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Note stonate

La buona musica per essere apprezzata non ha bisogno di essere ascoltata a volume alto. I toni elevati possono invece rivelarsi comodi quando si tratta di nascondere melodie poco gradevoli. In politica la regola è pressoché la stessa. Temiamo che le urla, le dichiarazioni scomposte, siano buone per riempire le pagine dei giornali e per distrarre l’opinione pubblica dalla miseria delle posizioni in campo. E’ difficile, e anche inutile, stabilire chi ha iniziato a steccare. Non sorprende neppure il fatto che dal loggione vi siano tifosi che reclamano i toni alti confondendo il teatro con un’arena. Se è vero però che tutti – indipendentemente dal giudizio di merito – riconoscono in Berlusconi il ruolo di direttore d’orchestra, è a lui che bisogna rivolgere lo sguardo per sperare di tornare ad ascoltare opere e non inni di battaglia.
Il presidente del Consiglio ha subito attacchi molto pesanti, anche sul piano personale. Forse, per una persona che concentra tanto potere e tanta fortuna, era persino inevitabile ma non – dal suo punto di vista – accettabile. Berlusconi ha voluto così reagire facendo salire il volume della discussione al limite della distorsione. Il carattere del premier, sia chiaro, è invidiabile e probabilmente gli porterà ancora molta fortuna elettorale. Tuttavia, resta ferma la convinzione che non tutto quello che paga nelle urne, appaga nel Paese. E’ la differenza fra lo spirito di fazione (che domina in entrambi gli schieramenti) e l’interesse generale.
Lo spartito dell’autunno prevede peraltro una sfida economica non banale per il nostro Paese: si tratta infatti di gestire il cambio di passo della crisi che sarà meno di natura finanziaria e maggiormente di natura economica e sociale. Bisognerà tutelare i più bisognosi ma anche sostenere quella parte di Italia più intraprendente e volenterosa. L’impressione, invece, è che ancora una volta la politica nazionale ballerà sulle note della giustizia. Il ritmo è affidato all’agenda virtuale del lodo Alfano e di alcune Procure (Bari, Milano, Palermo) le cui mosse sembrano condizionare il concerto del governo molto più dei temi reali che pure ci sono e si farebbero sentire.
A noi questa musica non piace. Per di più, per una volta non crediamo di esprimere una valutazione da “elite”. La grande platea dei cittadini sembra davvero stufa. Continua a scegliere Berlusconi ma si aspetta ben altra musica. Il presidente del Consiglio potrebbe usare meno il gran percussionista Ghedini (esperto in tamburi di guerra) e tornare a privilegiare il flautista Letta (esperto in melodie armoniose). Potrebbe, è un’ipotesi di scuola, cambiare un po’ la sua orchestra portando nelle prime file i moderati, anche quelli sin qui esclusi dalla ribalta del governo. Quel che è certo è che se non cambia la musica, prima o poi qualcuno cambierà i musicisti.


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