Le informazioni sulle proprietà fisiche e chimiche degli asteroidi sono scarse e devono essere aggiornate. I metodi remoti per lo studio dei corpi celesti, sistemi sviluppati in astronomia, consentono di studiare le proprietà ottiche della superficie degli asteroidi. In particolare, tutte le ipotesi sulla composizione chimica degli asteroidi si basano su un confronto degli spettri ottenuti dagli asteroidi e dai meteoriti, la cui composizione è attendibilmente nota.
L’umanità è pronta per iniziare l’esplorazione delle risorse spaziali. Tali risorse sembrano oggi insolitamente attraenti, ma quali sono le reali possibilità dell’astronautica per la loro estrazione?
La risorsa minerale più ricercata nello spazio è l’acqua, che sarà la fonte di ossigeno e idrogeno necessari per la respirazione degli astronauti e per i propulsori missilistici. Una risorsa altrettanto preziosa è la Luna come territorio posto fuori dal nostro pianeta, dove possono essere localizzate stazioni presidiate con condizioni di vita completamente controllate. L’astronautica è in grado di iniziare a sviluppare queste risorse nel prossimo futuro.
Come abbiamo visto in precedenza piccoli corpi del sistema solare – principalmente i numerosissimi asteroidi – man mano che la tecnologia spaziale si sviluppa, diventano sempre più accattivanti come fonti di materie prime. I meteoriti a volte volano sulla Terra dalle profondità dello spazio, alcuni dei quali sono costituiti da una pura lega di ferro con nichel e cobalto.
Però le osservazioni spettrofotometriche degli asteroidi mostrano che la natura del riflesso della luce solare sulla loro superficie è quasi la stessa di quella dalla superficie dei meteoriti, ulteriori corpi celesti interessanti. Da ciò si conclude che la composizione degli asteroidi deve essere identica ai meteoriti. Se questo è vero, per tal ragione anche i meteoriti, assieme agli asteroidi, possono concorrere teoricamente allo sviluppo dell’industria mineraria terrestre in fase di esaurimento.
Oggi la produzione mondiale annuale di ferro è stimata in un miliardo di tonnellate. La stessa quantità di ferro – alcuni dicono la metà (quantità pur considerevole) – può essere contenuta in un asteroide del diametro di circa 300 metri. Nel sistema solare, il numero di asteroidi di queste dimensioni è stimato a 7500, quindi le distese di spazio sembrano a molti un moderno Klondike incontaminato; a questi uniamo pure la presenza di metalli preziosi per l’industria, che hanno un alto valore commerciale.
La maggior parte degli asteroidi del sistema solare si trova nella cosiddetta fascia principale degli asteroidi, situata tra le orbite di Marte e Giove. Ma alcuni degli asteroidi hanno orbite che si avvicinano all’orbita terrestre e passano da essa a una distanza di diversi milioni di chilometri. Questi asteroidi possono essere di particolare interesse in quanto sono sostanzialmente più accessibili degli asteroidi della fascia principale.
La National Aeronautics and Space Administration presta grande attenzione allo studio degli asteroidi. Ha svolto una serie di missioni di successo che hanno gettato le basi per i metodi di contatto per il loro studio. La Nasa ha anche avviato lo sviluppo di progetti per intercettare asteroidi nello spazio profondo e rimorchiarli nello spazio vicino alla Terra ai fini del loro sfruttamento industriale. Tuttavia, non vi è ancora certezza sulla fattibilità economica dell’utilizzo di asteroidi come materie prime nello spazio.
Le informazioni sulle proprietà fisiche e chimiche degli asteroidi sono scarse e devono essere aggiornate. I metodi remoti per lo studio dei corpi celesti, sistemi sviluppati in astronomia, consentono di studiare le proprietà ottiche della superficie degli asteroidi. In particolare, tutte le ipotesi sulla composizione chimica degli asteroidi si basano su un confronto degli spettri ottenuti dagli asteroidi e dai meteoriti, la cui composizione è attendibilmente nota.
È importante ricordare che dagli spettri di solo circa il 70% degli asteroidi analizzati, è possibile trovare tracce della sostanza meteoritica, ma sono solo segni indiretti della loro somiglianza. Se si aderisce all’idea diffusa tra gli astronomi che gli asteroidi sono costantemente colpiti da meteoriti e micrometeoriti, allora è più facile presumere che le proprietà superficiali degli asteroidi siano caratteristiche dei meteoriti accumulati su di esso, e non del corpo principale dell’asteroide in sé. Pertanto, l’opinione basata su prove indirette che un asteroide sia costituito da ferro puro o platino richiede un’attenta verifica e persino per l’invio di una missione di ricognizione, per non parlare della risoluzione del compito tecnicamente più costoso e più complesso di intercettare un asteroide e consegnarlo ad uno spazio vicino alla terra.
