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Così Usa e Ue hanno escluso la Cina dal porto di Fiume. Lezioni per l’Italia

“Non c’è stato un intervento diretto, ma alcuni segnali ci sono stati”, ha spiegato il ministro croato Butkovic. Il Wall Street Journal ha spiegato come, gli Stati Uniti e l’Unione europea abbiano convinto l’alleato Nato a tenere fuori Pechino dallo scalo

“Non c’è stato un intervento diretto, ma alcuni segnali ci sono stati”, ha spiegato Oleg Butkovic, ministro dei Trasporti croato, in un’intervista al Wall Street Journal sulla questione, che definisce “molto delicata” del porto di Fiume, cruciale per le attività della Nato e della Marina statunitense nel Mar Adriatico. Il giornale americano ha raccontato come gli Stati Uniti – a colpi di diplomazia, intelligence declassificata e altri documenti – e l’Unione europea – come i nuovi regolamenti sugli investimenti diretti esteri – abbiano convinto la Croazia, Paese membro della Nato, a tenere fuori la Cina dallo scalo. La faccenda riguarda anche l’Italia, per due ragioni: per la vicinanza di Fiume con Trieste, il cui porto è stato individuato da Pechino come scalo perfetto per la Via della Seta nell’Adriatico, e come dimostrazione dell’attenzione di Stati Uniti e Unione europea per l’affidabilità delle infrastrutture strategiche.

LE DUE GARE

Nella prima gara annullata, la migliore offerta era stata presentata da una società cinese composta da Ningbo Zhoushan Port Company Limited, che gestisce il più grande porto della Cina e del mondo, Tianjin Port Overseas Holding Limited e China Road and Bridge Corporation. Ma quella gara è stata annullata e nel luglio 2021 il consiglio di amministrazione dell’Autorità portuale di Fiume ha assegnato la concessione per il terminal container Zagabria Deep Sea a un consorzio composto da Apm Terminals, dell’olandese Maersk, e alla croata Enna Logic.

GLI SFORZI AMERICANI

“Lo sforzo per bloccare la Cina dal porto di Fiume”, scrive il Wall Street Journal, “fornisce una finestra su come i funzionari statunitensi stiano lavorando nell’ambito di una strategia più ampia per contrastare l’influenza di Pechino in Europa, una delle poche iniziative di politica estera che abbraccia sia l’amministrazione Trump sia quella Biden”. Tanti i settori interessati: infrastrutture strategiche, tra cui porti e ferrovie, reti energetiche e semiconduttori. “Forse il più importante di questi sforzi è stato quello di sollecitare gli alleati europei a escludere la cinese Huawei Technologies Co. dalle sue reti di comunicazione 5G”, si legge.

LA CINA NON È DEL TUTTO FUORI

La costruzione dello scalo, finito in disgrazia negli anni Novanta, è in corso e dovrebbe essere completata entro maggio 2025, ha dichiarato Koen Benders, amministratore delegato di Rijeka Gateway, la joint venture tra Apm Terminals ed Enna Logic. Ma la Cina non è stata esclusa del tutto. La Cina rimane il più grande esportatore di merci containerizzate al mondo. Inoltre, Benders ha dichiarato che le principali gru portuali saranno acquistate da un’azienda cinese. Si tratta probabilmente delle gru di Zpmc, al centro nelle scorse settimane di un’inchiesta del Wall Street Journal che ha rivelato che i funzionari statunitensi sono sempre più preoccupati del fatto che queste gru per container da nave a terra possano fornire a Pechino uno strumento di spionaggio nascosto alla luce del sole.

LE GRU, ANCHE IN ITALIA

Come raccontato da Formiche.net, queste gru sono presenti anche in alcuni porti italiani assieme a Logink, piattaforma di raccolta dati nelle mani del Partito comunista cinese. “Servono principalmente per il carico e lo scarico delle navi. Ma si collegano digitalmente con i container. E tutto questo ha vantaggi commerciali, ma anche un valore di intelligence”, ha spiegato Isaac B. Kardon, senior fellow dell’Asia Program presso il Carnegie, a Formiche.net.

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