e il modo in cui i governi competono per il potere e l’influenza. La democratizzazione dello spazio e i successivi investimenti nell’esplorazione spaziale hanno permesso, inoltre, lo sviluppo di gran parte delle infrastrutture critiche del mondo moderno. In mezzo ai molti interrogativi che scaturiscono da questo scenario, è chiaro che quei governi che riusciranno a studiare e meglio capitalizzare l’accesso commerciale allo spazio, così come le applicazioni tecnologiche, potrebbero ottenere un vantaggio economico strategico a lungo termine rispetto ai Paesi concorrenti.
L’era dello spazio commerciale
Grazie ai progressi dell’era spaziale commerciale, la redditività delle nuove applicazioni spaziali si moltiplicherà nel prossimo futuro, e ancor di più se colossi aerospaziali affermati come Boeing, Lockheed Martin, Northrop Grumman e Raytheon collaboreranno sempre di più con aziende più piccole che sono relativamente nuove all’esplorazione dello spazio. Un esempio è, come riporta il magazine americano Wilson Quarterly, la partnership tra la start up satellitare Omnispace e Lockheed Martin per sviluppare la capacità 5G dallo spazio. Inoltre, considerato il prossimo pensionamento della Stazione spaziale internazionale (Iss), in favore delle stazioni commerciali, la Nasa diventerà soltanto “uno dei clienti” di tali futuri avamposti spaziali commerciali insieme ad altri inquilini.
Investimenti al rialzo
Le agenzie governative, come la Nasa, hanno a lungo tenuto le fila della borsa per gli investimenti spaziali, come dimostra l’aumento del 18% delle iniziative spaziali finanziate dal governo statunitense l’anno scorso. Secondo un report della Space foundation, si tratta di una tendenza in atto sia negli Usa sia nel resto del mondo. Nel 2022 la spesa governativa internazionale per i programmi spaziali militari e civili è aumentata del 19%, con l’India che ha aumentato il suo budget del 36% e la Cina del 23%. Nonostante le agenzie governative continueranno a giocare un ruolo di primo piano, le caratteristiche stesse del dominio spaziale lo rendono attrattivo e promettente per un numero sempre maggiore di società e singoli investitori. Lasciando parlare i dati, nel 2021 la Space economy è stata valutata 469 miliardi di dollari (con un aumento del 9% rispetto al 2020), e gli investimenti del settore privato in aziende spaziali hanno superato i 10 miliardi di dollari. In particolare, la spesa per ricerca e sviluppo nel settore spaziale è aumentata del 22% all’anno negli ultimi cinque anni, e quindi più del doppio rispetto all’aumento del 10% dei fondi per la R&S del governo statunitense.
Le opportunità della ricerca
Nonostante l’area Ricerca e sviluppo spaziale (R&S) sia da tempo considerata strategica, numerose imprese non appartenenti al comparto aerospaziale hanno tardato ed esitato a investire in progetti ad ampio respiro che afferiscano al settore. Ma proprio con il pensionamento dell’Iss, previsto per il 2031, le aziende private si preparano a nuovi viaggi per la ricerca scientifica nello spazio. Le aziende farmaceutiche, ad esempio, potrebbero utilizzare l’ambiente per coltivare colture cellulari per prevedere meglio i modelli di malattia o per scoprire molecole complesse, che crescono in modo diverso in microgravità. Anche le aziende che producono beni di consumo, dal canto loro, potrebbero voler sfruttare l’ambiente spaziale per migliorare i processi di progettazione e produzione. In questo quadro è bene segnalare che vi è un’azienda che sta aprendo la strada alla robotica applicata e alla produzione, Made in Space con sede in Florida. Grazie all’uso di stampanti 3D abilitate alla microgravità, questa azienda è stata in grado di fornire capacità produttive di nuova generazione a bordo dell’Iss. Sono proprio progetti di questo tipo che sostengono gli obiettivi di esplorazione, così come le priorità legate alla sicurezza nazionale, dimostrando il grande potenziale di nuovi mercati per stimolare l’attività commerciale nell’orbita terrestre bassa.
La riscoperta dell’orbita bassa
Nell’ultimo decennio c’è stato un significativo spostamento verso l’uso dell’orbita terrestre bassa per la connettività a banda larga via satellite (inferiore ai duemila chilometri). Nella nostra società, sempre più connessa, la mancanza di accesso a Internet ad alta velocità e a bassa latenza, per non parlare di Internet a banda larga, è subottimale e approfondisce il divario tra chi è connesso e chi non lo è. Starlink di SpaceX ha sostenuto lo sforzo di mitigare questo tipo di problemi rivoluzionando l’Internet a banda larga via satellite e lo sfruttamento dell’orbita bassa, in poco più di tre anni infatti dal lancio della sua prima costellazione satellitare, Starlink ha lanciato più di 3500 satelliti e più di un milione pagano per la sua rete. Nonostante i ritardi, OneWeb e il Project Kuiper di Amazon stanno entrambi pianificando il dispiegamento delle proprie costellazioni in orbita terrestre bassa nel prossimo futuro, per contribuire a combattere il digital divide.
Il ritorno di Artemis e il turismo spaziale
Con il successo del lancio della navicella Artemis 1 della Nasa lo scorso novembre, si può dire che la rinascita dell’esplorazione spaziale americana è ben avviata. Nel 2021 la campagna Nasa “Moon to Mars” ha generato quasi 2,2 miliardi di dollari di entrate fiscali, ha contribuito a quasi un terzo dei 71,2 miliardi di dollari di impatto economico della Nasa e ha sostenuto quasi 94mila posti di lavoro a livello nazionale. E il programma è pronto a continuerà a garantire una crescita economica sostanziale e a migliorare la competitività degli Usa nel settore. Il progresso nell’esplorazione spaziale apre inoltre la strada al turismo spaziale, una nuova fetta di mercato potenzialmente promettente. Si prevede infatti che il settore crescerà ben oltre gli attuali viaggi suborbitali nello spazio a bordo dello SpaceShipTwo di Virgin Galactic e del New Shepard di Blue Origin. Aziende come SpaceX e Blue Origin hanno addirittura presentato le loro idee per creare in futuro una città su Marte o costruire colonie nell’orbita terrestre.
Si accende la competizione in orbita
La maggiore accessibilità e i minori costi dell’esplorazione spaziale hanno aperto le porte a numerose industrie per esplorare e creare applicazioni innovative: così la New space economy livellerà le rivalità tra grandi potenze e la competizione economica globale. Sebbene questa dinamica sia già presente nell’economia globale, molti Paesi considerati in passato più indietro nell’esplorazione spaziale stanno procedendo a ritmi serrati per recuperare terreno. È il caso degli Emirati Arabi Uniti che a febbraio 2021, con un unico tentativo, hanno inviato trionfalmente la sonda “Hope” in orbita marziana, diventando il quinto Paese a raggiungere Marte. Tali cambiamenti potrebbero modificare lo stato della competizione per la sicurezza, stimolando al contempo l’economia globale.