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Sicurezza europea, quale ruolo per l’Italia nel Mediterraneo?

La centralità acquisita dal Mediterraneo allargato nella sicurezza europea richiama l’Italia a un impegno integrato con gli alleati anche in contrapposizione ad attori antagonistici e antitetici. Conversazione con Alessia Melcangi e Karim Mezran, esperti dell’Atlantic Council

L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia ha imposto un riassetto geopolitico dell’Europa e ha messo a dura prova il futuro dell’architettura di sicurezza della regione. In questo quadro soggetto a un nuovo modellamento, l’Italia svolge da tempo un ruolo particolare nella sicurezza europea, sia come membro della Nato e dell’Unione europea, sia come uno dei principali attori europei nelle questioni di stabilità nel Mediterraneo allargato.

In quanto terza economia europea e protagonista degli sforzi occidentali per fornire sostegno all’Ucraina, l’Italia è ben posizionata per dare forma alle prossime iniziative di sicurezza sia verso Est che verso Sud: iniziative che rientrano nell’interesse nazionale italiano diretto. Roma ha infatti l’obiettivo di mantenere stabile il quadrante mediterraneo e di cooperare con attori alleati e partner, anche tenendo in considerazione che alcune attività nel quadrante vengono portate avanti a detrimento degli interessi occidentali – e dunque anche italiani – da Paesi rivali.

La componente militare

Un impegno che l’Italia tende a concretizzare attraverso l’azione politica, ma dove la componente militare – sia a livello di impegno diretto, che di cooperazione industriale e military diplomacy – sta assumendo una centralità proporzionale alle dimensioni delle nuove sfide che segnano il futuro di questo primario quadrante geopolitico per l’Italia. La Difesa italiana pensa incrementi ipotetici di spesa a cui poi è naturale che si abbini la volontà di usare lo strumento militare come vettore effettivo della politica estera, fa notare Karim Mezran, senior fellow del Rafiki Center for Middle East dell’Atlantic Council.

“Usare lo strumento delle forze armate, intendendo la politica estera e di deterrenza associata, per l’Italia sta diventando sempre più necessario, perché agli attori regionali negli ultimi anni si sono aggiunti player esterni al quadrante che perseguono nel Mediterraneo allargato interessi antagonistici e antitetici”, spiega a Formiche.net. “Non è più una questione di trattare con Egitto, Turchia o gli atri Paesi rivieraschi e i dossier collegati – spiega – ma c’è per esempio la presenza sempre più ingombrante russa e quella cinese”.

Pechino nel Club Med

Mezran sottolinea come Pechino si presenti nella regione in cui l’Italia proietta la sua sfera di interesse geopolitico usando la leva del commercio, “ma si tratta di una vera e propria forma di penetrazione”. Un esempio: la Cina ha offerto alla Libia infrastrutture, tra cui tra cui impianti di desalinizzazione e centrali elettriche. Questi renderebbero Tripoli dipendente da Pechino, perché la questione collegata al fabbisogno energetico e idrico è una di quelle cruciali per il Paese – e si unisce alle necessità quotidiane delle collettività. Tutto all’interno di un territorio e un dossier che Roma identifica come prioritario per le capacità di proiettare la propria politica estera.

“Mentre una strategia che riguarda la Russia, sia militare che politica, è stata definita, ed è una strategia di netta opposizione, per quanto riguarda la Cina siamo ancora in alto mare perché quella cinese è percepita come una presenza meno invasiva. Manca ancora una narrativa di contrasto alla Cina, anche perché nei confronti di Pechino non c’è un fattore di contrasto e scontro effettivo come è la guerra russa in Ucraina”, spiega l’esperto statunitense.

L’attenzione sul Mediterraneo

Mercoledì, l’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, capo di Stato maggiore della Difesa italiana, sarà a Washington per una visita in cui incontrerà i comandanti delle Forze armate statunitensi, offrendo al pubblico americano (colleghi, politici, think tankers) un ragionamento ampio sul ruolo e sul valore della politica militare italiana all’interno del Mediterraneo anche durante un incontro organizzato proprio dall’Atlantic Council.

“In molti Paesi del Mediterraneo allargato c’è uno spostamento dell’attenzione verso il modello cinese, rassicurante per regimi scarsamente democratici. In più la Cina ha una grande capacità di investimenti senza richiedere in cambio adeguamenti strutturali a livello economico o l’adesione ai valori liberali”, continua Alessia Melcangi, docente della Sapienza e non-residente senior fellow dell’Atlantic Council.

“Si tratta di una vera e propria concorrenza strategica, quella della Cina, ma anche della Russia, che dobbiamo considerare con molta attenzione”, spiega, contrapponendo la presenza russa e cinese – “un aiuto che non mira alle persome, ma a leadership e regimi” – con quello italiano ed europeo, “che nonostante i limiti, cerca di aiutare le popolazioni”.

Il Mediterraneo come teatro dello scontro tra modelli

È la rappresentazione plastica dello scontro tra modelli, la contrapposizione tra l’idea di governance dell’ordine globale che hanno gli stati di diritto democratici e quella alternativa che Paesi caratterizzati da una gestione autoritaria del potere cercano di portare avanti. Il compito dell’Italia è focalizzarsi e lavorare su come questo confronto si sta sviluppando nel Mediterraneo allargato, spiega Melcangi, trasmettendo “l’idea che la regione non è solo fonte di problemi e di minacce (terrorismo, guerre civili, immigrazione incontrollata) ma è anche una straordinaria opportunità”. Che però va sfruttata nell’ottica di certe dinamiche.

“L’Italia ha anche il compito di evidenziare da qui come la sicurezza europea inevitabilmente passi anche da una politica attiva e di lungo periodo nel Mediterraneo allargato e in Africa, altro centro del confronto tra modelli. E Roma dove trasmettere una visione non solo reattiva, ma pro-attiva e di coinvolgimento dei diversi attori volti alla stabilizzazione dell’area”, spiega la docente secondo cui ciò che è necessario è uno “sforzo integrato”.

Lo sforzo integrato

In cosa consiste questo sforzo integrato? “Significa che non possiamo rinunciare a rafforzare i confini Est dell’Alleanza con uno sforzo che va al di là del conflitto contingente e che dovrà essere inevitabilmente duraturo; ma dobbiamo guardare anche a Sud, perché lì potrebbero pesare gli effetti del conflitto; e allo stesso tempo questo significa anche tenere d’occhio certe penetrazioni”, risponde Melcangi.

Questa riscoperta della necessità di proiezione strategica comporta un coinvolgimento dell’Itala come intero sistema/Paese, dalle istituzioni politiche, diplomatiche e della difesa, al mondo dell’industria a quello della cultura. “Un lavoro coordinato per ottenere risultati concreti nel Mediterraneo allargato perseguendo una strategia di dialogo finalizzata a costruire rapporti duraturi, con l’obiettivo di guidare una collaborazione strutturata con attori fondamentali per la stabilità regionale e fronteggiare chi mira ad alterare a proprio vantaggio quella stabilità”.

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