La Cina è pronta a fare un salto di qualità nell’esplorazione scientifica dell’universo lanciando, entro fine 2023, la sonda Einstein Probe per osservare nel dettaglio le onde gravitazionali e i buchi neri grazie a una tecnologia innovativa che sfrutta la conformazione degli occhi delle aragoste
Entro la fine dell’anno la Cina è pronta a lanciare una nuova sonda per osservare l’universo in evoluzione. Il satellite astronomico a raggi X, Einstein Probe, mira a catturare la prima luce delle esplosioni di supernova, oltre a fornire supporto nella ricerca e individuazione delle sorgenti di onde gravitazionali e osservare i misteriosi fenomeni transitori dell’universo. A darne notizia è stato uno dei principali ricercatori che partecipa al progetto, Yuan Weimin, che ha dichiarato inequivocabilmente che “il satellite è entrato nella fase finale di sviluppo”. Yuan, che è anche ricercatore presso gli Osservatori astronomici nazionali dell’Accademia cinese delle scienze (Naoc), ha rivelato tali progressi in occasione del recente 35esimo Simposio nazionale sull’esplorazione spaziale.
Sorgenti nell’universo
Le scoperte degli scienziati hanno infatti rivelato che nell’universo esistono molte sorgenti transitorie ed esplosive, la maggior parte delle quali può irradiare grandi quantità di energia in un periodo di tempo molto breve e mostrare così le variazioni di luminosità nella banda dei raggi X, compresi i buchi neri. “Queste sorgenti transitorie veloci sono fondamentali per la cosmologia e lo studio delle galassie, ma attualmente sono poco conosciute dagli scienziati”, ha spiegato Yuan. Non solo, a detta del ricercatore ricerche ulteriori richiederanno apparecchiature di rilevamento all’avanguardia, che dispongano di campi visivi molto ampi, un’elevata sensibilità, alta risoluzione e capacità di risposta rapida.
L’occhio dell’aragosta
Per realizzare tali apparecchiature e tecnologie, i biologi hanno sfruttato le aragoste. Ebbene sì, gli scienziati hanno scoperto che gli occhi del famoso crostaceo funzionano in modo differente rispetto a quelli degli altri animali. Sono infatti costituiti da numerosi piccoli tubi quadrati che puntano verso lo stesso centro sferico. Tale struttura permette alla luce, proveniente da tutte le direzioni, di riflettersi nei tubi e di convergere sulla retina, che offre così all’aragosta un ampio campo visivo. Simulando l’occhio del crostaceo, gli scienziati cinesi hanno creato un telescopio in grado di rilevare i raggi X nello spazio. Per raggiungere i suoi obiettivi la sonda impiega infatti un campo visivo istantaneo molto ampio (3600 gradi quadrati), insieme a una risoluzione spaziale moderata e a una risoluzione energetica. Grazie alla collaborazione con altre organizzazioni – compresi il Max Planck institute for extraterrestrial physics, l’Agenzia spaziale europea (Esa) e l’Agenzia spaziale francese – il laboratorio di imaging a raggi X del Naoc ha iniziato a condurre ricerche per sviluppare una tecnologia a raggi X che sfruttasse proprio il modello dell’occhio di aragosta. Il team di ricercatori ha effettuato il test di validazione della tecnologia sul telescopio Lobster eye imager for astronomy (Leia) – un precursore dello strumento Einstein Probe – che è stato lanciato nel luglio 2022, e ha restituito il primo gruppo al mondo di istantanee a raggi X a grande campo del cielo catturate dal Leia. “Grazie alla tecnologia del telescopio Leia, la Sonda Einstein sarà in grado di monitorare la banda dei raggi X molli, attualmente poco conosciuta, con un ampio campo visivo e un’elevata sensibilità”, ha concluso Yuan.
Il potenziale scientifico della missione
“Questa tecnologia rivoluzionerà il monitoraggio del cielo dei raggi X e il modulo di prova dimostra il forte potenziale scientifico della missione Einstein Probe”, ha sottolineato il responsabile di Astrofisica della scuola di fisica e astronomia dell’Università di Leicester, Paul O’Brien. Secondo le previsioni, infatti, la sonda Einstein Probe condurrà indagini sistematiche del cielo per monitorare gli oggetti transitori ad alta energia nell’universo. Tale missione punta, dunque, a scoprire i buchi neri occultati e a mappare la distribuzione di essi nell’universo, fornendo un significativo contributo allo studio della loro formazione ed evoluzione. Gli interrogatori ancora irrisolti che potrebbero trovare nuove risposte grazie alla missione cinese sono numerosi: in che modo la materia cade sui buchi neri? Che tipo di radiazione elettromagnetica e di sorgenti sono associate agli eventi cosmici di onde gravitazionali? Quando e dove si è formata la prima generazione di stelle? Einstein Probe cercherà di fare nuove scoperte in merito catturando deboli lampi di radiazione X prodotti da eventi energetici all’interno di un orizzonte cosmico ben al di là della portata di tutte le missioni attuali e precedenti. Per questo mirerà, nel dettaglio, a scoprire e caratterizzare i transienti cosmici a raggi X per rivelare le loro proprietà, a caratterizzare le esplosioni di raggi X da buchi neri normalmente quiescenti per meglio comprendere la loro evoluzione, e infine a cercare sorgenti di raggi X associate a eventi di onde gravitazionali e localizzarle con precisione.