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Climax Po, un progetto dal territorio per la lotta ai cambiamenti climatici

Ecco cosa è stato detto in occasione del lancio del progetto europeo Life Climax Po, in linea con la Strategia Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici (Snacc), che riconosce il Distretto del Bacino del fiume Po come “uno speciale caso nazionale che ben si addice a costituire un’area pilota per l’adattamento climatico” attraverso la gestione sostenibile delle sue risorse idriche

L’ultimo rapporto del Gruppo Intergovernativo sui Cambiamenti Climatici delle Nazioni Unite, pubblicato lo scorso marzo (ne abbiamo parlato anche qui), ha lanciato ancora una volta l’allarme: il surriscaldamento del pianeta, con l’aumento della temperatura media globale di oltre 1°C rispetto all’era preindustriale (1850-1900), sta già avendo effetti disastrosi in tutto il mondo. Per questo è fondamentale contenere l’aumento delle temperature con politiche climatiche ambiziose in grado di ridurre le emissioni climalteranti entro i prossimi anni, fino a raggiungere la neutralità climatica, auspicata anche dall’Unione europea, entro il 2050.

Di emergenza climatica, del nuovo Piano nazionale di adattamento climatico e di Legge per il clima si è parlato, nei giorni scorsi a Roma, in occasione del lancio del progetto europeo Life Climax Po, in linea con la Strategia Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici (Snacc) che riconosce il Distretto del Bacino del fiume Po come “uno speciale caso nazionale che ben si addice a costituire un’area pilota per l’adattamento climatico” attraverso la gestione sostenibile delle sue risorse idriche. L’obiettivo è di “identificare, sviluppare a attuare attività e pratiche che promuovono l’adattamento ai cambiamenti climatici attraverso una gestione ‘climaticamente intelligente’ delle acque” di un bacino idrografico che riprende i principali aspetti della Strategia nazionale e ne favorisce l’implementazione.

“Il progetto Climax Po – ha ricordato il segretario generale dell’Autorità del bacino del Po Alessandro Bratti – rappresenta un’applicazione concreta del Piano di Adattamento al Cambiamento Climatico, un cambiamento che necessita sempre di più di azioni adeguate alle criticità, sia di natura gestionale che infrastrutturale, utili a contrastarne gli effetti negativi; il progetto aiuta ad affrontare queste tematiche, combinando insieme i vari approcci, nessuno dei quali può essere trascurabile”.

Basti, infatti, ricordare che il Distretto del fiume Po (Dip) si estende per circa 87 mila chilometri quadrati, comprende otto regioni (Piemonte, Valle d’Aosta, Liguria, Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Toscana, Marche), la Provincia autonoma di Trento e parte del territorio francese e svizzero. Vi vive un terzo della popolazione italiana (20 milioni di abitanti). In quest’area viene prodotto il 40% del Pil nazionale, il 55% della produzione idroelettrica e sono presenti oltre 3 milioni di ettari di superficie agricola. All’interno dell’intero bacino si contano 684 siti Natura 2000 e 420 aree naturali protette, locali, regionali e nazionali. Rappresenta, quindi, un ecosistema naturale ricco di specie e habitat di estremo valore.

Non a caso gli Assesment Report dell’Ipcc includono il Bacino del Po nelle aree europee continentali che subiranno una variazione del regime piovoso e un aumento degli eventi idrometeorologici estremi. In base ai modelli climatici di circolazione globale, il Distretto del Po “si trova nella fascia europea di transizione della variazione di piovosità, caratterizzata da un alto grado di intermittenza previsionale che genera incertezza sugli sviluppi futuri del clima”.

Le attività di monitoraggio meteo-idrologico effettuate dalle varie Agenzie ambientali del Distretto, in termini di precipitazioni hanno evidenziato “un aumento dell’intensità dei singoli eventi piovosi, ma una riduzione complessiva del numero di eventi totali, col risultato di un rilevante calo delle precipitazioni medie di circa il 20% su base annua e del 35% nel periodo gennaio-agosto”. Questa progressiva diminuzione delle precipitazioni, registrata nell’ultimo trentennio, ha prodotto un abbassamento della portata del fiume del 20% l’anno e del 45% nella stagione estiva.

Occorre aggiungere, poi, che ogni anno vengono prelevati per diversi usi circa 25 miliardi di metri cubi d’acqua, di cui quasi l’80% destinato all’irrigazione e il restante 20% a soddisfare gli usi industriali e civili. A partire dal 2000, ci sono stati ben sette anni in cui il bilancio idroclimatico (ossia la differenza tra le precipitazioni e la quantità d’acqua assorbita dall’atmosfera) del bacino del Po è risultato fortemente negativo. Nello stesso periodo, soprattutto a causa delle elevate temperature, è aumentata la richiesta d’acqua, specialmente nel settore agricolo.

E non va certo meglio nel resto del Paese. Secondo Legambiente, nel 2022, l’Italia ha registrato oltre 300 eventi climatici estremi che hanno causato gravi danni e forti impatti sull’ambiente. In particolare, sono sempre più frequenti le crisi idriche causate dalla siccità, in costante aumento e che non sembrano destinate a diminuire neanche nel 2023. Il bacino del Po è senz’altro l’area più colpita e dove occorre intervenire con più urgenza. Da qui il progetto Climax Po per migliorare tutta la gestione della risorsa idrica.

“Avviare interventi in questo senso – ha precisato il direttore generale di Legambiente Giorgio Zampetti – con azioni efficaci di riduzione dei prelievi, riuso delle acque reflue, rinaturalizzazione e tutela dei sistemi fluviali, è una priorità. Per farlo serve un confronto concreto tra i protagonisti dei diversi settori, al fine di delineare una strategia unica per superare un’emergenza divenuta ormai cronica”.

A livello nazionale, occorre registrare l’avvio, lo scorso 16 febbraio, della consultazione pubblica sul Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici che terminerà il prossimo 14 aprile. Una consultazione aperta al contributo dei cittadini, delle comunità e di tutti i soggetti pubblici e privati interessati. Il Piano, lo ricordiamo, intende “fornire un quadro di indirizzo nazionale per l’implementazione di azioni finalizzate a ridurre al minimo i rischi derivanti dai cambiamenti climatici, migliorare la capacità di adattamento dei sistemi naturali, sociali ed economici nonché trarre vantaggio dalle eventuali opportunità che si potranno presentare con le nuove condizioni climatiche”.

Per combattere la siccità, infine, il Consiglio dei ministri ha approvato, lo scorso 6 aprile, il decreto legge “per la prevenzione e il contrasto della siccità e per il potenziamento e l’adeguamento delle infrastrutture idriche”. Il provvedimento “introduce specifiche misure volte ad aumentare la resilienza dei sistemi idrici ai cambiamenti climatici e a ridurre dispersioni di risorse idriche”. Prevede, inoltre, un regime semplificato per la progettazione e la realizzazione delle infrastrutture idriche sul modello del Pnrr; l’aumento dei volumi utili degli invasi; il riutilizzo delle acque reflue per l’irrigazione; la realizzazione di impianti di desalinizzazione. Per l’attuazione delle misure adottate è stata istituita una cabina di regia, che sarà presieduta dalla presidente del Consiglio, e a breve sarà nominato un Commissario straordinario nazionale, in carica fino al 31 dicembre 2023, rinnovabile per un ulteriore anno, che dovrà realizzare, “in via d’urgenza”, gli interventi indicati dalla Cabina di regia.



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