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Tre condizioni che rendono (quasi) proibitivo il compito di Fitto. Il corsivo di Cangini

Quello di Fitto è un compito reso quasi proibitivo da tre condizioni di fatto. Andrea Cangini racconta il contesto un po’ allarmante nel quale Pier Ferdinando Casini nei giorni scorsi ha lanciato un nobile appello alla collaborazione, all’insegna della responsabilità nazionale

Esperienza politica e sapienza post democristiana sono qualità che certo non mancano a Raffaele Fitto. È per questo che, con l’obiettivo di sfatare i pregiudizi nei confronti del proprio governo, Giorgia Meloni gli ha affidato il delicato ruolo di ministro per gli Affari europei. Per la stessa ragione lo ha indicato come plenipotenziario del governo sul Pnrr. Un compito immane, reso quasi proibitivo da tre condizioni di fatto.

La prima. È ormai acclarato che Giuseppe Conte abbia fatto una sciocchezza nel massimizzare le richieste italiane sui fondi del Next generation Eu. Siamo il Paese europeo che ha ottenuto più soldi a fondo perduto (81,4 miliardi) e più prestiti (127,4 miliardi). La cifra è colossale (circa 209 miliardi), i prestiti andranno ovviamente restituiti. Come hanno scritto su Repubblica gli economisti Boeri e Perotti, rinunciare a una parte di quei prestiti, ipotesi avanzata nei giorni scorsi dal capo dei deputati leghisti Riccardo Molinari, sarebbe possibile e anche auspicabile. Ma, ad oggi, nel governo prevale la tesi di chi ritiene che la rinuncia verrebbe letta come un segno di inaffidabilità dell’Italia.

Ciò non toglie che la Pubblica amministrazione e i Comuni, e questa è la seconda delle tre condizioni di fatto che rendono quasi proibitivo il compito di Raffaele Fitto, non siano in grado di utilizzare tante risorse efficacemente. Mancano gli uomini e mancano le competenze. Il rischio, dunque, è assistere alla levitazione del debito pubblico senza che i soldi spesi corrispondano a una proporzionale modernizzazione del Paese e ad un’auspicata crescita dell’economia. Il terzo dato di fatto è il solito: la conflittualità tra i partiti di maggioranza e tra la maggioranza e le opposizioni.

È questo, pertanto, il desolante e un po’ allarmante contesto nel quale Pier Ferdinando Casini nei giorni scorsi ha lanciato la propria proposta. Titolo dell’intervista al Corriere: “Per non sprecare i fondi pubblici serve un armistizio tra destra e sinistra”. L’ex presidente della Camera parla da uomo delle istituzioni. Conosce la debolezza della macchina pubblica italiana e della politica italiana conosce la conflittualità. Il suo è un appello alla collaborazione, all’insegna della responsabilità nazionale. Una collaborazione tra le diverse parti politiche e tra i diversi livelli istituzionali ed amministrativi dello Stato. Massimizzare il risultato sul Pnrr significa minimizzare il fardello che graverà sulle spalle delle prossime generazioni in termini di debito e di qualità della vita. L’appello di Casini è nobile, la risposta di Elly Schlein non è pervenuta. Quella del povero Raffaele Fitto immaginiamo sia stata entusiastica.



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