La seconda circostanza, che complica enormemente la progettazione di dispositivi per lo studio del contatto di piccoli corpi del sistema solare, è associata all’incoerenza delle idee degli scienziati di oggi sulla struttura degli asteroidi. È opinione diffusa che gli asteroidi che hanno subito numerose collisioni tra loro (come testimoniano i numerosi crateri da impatto sulla propria superficie) sarebbero dovuti essere distrutti a seguito dei predetti impatti e ora, invece, sono “cumuli di pietre” nuovamente uniti in un unico corpo dalla forza di gravità reciproca dei frammenti. Questa opinione più che controversa, basata solo su pochi dati osservativi indiretti, viene applicata con persistenza anche per spiegare la struttura della superficie degli asteroidi esaminati in dettaglio.
Se ci ritroviamo d’accordo con questa idea diffusa tra gli astronomi che gli asteroidi siano costantemente colpiti da meteoriti e micrometeoriti, allora possiamo presumere che le proprietà superficiali degli asteroidi siano caratteristiche dei meteoriti accumulati su di esso, e non del corpo principale dell’asteroide medesimo.
L’affermazione dei ricercatori giapponesi secondo cui l’asteroide 25143 Itokawa (diametro medio di circa 0,33 km) è anche un “mucchio di pietre” sembra molto forzata. Per fare ciò, sono stati costretti a presumere che l’intera piccola frazione di “frammenti” coprisse una parte dell’asteroide in uno strato uniforme e non fosse conservata in altre parti d’esso; per arrivare alla conclusione che la superficie dell’asteroide è interamente solida e non contiene regolite; questa è una coltre di depositi superficiali non consolidati, sciolti ed eterogenei che ricoprono la roccia solida: include polvere, rocce rotte e altri materiali correlati ed è presente sulla Terra, sulla Luna, su Marte, su alcuni asteroidi e su altri pianeti e loro lune.
A questo proposito, gli studi sulla superficie lunare hanno chiaramente dimostrato che lo strato di regolite lunare è molto sottile, anche in condizioni di gravità lunare molto più forte, e le particelle di polvere dovrebbero essere espulse dalla superficie di piccoli asteroidi anche dagli impatti di micrometeoriti.
Dal punto di vista dell’astronautica è molto importante la proprietà degli asteroidi, che sulla loro superficie vi sia una forza di gravità del tutto trascurabile. Con tale accelerazione in caduta libera, anche una piccola forza può proiettare l’intero apparato fuori dalla regione di attrazione dell’asteroide. Gli sviluppatori della missione Rosetta dell’Agenzia spaziale europea (ESA) hanno affrontato un problema simile quando hanno fatto atterrare il modulo Philae sulla superficie della 67/P Churyumov-Gerasimenko, che è una cometa periodica del nostro sistema solare, dal periodo orbitale di 6,45 anni terrestri. La moderata velocità di atterraggio del modulo si è rivelata sufficiente perché le forze elastiche lo lanciassero fuori dalla superficie del nucleo cometario, e solo dopo diversi salti Philae si è fermato in un punto completamente diverso dove era previsto il suo atterraggio morbido. Ciò ha significato che i progettisti dell’Esa avevano stimato in modo differente la forza dello strato di polvere sulla superficie del nucleo cometario.
Per cui a tal proposito, per lo stesso motivo della bassa gravità degli e sugli asteroidi, si dovrebbe diffidare dell’idea stessa che gli asteroidi distrutti in molti frammenti a seguito di collisioni reciproche possano ricomporsi in un unico corpo sotto l’influenza dell’attrazione reciproca.
Questo perché la forza di attrazione tra le singole pietre è del tutto trascurabile, e la sua azione semplicemente non potrebbe essere sufficiente a rallentare i frammenti volanti. Molto probabilmente, gli asteroidi della fascia principale invece sono corpi monolitici per avvenute fusioni solidificanti in tempi remoti.
Questi esempi mostrano chiaramente che un’accurata conoscenza delle proprietà della superficie degli asteroidi è un prerequisito per condurre missioni di ricerca su di loro, per non parlare della risoluzione del problema del traino di un asteroide. Ciò implica che alcuni piani per l’utilizzo delle risorse spaziali disponibili negli asteroidi siano prematuri.
L’esito sull’incerto attracco – più che atterraggio – di Philae della missione Rosetta mostra che per condurre vere e proprie missioni di ricerca su asteroidi e comete, è necessario creare un sistema di ormeggio per un corpo celeste di piccola massa, che sarebbe ugualmente efficace sia per un asteroide monolitico e un nucleo di cometa sciolto, oppure per un ipotetico mucchio di pietre.
In preparazione alle missioni sulla Luna e su Marte, è stata sviluppata una tecnica per l’atterraggio di container con attrezzature scientifiche (e perforatori) a velocità di centinaia di metri al secondo. Gli scienziati si sono spinti ancora oltre e dovrebbero aver trovato un modo per portare in sicurezza l’attrezzatura scientifica più delicata sulla superficie dei corpi studiati dopo che i contenitori atterrano duramente a una velocità cosmica anche di diversi chilometri al secondo.