Il punto di osservazione del conflitto che rischia di deflagrare in Libano è quello o del versante israeliano o del versante palestinese. Ma c’è ovviamente anche il punto di vista libanese, con un popolo che subisce una crisi socio-economica che secondo la Banca Mondiale non ha pari al mondo dal 1850
Guardando da Beirut a quanto accade nel Libano meridionale la scaletta delle notizie e delle considerazioni conseguenti appare necessariamente questa.
Notizia numero uno: nelle ore appena trascorse Iran e Arabia Saudita hanno firmato un nuovo accordo che, dando seguito al precedente, annuncia l’immediata ripresa di relazioni diplomatiche tra i due arci nemici “per dare un futuro prospero e di pace alla regione” la cui prima conseguenza sarebbe un’imminente tregua nello Yemen. Gli interessi sauditi e iraniani in Libano rendono evidente una conseguenza anche per Beirut.
Notizia numero due: secondo un giornale del Golfo le autorità iraniane avrebbero scoperto e smantellato una cellula segreta interna ai pasdaran – il braccio miliziani del regime iraniano nella regione – determinata a sabotare l’intesa. I tentacoli libanesi dei pasdaran sarebbero coinvolti? A corollario di questa va riferita una precedente notizia, collegata. I numerosi attacchi israeliani ai passaggi di armi iraniane per Hezbollah in Siria.
Notizia numero tre: dal sud del Libano, da decenni millimetricamente controllato dai miliziani di Hezbollah, braccio operativo locale dei pasdaran, sono state sparate raffiche di razzi contro Israele. La responsabilità però non sarebbe di Hezbollah, ma dell’altro strumento miliziano usato dai pasdaran, Hamas. Hezbollah ha perso il controllo del sud del Libano o ha lasciato fare?
Notizia numero quattro: subito dopo i fatti citati è giunto a Beirut il capo di Hamas, Ismail Hanyeh, che si è incontrato con il capo di Hezbollah, Hasan Nasrallah. Cosa dovevano dirsi?
Il punto di osservazione del conflitto che rischia di deflagrare che usualmente si assume è quello gerosolimitano, versante israeliano o palestinese. Ma c’è ovviamente anche il punto di vista libanese, quello che qui si cerca di rappresentare. Sconvolti da una crisi socio-economica che secondo la Banca Mondiale non ha pari al mondo dal 1850, i libanesi di cosa vorranno occuparsi oggi, senza energia elettrica per 22 ore al giorno, con una valuta che non ha più alcun valore essendo precipitata da un cambio di 1500 per un dollaro a 110.000 in un arco di tre anni?
Gli esiti da considerare non possono che essere cinque: l’Iran non controlla più le sue creature miliziane, le creature iraniane non controllano più il territorio, l’istinto ha prevalso sugli ordini, la cellula deviata dei pasdaran aveva qualche terminale nel sud del Libano.
La quinta ipotesi è la più interessante. L’Iran ha agito tramite Hamas deliberatamente, cioè per mandare un avvertimento che non suonasse come una minaccia esplicita e quindi passibile di escalation, ma un avvertimento formalmente non diretto, cioè non tramite Hezbollah.
E cosa riguarderebbe questo avvertimento usualmente mandato in conto a terzi, cioè ai libanesi? Nessuno può dirlo, ma sembra probabile che attenga all’attrito militare in Siria. Questo interessa certamente oggi ai mullah. È evidente infatti che sia a Teheran che a Riad ci siano forze ostili all’accordo, ma possono davvero operare militarmente? La vecchia regola che nulla può accadere nel sud del Libano senza il placet iraniano sembra ancora valida. Dunque quel territorio resterebbe alla mercé di Teheran, per azioni o avvertimenti. Forse quello di queste ore voleva solo essere questo.
Tutte queste ipotesi confermano però a un libanese normale la follia di avere un enorme apparato militare sul proprio territorio che risponde però a ordini che vengono da altri paesi e per i loro interessi. In chiave di politica interna libanese, dove da mesi si cerca inutilmente il nuovo presidente della Repubblica, la conseguenza sembra ovvia: si può demandare a un partito come Hezbollah che dipende da calcoli politici stranieri come quelli iraniani la scelta del nuovo presidente? È quello che in queste ore molti libanesi chiedono alla diplomazia francese, che sembra o è sembrata voler favorire qualcosa del genere.
La questione libanese non può essere vista senza considerare anche il loro punto di vista, quello che il più delle volte invece accade.